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A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

 

 

 

 

 

 

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”
“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

La Grande Truffa – dalla 1° alla 10°parte                          La Grande Truffa – 11°parte

La Grande Truffa – 12°parte

 

 

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

13° parte

 

 

……………….

È stato usato per ingannarci, non è necessario come mezzo di scambio, qualsiasi materiale può essere usato per svolgere tale funzione.
Un volgare pezzo di plastica può comprare oggi molto oro.

La moneta trova vita nella mente umana, è una nostra invenzione.

È una fattispecie giuridica, come ci ha insegnato Giacinto Auriti: l’insieme delle circostanze che caratterizzano un rapporto giuridico.
La nostra accettazione, la previsione che altri la accetteranno, il corso forzoso e l’essere dichiarata valuta legale del paese sono le circostanze che concorrono a farne una fattispecie giuridica.

Quando i banchieri potevano dire, ingannandoci : ”L’oro è mio e lo presto a chi voglio”, potevano prestarlo ad interesse sottoforma di cartamoneta di valore creditizio.
Ma oggi che non c’è nessuna riserva d’oro, che è palese che la moneta ha valore perché noi così abbiamo deciso accettandola, perché continua ad essere emessa sotto forma di prestito dalla privatissima Banca d’Italia, come se le appartenesse?

Se la ricchezza è racchiusa nei beni e la moneta è solo un mezzo di scambio prodotta a costo zero, come è possibile che nella società ci sia penuria di mezzi di scambio?
Tornando ad Ezra Pound, perché continuano a farci credere che non si possono fare strade per mancanza di chilometri?

E noi, perché continuiamo a crederci?

Perché permettiamo che una parte sempre più consistente della popolazione mondiale continui a non avere accesso al cibo, a soffrire e morire di fame?
Non manca il cibo per sfamare il mondo, ma il nostro cervello è totalmente offuscato da una grande menzogna mediatica che ci fa credere che ci sia penuria di un biglietto di carta che gli Usurai internazionali di proposito mettono in circolazione in numero insufficiente.

Tornando al nostro Milan – Juve, la partita si gioca ma, di nuovo, lo spettacolo è per pochi: ai più viene negato l’accesso perché non sono stati distribuiti biglietti d’ingresso a sufficienza.

 

Capitolo VII

LA BANCA D’INGHILTERRA

 

La fondazione della Banca d’Inghilterra nel 1694 rappresenta la legalizzazione della frode della creazione di denaro dal nulla, il momento forse più importante nella formazione dell’attuale sistema monetario internazionale.

Il denaro emesso non era coperto da una riserva aurea e non proveniva da una attività lavorativa, veniva prodotto con il solo costo di carta ed inchiostro.

Alla fine del XVII secolo Guglielmo d’Orange, re d’Inghilterra, avendo continuamente bisogno di denaro per portare avanti le sue guerre, per ottenere prestiti si vide costretto ad accettare le condizioni dei finanzieri internazionali: contestualmente ai prestiti rilasciati al Regno di Inghilterra per accrescere, mantenere e consolidare il proprio impero, essi pretendevano l’autorizzazione a stampare una quantità equivalente di moneta di carta da immettere in circolazione prestandola ai privati ad interesse.

Se cioè la Banca d’Inghilterra avesse prestato alla Corona 100 chili d’oro in monete, avrebbe potuto stampare e prestare ad interesse banconote per lo stesso valore ai propri clienti.

In altre parole si legalizzava la procedura truffaldina portata avanti dagli orefici quando emettevano illegalmente ed a proprio rischio ricevute in eccesso.

Gli orefici erano dei falsari, in quanto emettevano biglietti falsi.

I nuovi banchieri facevano esattamente la stessa cosa, questa volta legalmente, per l’autorizzazione ricevuta dall’autorità massima, il re d’Inghilterra.

Da quel momento in poi tutte le banche centrali presero a modello la Banca d’Inghilterra, e la più grande truffa della storia dell’umanità si consolidava e si perpetuava diventando la base del moderno sistema bancario, con l’appoggio e la complicità di case regnanti e stati costituzionali.

Il re prendeva in prestito dell’oro per finanziare una guerra, autorizzando la banca a trasformare carta in denaro per un valore equivalente e prestarlo alla clientela ad interesse.
I banchieri si intascavano quindi gli interessi sul prestito alla casa regnante, ma l’intero valore del debito, capitale più interessi, contratto dai clienti privati.

Chi restituiva alla banca il denaro preso in prestito dal re maggiorato dell’importo degli interessi?

Il popolo, attraverso il prelievo fiscale imposto dal monarca allora e da tutti i moderni stati costituzionali al giorno d’oggi.

Banchieri, monarchi, dittatori e, nei moderni stati costituzionali “democratici”, la casta dei politici ai vertici del potere, vivono tutti di rendita sulla ricchezza prodotta dal popolo.

Trascrivo da “Euroschiavi” di Marco Della Luna ed Antonio Miclavez, libro del quale consiglio vivamente la lettura:

“Già in epoca tardo-rinascimentale gli Stati (regni di Spagna, Francia, Inghilterra), per le loro spese di guerra, opere pubbliche, etc., emettevano troppo denaro, troppi biglietti di Stato, in rapporto alle riserve auree che possedevano e ai loro introiti; perciò essi fecero ripetutamente bancarotta, ossia insolvenza (parziale o totale, temporanea o definitiva, sul capitale, sugli interessi o su entrambi) nei confronti dei loro creditori (banchieri toscani, genovesi, poi anche tedeschi e olandesi). Successe allora, dalla fine del XVII secolo in poi, una vera rivoluzione del sistema di potere e della struttura dello Stato, la quale configura lo Stato come oggi noi lo troviamo. Successe, in sostanza, che le aristocrazie regnanti nei vari paesi europei si allearono con i banchieri creditori di quei paesi, fondarono banche private in società con loro e trasferirono in queste banche il potere sovrano di emettere denaro – potere che prima veniva esercitato dallo Stato, dal Re”.

Cambiamento determinante: il potere di emettere moneta passa da un’autorità ben identificabile agli occhi del popolo, il Re, a dei privati mimetizzati, assieme allo stesso monarca, all’interno di società anonime.

Nel suo “La Moneta Libera da inflazione ed interesse”, Margrit Kennedy scrive che “Secondo fonti ufficiali, nel 1982 l’entrata giornaliera della regina d’Inghilterra, la donna più ricca al mondo, era di 700.000 sterline (circa due milioni di marchi)”.

Quale attività lavorativa poteva e può produrre quotidianamente un simile reddito?

Ancora da “Euroschiavi”:

“L’importanza di questa trasformazione è unica nella storia dell’umanità. Essa è la più grande e, soprattutto, la più stabile di tutte le rivoluzioni. La Rivoluzione Francese è poca cosa al confronto con essa. Persino l’URSS aveva una banca centrale gestita privatamente da un finanziere ebreo americano.
Basti pensare che, prima di questa trasformazione, il sovrano che spende soldi per costruirsi una reggia sfarzosa o per fare una guerra con cui allargare i propri domini indebita lo Stato, ossia se stesso, verso le banche; mentre, dopo di essa, è il sovrano stesso, assieme ai suoi soci finanzieri, a fungere da banchiere verso lo Stato, attraverso la sua Banca Centrale, e a prestare soldi allo Stato (al popolo) per fare le medesime cose nell’interesse del sovrano e dei suoi soci. Quindi, grazie a questa rivoluzione, il sovrano, quando fa una guerra per aumentare la propria potenza (e quella della classe dirigente che lo sostiene), non solo fa la guerra senza più indebitare se stesso, ma grazie ad essa va a credito di capitale ed interesse verso lo Stato ed i cittadini per le spese di guerra. Ossia, può fare i propri interessi a spese del popolo, e per giunta guadagnandoci sopra. Guadagna indipendentemente da chi vinca la guerra. Si produce una triangolazione tra oligarchia, Stato e nazione: l’oligarchia, per arricchirsi e consolidare il proprio potere, indebita lo stato verso di sé onde prelevare le tasse dal popolo col pretesto del debito pubblico. La spesa pubblica (dalla guerra all’assistenzialismo) e l’indebitamento pubblico che da essa origina, diventano un inesauribile affare per il sovrano e i suoi soci. Anche perché il debito pubblico dà il pretesto allo Stato per imporre alte tasse, quindi crea per i governanti opportunità di arricchirsi maneggiando molto denaro dei cittadini, di distribuire molto denaro per comprare consensi e clientele, nonché di alzare i tassi d’interesse e mandare in rovina per debiti molte imprese e rilevare così per poco le loro aziende e proprietà.
Questo business è l’essenza stessa della politica come praticata da allora ad oggi perlomeno in Occidente. Ovviamente, nessuno ne parla.
In questo modo la classe governante dei vari paesi si distacca dalla nazione e dissocia i propri interessi e le proprie fortune da quelli della nazione stessa, rendendoli indipendenti e perlopiù contrapposti.”

Pesantissime le accuse lanciate dai due autori di “Euroschiavi”, Marco Della Luna e Antonio Miclavez, specialmente con l’ultima frase, alle classi dirigenti di quasi tutti i paesi del pianeta.
Possono apparire incredibili a chi solo ora si avvicina alla questione monetaria: purtroppo rispecchiano la realtà dei fatti.

Il seguente brano è tratto ancora dal video “The money masters – I signori del denaro, come i banchieri internazionali hanno preso il controllo dell’America”, prodotto da Patrick S. J. Carmack e diretto da Bill Still, rintracciabile in internet:

“Alla fine del ‘600 l’Inghilterra si trovava in un disastro finanziario. Cinquanta anni di guerre quasi ininterrotte con Francia e Olanda l’avevano sfinita. Funzionari governativi sconvolti si incontrarono con i cambiavalute ad implorare i prestiti necessari per portare avanti i propri disegni politici. Il prezzo fu elevato: una banca di proprietà privata ratificata dal governo, che poteva emettere moneta dal nulla. Si trattava della prima banca centrale di proprietà privata del mondo moderno, la Banca d’Inghilterra. Anche se fu chiamata formalmente “Banca d’Inghilterra” per far credere alla popolazione che era parte del governo, essa non lo era affatto. Come una qualsiasi società privata, la Banca d’Inghilterra vendeva delle azioni per avviare le proprie attività. Si pensava che gli investitori, i cui nomi non vennero mai rivelati, fornissero un capitale iniziale di 1.250.000 sterline in monete d’oro per acquistare le azioni della banca, ma furono incassate solamente 750.000 sterline. Ciononostante, nel 1694 la banca fu puntualmente creata per statuto e iniziò le proprie attività prestando somme di denaro di parecchie volte superiori alla quantità che apparentemente aveva nelle proprie riserve, il tutto con gli interessi.
In cambio, la nuova banca avrebbe prestato ai politici britannici tutto il denaro che volevano, fintanto che essi potevano garantire il debito con la tassazione diretta sulla popolazione.
Dunque, la legalizzazione della Banca d’Inghilterra non è stata altro che una falsificazione legittima di una valuta nazionale per un profitto privato.
Purtroppo, oggi quasi ogni nazione ha una banca centrale di proprietà privata che utilizza, come modello, la Banca d’Inghilterra.
Il potere di queste banche centrali è tale che presto avranno il controllo totale dell’economia di una nazione. Tra breve non ci sarà altro che una plutocrazia, il dominio dei ricchi. Sarebbe come mettere il controllo dell’esercito nelle mani della mafia, il pericolo di una tirannia sarebbe estremo.”

Per rimarcare ancor più l’importanza fondamentale della legalizzazione della truffa sancita dalla fondazione della Banca d’Inghilterra, voglio portare all’attenzione del lettore un’altro brano, tratto da “El enigma capitalista” di Bochaca:

“La Banca d’Inghilterra fu fondata nell’anno 1694, per una concessione rilasciata da Guglielmo II ad un giudeo di Amsterdam, Manasseh-ben-Israel. Questa concessione si basava in un’altra anteriore, rilasciata da Oliver Cromwell ad Ali-ben-Israel, pure di Amsterdam. Cromwell, che aveva ricevuto l’appoggio economico degli ebrei di Amsterdam nella sua lotta contro la Corona, pagò i favori ricevuti autorizzandoli ad installarsi in Inghilterra ed a dare un 4 e mezzo per cento di interesse a chi depositasse oro nelle loro casseforti (un interesse smisuratamente elevato) ed a loro volta a darlo in prestito al Governo ad un 8 per cento.
La causa della creazione della Banca d’Inghilterra fu un prestito di un milione e duecentomila lire sterline a Guglielmo II. I metodi della Banca non erano nuovi; non fecero altro che seguire i precedenti. Ed i precedenti erano l’usura praticata in quei tempi dagli orefici di Londra (quegli orefici erano un gruppo di ebrei lombardi, che si installarono in Inghilterra essendo stati espulsi da Milano per le loro pratiche usuraie. La strada dove si installarono, “Lombard Street”, continua ad essere occupata dai loro successori), che già attuavano, clandestinamente, prima del legalmente autorizzato Ali-ben-Israel. Quegli orefici, che erano soliti prestare con un interesse del dieci per cento, guardarono in principio con sospetto la nuova Banca, che “solamente” prestava all’8 per cento, anche se presto salì al nove, mentre gli interessi pagati ai depositanti si ridusse ad un mezzo punto per cento.
La Banca d’Inghilterra, il cui nome autentico era “The Governor and Company of the Bank of England (Il Governatore – o Amministratore – e la Compagnia della Banca d’Inghilterra)” introdusse una novità rispetto alle operazioni iniziate dalla Banca di Amsterdam. Iniziò ad emettere biglietti per la quantità che il Governo doveva alla Banca; un privilegio concesso alla Banca da un Governo grato per i servizi da essa resi in varie occasioni. Di modo che, come ringraziamento per quei servigi alla Banca fu concesso il potere di emettere denaro. Però denaro reale, e non già solo promesse di pagare denaro, così come avevano fatto i “pionieri” di Amsterdam o, già in Inghilterra, Ali-ben-Israel col consenso di Cromwell.
La Banca d’Inghilterra – ripetiamo, un’entità privata – fabbricava, letteralmente, denaro. Se la Banca aveva dieci sterline d’oro nei suoi sotterranei e ne prestava cinque al Governo, poteva fabbricare un biglietto da cinque sterline e metterlo in circolazione, ed in questo modo aumentava la quantità di dieci lire sterline ad un totale di quindici; il Governo, che usava cinque e la Banca che ne aveva dieci a disposizione, cinque nuove e cinque vecchie: e l’intera quantità poteva stare in circolazione attiva, una notevole massa di denaro, senza che si fosse ancora creata nuova ricchezza che la giustificasse, cioè, si produceva inflazione.
Però la funzione principale, la essenziale, diremmo, della Banca d’Inghilterra e delle altre banche centrali che sarebbero apparse in tutti i paesi, non era fabbricare denaro, quanto, soprattutto, perpetuare, con l’appoggio della Legge, il sistema bancario moderno; vale a dire, assicurare la perennità delle illegittime attività bancarie”.

Non credo che i brani appena letti lascino dubbi sulle non certo limpide origini dell’attuale sistema monetario e sul fatto che ancora oggi è in pratica basato sulla emissione di biglietti falsi.

Inoltre, come tutti coloro che hanno raggiunto una età matura ben sanno, c’è una conferma che legge e giustizia hanno sempre meno a che vedere l’una con l’altra.

Howard Zinn, sociologo americano della Boston University ed autore di una illuminante “Storia del popolo degli Stati Uniti”, dice, nel suo “Obbedienza e democrazia”, che le leggi sono uno scudo protettivo che i potenti si sono costruiti attorno in secoli di pazienti e continui perfezionamenti, per proteggersi dal popolo.

Come dargli torto?

Leggi e disposizioni varie vengono emanate per regolare e imbrigliare la società civile (la popolazione) in una sorta di camicia di forza per poterla più agevolmente controllare.

Tutto ciò a favore e per conto di coloro che hanno il peso finanziario e quindi politico per poterle condizionare, proprio come continua a succedere molto chiaramente proprio in questi giorni: tutte le decisioni adottate sono spudoratamente in favore del sistema bancario e contro le popolazioni.

Le banche stanno decisamente e rapidamente conducendo la società verso una dittatura dei banchieri.

 

 

Capitolo VIII

 

LA BANCA D’ITALIA

 

Vi siete mai chiesti a chi appartengono i soldi nel momento della emissione?

Non credo. A chi viene in mente una domanda del genere?

Ho fatto la prova con amici, imprenditori, medici, avvocati, per vedere se sapessero rispondere con esattezza: buio completo.
Neanche commercialisti e funzionari di banca, dai quali sarebbe lecito aspettarsi risposte esaurienti, hanno idee chiare in proposito.

Vediamo di rispondere subito in maniera netta a questa domanda fondamentale: non c’è nessuna norma o legge in Italia che attribuisca ad alcun ente, stato od associazione, la proprietà della moneta al momento dell’emissione.

La Costituzione omette clamorosamente di parlarne. Ciononostante, la Banca d’Italia, ora in collaborazione con la Banca Centrale Europea, se ne attribuisce la proprietà e la emette prestandola ad interesse.

Perchè è così importante capire a chi appartiene la moneta al momento dell’emissione?

È chiaro che chi ne ha proprietà e controllo gestisce un potere enorme.
Stiamo parlando del sangue che fa vivere l’organismo, il mezzo che fa girare l’economia, della ridistribuzione della ricchezza nazionale.
Attualmente le banconote in euro vengono fatte stampare, forse nelle Filippine o in Malesia, in Svezia e anche a Roma (come in tutto ciò che riguarda questioni monetarie, non ci sono informazioni precise, tutto è avvolto in un alone di mistero), dal Sistema Europeo delle Banche Centrali (Sebc), organizzazione istituita dal trattato di Maastricht, formata dalla Banca Centrale Europea (Bce) e dalle banche centrali dei paesi membri che aderiscono all’unione.
Ogni stato ha un unico interlocutore, la banca centrale operante nel paese: per noi Bankitalia, la banca emittente.

Il 95% circa delle quote azionarie della Banca d’Italia è in mano a istituti di credito ed assicurazioni private.

Riporto un brano tratto da “O la Banca o la Vita” di Marco Saba, membro dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata di Ginevra, nonchè attento osservatore di ciò che accade nel mondo della finanza e nel sistema monetario internazionale:

“La Banca d’Italia, come abbiamo detto, è per il 95% in mano a privati. Vediamo chi sono:

Gruppo Intesa 27,2 %
BNL 2,83 %
Gruppo San Paolo 17,23 %
Monte dei Paschi di Siena 2,50 %
Gruppo Capitalia 11,15 %
Gruppo La Fondiaria 2 %
Gruppo Unicredito 10,97 %
Gruppo Premafin 2 %
Assicurazioni Generali 6,33 %
Cassa Risparmio di Firenze 1,85 %
INPS 5 %
RAS 1,33 %
Banca Carige 3,96 %
Privati 5,65 %

Dall’analisi dei soci ci rendiamo conto che solo il 5% del capitale è dell’INPS, ovvero di una società pubblica. La Banca d’Italia è dunque per il 95% in mano a banche private, ma qui risulta evidente la seconda forte anomalia; infatti abbiamo detto che, con la legge bancaria del 1936 alla Banca d’Italia è stato demandato il compito di vigilanza sulle altre banche; ora, se le banche sono proprietarie della banca che dovrebbe su di loro vigilare e, attraverso i consigli di amministrazione, ne nominano i governatori e i direttori, ciò vuol dire, in altre parole, che i controllati controllano i controllori, e non viceversa.”

Conoscere la ripartizione delle azioni di Bankitalia dovrebbe essere sufficiente a dissipare ogni dubbio sul fatto che non è “degli italiani”, e abbattere la falsa immagine virtuale costruita per farci credere che lo sia.

Essendo una società privata a scopo di lucro, la Banca d’Italia, se vuole restare nel mercato, deve obbligatoriamente fare gli interessi dei suoi soci azionisti e ricavare utili dalla popolazione italiana utilizzatrice della moneta.

I suoi interessi sono diametralmente opposti ai nostri, e non potrebbe essere altrimenti.
Il comportamento di una società con scopi di lucro non può essere etico, moralmente corretto.

Se così fosse, il governatore della banca centrale emittente ci direbbe: “Guardate che se non volete continuare ad essere ridotti in schiavitù da questo sistema monetario, è meglio che stampiate da voi la vostra moneta di stato in nome e di proprietà del popolo, senza nessun costo”.

Così facendo decreterebbe la fine dell’esistenza del sistema come perfetto strumento di esproprio di ricchezza e di controllo della popolazione.

Per quanto riguarda il fatto che alla nostra banca centrale sia concesso di autocontrollarsi, vi domando semplicemente: al momento di emanare nuove norme o nell’ipotesi di una disputa tra noi clienti e Banca Intesa – San Paolo, che da sola possiede quasi il 50% di Bankitalia, i diritti di chi pensate possa tutelare la Banca d’Italia, i nostri?

Curioso che proprio recentemente Banca Intesa-San Paolo Imi abbia cambiato immagine: in Sardegna è passata a chiamarsi Banca di Credito Sardo, per dare al pubblico la falsa impressione di essere ciò che non è, una banca locale attenta ai problemi del territorio.

La stesso inganno si ripete in tutte le altre regioni: tra qualche tempo, noi che abbiamo avuto a che fare con la vecchia Banca Commerciale e con Banca Intesa, ci scorderemo delle precedenti denominazioni, mentre i giovanissimi conosceranno solo il nuovo nome, e saranno ingannati ancora meglio.

La costruzione della grande menzogna virtuale è continua e curata nei minimi particolari.

Dall’anno della sua fondazione, 1893, Bankitalia ha facoltà di emettere carta moneta; prima in concorso con altre banche, dal 1926 e sino all’entrata in circolazione dell’euro, in assoluto monopolio.
Il conio delle monete metalliche invece è affidato alla Zecca di Stato attraverso il Ministero del Tesoro. Ma attenzione: dietro approvazione della Banca Centrale Europea per quanto riguarda il volume del conio, come disposto dall’articolo 106 del trattato di Maastricht.

Come mai noi (lo Stato) attraverso il Ministero del Tesoro coniamo le monetine ma non stampiamo le banconote?

Possiamo emettere cartamoneta di Stato?

Certo che possiamo stampare biglietti di Stato, niente e nessuno ce lo impedisce. Non sarebbero gravati da debito perché prodotti a titolo originario, come succedeva sino a pochi anni fa con i biglietti della Repubblica Italiana da cinquecento lire.

Ma i grandi Usurai non gradirebbero, non sono soliti scherzare quando qualcuno cerca di sottrarre loro la proprietà della moneta od intralcia in qualche modo il loro cammino.
Sono numerose le vittime di morti violente sospette che nel corso degli ultimi secoli avevano osato intralciare la strada degli usurai internazionali, tra di loro diversi presidenti degli Stati Uniti.

L’ultimo in ordine di tempo, John Fitzgerald Kennedy, assassinato a Dallas, Texas, nel novembre del 1963, alcuni mesi dopo aver firmato, nel Giugno dello stesso anno, il famoso ordine esecutivo numero 11110 che permetteva al governo americano di emettere a titolo originario biglietti di proprietà del popolo (United States notes) senza debito, in sostituzione di quelli presi in prestito ad interesse dalla banca centrale (Federal Reserve notes).

Per chi vuole approfondire, c’è internet.

continua…..

 

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Paolo MALEDDU