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di FABRIZIO DAL COL

14 Novembre 2013

In un clima ormai da guerriglia, il New York Times, con un editoriale firmato da Nikos Konstantaras, caporedattore ed editorialista del quotidiano Kathimerini,  ipotizza per la Grecia il rischio di una guerra civile. L’analisi del giornalista è impietosa e sconfortante: è difficile immaginare che negli altri Paesi, “specialmente nelle mature democrazie occidentali” l’omicidio di due membri appartenenti a un partito relativamente piccolo “possa sollevare seri timori d’instabilità politica e di divisione nazionale”. Konstantaras si riferisce alle dure reazioni all’assassinio, avvenuto la sera del primo novembre, di due membri di Alba Dorata, il partito di estrema destra di stampo neonazista, responsabile di diversi attacchi a oppositori politici e immigrati, tant’è che oggi il suo leader e i membri principali sono sotto processo per aver creato “un’associazione criminale”. Questa  è la precaria situazione in Grecia, oggi alle prese con le fatiche per superare il suo sesto anno di recessione e il terzo anno di un programma di ripresa economica, che è ancora lungo e carico di austerità, ma troppo breve per sperare sulla crescita.

Dopo gli omicidi del 1 novembre, il primo ministro Antonis Samaras ha detto: “E’comeaccendere un fiammifero in una polveriera, soprattutto quando ci sono così tanti altri fuochi accesi per l’economia”. Konstantaras  ricorda come la crisi e le misure volte a combatterla hanno portato il tasso di disoccupazione al 28 per cento, un forte calo del prodotto interno lordo (il 28 per cento dal 2008), l’ aumento delle tasse, redditi più bassi, meno vantaggi, diffusa insicurezza e perdita di fiducia nel sistema politico, nelle istituzioni democratiche e anche nell’Unione europea. Continuando, Konstantaras  afferma che le forze politiche di sinistra e di destra stanno recuperando forza, e che questo, forse porta in direzione di un conflitto, e con il centro che lotta per resistere potremmo anche vedere ciò che sembrava impossibile fino a poco tempo fa: un nuovo ciclo di lotte civili, dopo decenni di pace e di progresso. Anche se una discesa della violenza politica non è imminente, la scena è in mano a coloro che possono  decidere di usare o meno le pistole.

Alla luce di ciò, proprio su questo giornale, che qui ringrazio, più volte avevo sostenuto che sulla Grecia e su Cipro le maggiori responsabilità erano quelle tedesche, e  proprio oggi, è successo quanto anticipato e ampiamente atteso : la Germania è finita sotto indagine della Commissione europea. Austerity e rigore erano il mantra di Berlino, ma fin dal 2011, gli Usa bollavano tale decisione come una follia economica, e ribadendo che solo con la priorità della crescita si sarebbe potuto evitare il declino totale dell’Europa, avevano anche invitato la Ue a cambiare la sua politica economica. Oggi si scoprono le ragioni che hanno portato la Germania  a recitare i ruolo di locomotiva Europea : un eccesso di export dovuto  allo sforamento di quattro parametri. Il surplus commerciale della Germania “può mettere pressione sull’apprezzamento dell’euro e rendere difficile il recupero della competitività dei Paesi periferici dell’Eurozona”, ha scritto la Commissione europea.  Una affermazione che pesa come un macigno, quella della commissione Europea, ma che sembra calzare a pennello ai fatti che accadono in Grecia, che oggi rischia  di divenire la prima vittima sacrificale delle politiche rigoriste tedesche.

 


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