Putin, lentamente, ha cambiato la Russia . Ha ricostruito lo Stato, ha recuperato parte di quell’eredità che l’oligarchia mafiosa aveva comprato alla fiera dell’est, per due soldi, ha curato i focolai tumorali che minacciavano la sopravvivenza della Federazione, ha riparato i carri armati e li ha svuotati degli adolescenti di leva, riempiendoli di soldati professionisti. Ha licenziato la leadership alcolista e investito in ricerca e sviluppo. Ha riaperto le fabbriche del complesso militare industriale che non è certo la chiave del futuro, ma che è tutto ciò che la Russia aveva e da cui poteva ripartire. L’elefante tramortito è ritornato orso e rifiuta le sbarre della gabbia che la Nato nell’ultimo decennio gli ha costruito addosso, a dispetto delle dichiarazioni di amicizia e di rispetto.

 

 

di Mario Rimini

Quando la Russia era amica degli Stati Uniti, Pavel Grachev era ministro della difesa, dal 1992 al 1996. Erano gli anni della transizione post sovietica. Il presidente Yeltsin e i suoi giovani riformatori traghettavano un paese lacero e miserabile verso un futuro di libertà stracciona, di occidentalismo predatorio, di privatizzazione da Far West. Una Russia società aperta, che danzava ubriaca sulla fune sopra il baratro. E senza rete di salvataggio. Era, quella, la Russia degli americani. In nessun periodo storico fu Mosca più vezzeggiata, lusingata e accarezzata dall’affabile alleato transatlantico. Nel momento in cui rinunciò a qualunque politica estera, a qualunque sfera di influenza, all’interesse nazionale e alla geopolitica, i sorrisi della politica americana si sprecarono per anni, promettendo ai russi integrazione, sviluppo, benessere. E consegnando invece, tutt’al più, una copia vintage e involgarita delle luci di New York sulle cupole zariste e i condomini khruscioviani lungo la Moscova. Pochi russi ammassavano fortune d’altri tempi sulle ceneri di una superpotenza in saldo. Una generazione di giovani vedeva scomparire l’istruzione, la sanità, la sicurezza di uno stipendio povero ma in grado di assicurare la spesa quotidiana e un tetto.

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Eltsin e Clinton

 

 

Milioni di ragazze scoprivano che i loro corpi avevano un mercato, per le strade di Mosca invase dai turisti o nelle città d’Europa finalmente accessibili per una schiavitù diversa dalla solita, e più brutale. Gli orfanotrofi traboccavano di creature malnutrite rifiutate da famiglie scomparse e abbandonate da uno Stato in bancarotta. La droga, il collasso dei servizi pubblici e l’anomia sociale mietevano un numero incalcolabile di giovani vittime ai quattro angoli di un impero arrugginito, venduto pezzo per pezzo come metallo di scarto sui mercati mondiali della corruzione e del malaffare. Mosca e San Pietroburgo, di notte, facevano paura. Crimine fuori controllo, omicidi spiccioli ed esecuzioni mafiose in grande stile terrorizzavano città senza più legge, dove la polizia sopravviveva grazie alle mazzette e all’estorsione e i malviventi regnavano come mai i Corleone e i Riina avrebbero potuto sognare nella loro terra. La Russia di Yeltsin non era più orso. Era semmai un elefante mutilato e sanguinante, cui bracconieri indigeni e stranieri somministravano stupefacenti per tenerlo in vita, mentre gli rubavano avorio, organi, e anima.
E poi c’era l’esercito. L’istituzione che aveva, sin dalla rivoluzione d’ottobre, rappresentato la gloria e la potenza, il vanto e l’orgoglio, il blasone e il sigillo della leadership mondiale della Russia dei Soviet. Non più Armata Rossa ma Russa, l’esercito era allora sotto la guida di Grachev. Una figura dimenticata ma preziosa, per capire la storia. Non la storia dei summit e delle dichiarazioni diplomatiche, no. La storia di uomini e donne, di carne e di sangue, di vita e di morte. La storia dei russi, contro la storia dei think tank e delle accademie e dei fondi monetari. Era il dicembre 1994 e Grachev aveva dichiarato con boria mediatica che l’esercito russo avrebbe potuto conquistare Grozny in 24 ore con un solo reggimento di paracadutisti. Perché oltre che dissanguata, derelitta e derubata, la Russia di Yeltsin era anche a un passo dalla disintegrazione. Regioni ribelli guidate da delinquenti e corrotti premevano per la secessione da un potere centrale che non aveva più potere, né centralità. E se il corpo rischiava la metastasi, il cancro da cui questo minacciava di diffondersi era la Cecenia.

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Eltsin e Grachev

 

 

Dicono i pettegolezzi, che sono un po’ anche cronaca, che Grachev avesse dato l’ordine di invadere Grozny di notte, ubriaco. E così la mattina di capodanno del 1995 la capitale caucasica fu svegliata dalle bombe e dai carri armati. Era la prima volta che l’Armata Russa combatteva. E fu un disastro che nemmeno gli analisti più cinici avrebbero previsto. Lungi dall’impiegare un solo battaglione di paracadutisti, Grachev riversò su Grozny tutto quello che aveva. Tank, artiglieria, aviazione. E lungi dall’ottenere la rapida vittoria che aveva promesso, si risvegliò dalla supposta sbronza con le notizie di una catastrofe nazionale. L’Armata Rossa non solo aveva cambiato nome. Non esisteva neanche più. C’era, al suo posto, l’esercito di Yeltsin. Della nuova Russia occidentale, prediletta discepola degli amici d’America. Un’armata brancaleone di ragazzini adolescenti strappati alle famiglie e scaraventati al fronte. Mezzi antiquati e colonne sbandate. Strategie militari da prima guerra mondiale. Se un simbolo della rovina materiale, morale e umana in cui la transizione benedetta dall’America aveva gettato la Russia esiste, questo e’ senz’altro la campagna cecena di Pavel Grachev. D’altronde, l’Armata Russa era la stessa di cui filtravano notizie di soldati ridotti alla fame nelle basi dell’estremo Oriente, o venduti a San Pietroburgo come prostituti a ora per clienti facoltosi, o massacrati nei riti d’iniziazione sfuggiti a qualunque regola e disciplina, o suicidi in massa per sfuggire a violenze e soprusi impuniti.
E così in Cecenia, dopo un bilancio di migliaia di soldati uccisi e fatti prigionieri, di una città rasa al suolo e di civili sterminati, il cancro non era stato nemmeno estirpato. E un anno dopo, i ribelli l’avrebbero riconquistata. Grachev perse la faccia. E la Russia con lui. Mentre le madri dei piccoli soldati usati come carne da cannone iniziarono le loro coraggiose manifestazioni pubbliche davanti ai lugubri ministeri moscoviti, che tanto le facevano assomigliare alle danze solitarie delle madri dei desaparecidos sudamericani. E sarebbe stata una ricerca disperata, straziante e inutile, perché dei figli soldati della Russia non v’erano notizie, né sepoltura, né nomi. Scomparsi nel nulla, saltati in aria nei carri sgangherati di Grachev, torturati nelle prigioni improvvisate dei mujaheddin ceceni. Inghiottiti dal drago di un paese allo sfacelo. Che però, allora, era il darling della Casa Bianca. Per questo, oggi, non capiamo Putin. Perché ci rifiutiamo di vedere la storia degli uomini e ci soffermiamo invece sui paper delle accademie. Quelli che ci dicono che Putin è un fascista che sta distruggendo la Russia. Quelli che ci parlano di un paese prigioniero di una nuova tirannia. Quelli che dipingono la Crimea come una nuova Cecoslovacchia e l’Ucraina come la Polonia di Hitler. Quelli che sono, oggi, la copia speculare di ciò che condannano: propaganda.

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Cecenia

 

 

Perché la Russia non è più stracciona, e Putin lentamente l’ha cambiata. Ha ricostruito lo Stato. Non è un modello di democrazia di Westminster, no di certo. Ma esiste, e fa qualcosa. Ha recuperato, legalmente e illegalmente, parte di quell’eredità che l’oligarchia mafiosa aveva comprato alla fiera dell’est, per due soldi. Ha curato i focolai tumorali che minacciavano la sopravvivenza della Federazione. Ha riparato i carri armati, e li ha svuotati degli adolescenti di leva, riempiendoli di soldati professionisti. Ha licenziato la leadership alcolista, e investito in ricerca e sviluppo. Ha riaperto le fabbriche del complesso militare industriale che non è certo la chiave del futuro, ma che è tutto ciò che la Russia aveva e da cui poteva ripartire. E quando il paese ha smesso di presentarsi ai summit internazionali scalzo e rattoppato per supplicare l’America e le sue istituzioni finanziarie di elargire un altro prestito ipotecando in cambio l’interesse nazionale, la Russia di Putin ne ha ripreso in mano il dossier. E ne ha rilette, una dopo l’altra, le pagine dimenticate.
La sorpresa della Crimea, per questo motivo, è tale solo per gli ipocriti, gli smemorati, e gli ingenui. La Crimea fu uno degli scogli più insidiosi su cui la transizione post sovietica rischio’ di naufragare, già negli anni ‘90, quando per poco non scatenò una guerra. In Crimea c’erano Sebastopoli e la flotta del Mar Nero. L’intera geopolitica zarista e poi sovietica aveva da sempre cercato lo sbocco verso il Mediterraneo, lo sanno anche i bambini delle medie. Non è certo un’invenzione di Putin. La Crimea è stata sempre la colonna portante dell’interesse nazionale russo. Non è Putin che ha stravolto la storia rivendicandola e riconquistandola. Era stata la debolezza e la disperazione degli anni di Yeltsin a far accettare obtorto collo a Mosca la rinuncia a una penisola che è insieme strategia e letteratura e icona e identità. La perdita della Crimea fu per i russi una dolorosa circostanza storica, mai una scelta coraggiosa.

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L’esercito russo in Crimea

 

 

L’aspro confronto tra Obama e Putin è tutto qui. L’elefante tramortito è ritornato orso. E rifiuta le sbarre della gabbia che la Nato nell’ultimo decennio gli ha costruito addosso, a dispetto delle dichiarazioni di amicizia e di rispetto. Il livore di Obama ha così dipinto la Crimea come la prova della cattiveria di Putin, e l’Europa sbadata gli ha creduto. E ora che la Russia interviene su uno scacchiere mediorientale da cui mancava da vent’anni, la Casa Bianca si agita scomposta. Ma vent’anni di egemonia statunitense in Medio Oriente e Nord Africa cosa hanno prodotto? La farsa dell’Iraq e la sua tragedia umana. Lo Stato Islamico e il suo regno di barbarie. Il collasso della Siria e i milioni di profughi e la sua guerra senza sbocco. La fine della Libia. Ed è solo l’inizio di un terremoto che l’America stessa ha scatenato, ma che le è ormai sfuggito di mano. Persino i paesi della regione lo sanno. E oggi iniziano a guardare a Putin più che a Obama, cui rimane la retorica da guerra fredda, l’uso spregiudicato delle sanzioni con la scusa dei diritti umani, e la scelta sconsiderata di perdere la Russia.

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Putin col ministro della difesa Sergeij Shoigu

 

 

Putin è un personaggio complesso, ma non è il diavolo. Ha il merito di avere mantenuto la Russia nella storia, in un momento in cui era tutt’altro che scontato. Il giovane ignoto che si insediò sullo scranno degli Zar quando Yeltsin barcollò via con un ultimo brindisi, non verrà giudicato dalla storia per i pettegolezzi su come abbia passato il compleanno e sul costo dell’orologio che porta al polso, temi oggi prediletti da riviste un tempo autorevoli come “Foreign Policy”. Il verdetto è già scritto. E’ nelle immagini che lo mostrano assieme al ministro della difesa Shoigu nelle stanze dei bottoni del suo esercito, da cui la campagna siriana viene coordinata. Sono passati solo due decenni, ma sembrano anni luce dalle gaffe di Yeltsin, e dalla disfatta cecena di Grachev. Se Obama non gradisce, non è per i diritti umani dei russi. Washington ha approfittato della penosa transizione russa per arraffare quanto più spazio geopolitico ha potuto, in Europa, in Medio Oriente, nel Pacifico. E adesso che al Cremlino non siede più un ubriacone cardiopatico, e l’esercito non è più il soldatino di latta di Grachev, l’America, di colpo, ha deposto le lusinghe. E ha perso il sorriso. E minaccia di trascinarci, tutti, in uno scontro frontale con la Russia. Per i suoi interessi, e contro i nostri. Che sono quelli di un’Europa che non si fermi di colpo alla frontiera bielorussa.

tratto da: (clicca qui)

2015.10.27 – La Grande Truffa – 15° parte

Posted by Presidenza on 27 Ottobre 2015
Posted in articoli 

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A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

 

 

 

 

 

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”
“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

La Grande Truffa – dalla 1° alla 10°parte                        La Grande Truffa – 11°parte

La Grande Truffa – 12°parte                                         La Grande Truffa – 13°parte

La Grande Truffa – 14°parte

 

 

L’emissione monetaria

LA GRANDE TRUFFA

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale

15° parte

 

 

………………

Capitolo IX

 

LA BANCA CENTRALE EUROPEA

 

La moneta appartiene al popolo che le dà valore accettandola e facendola circolare.
La Banca d’Italia è una banca privata.
Fa parte del SEBC, il sistema formato dalla Banca Centrale Europea e dalle banche centrali dei paesi membri.

Il Sistema Europeo delle Banche Centrali ha il monopolio dell’emissione dell’euro nell’unione monetaria.

Apriamo bene gli occhi: l’autorizzazione all’emissione dei nostri soldi viene dall’estero, dalla Banca Centrale Europea con la quale noi non abbiamo rapporti se non attraverso la privatissima Banca d’Italia, sulla quale non abbiamo nessun potere di controllo.
Non si presenta bene.

Questa situazione è stata creata ad arte per allontanare il potere reale dal controllo del popolo, costretto a seguire norme imposte non si sa da chi e per quali motivi.
Stiamo parlando della linfa vitale dell’economia, i soldi che così pesantemente condizionano le nostre vite.

Dove sta la Banca Centrale Europea? Come è organizzata? Che rapporti la legano all’Unione Europea?

Chi sono i banchieri che la guidano? Chi li ha scelti e da dove vengono?

Prima che scoppiasse in pieno questa grande crisi, le informazioni su euro e Bce erano piuttosto scarne.
Poche notizie dai media ufficiali, le televisioni fanno entertainment, ci intrattengono tenendoci lontani dai centri di potere che perciò possono indisturbati continuare a dare tagli netti ai nostri diritti e restringere i nostri spazi di libertà.

Saltuariamente ci arrivava qualche telegrafico comunicato dal governatore, eternamente “preoccupato” per l’inflazione, e perciò costretto, a parer suo, a tenere alto il costo del denaro.
Poi di lui non si sapeva più niente per qualche mese.

O per sempre, come accaduto con Duisemberg, il precedente governatore: trovato morto nella sua piscina, ma non per annegamento. Un infarto, forse all’interno della casa, nel salotto. Nessuna notizia certa, morte sospetta, i media si guardarono bene dal dare risalto alla notizia.
Come con il sistema monetario, tutto viene avvolto in un alone di mistero.

La Banca Centrale Europea è un ente sovranazionale del quale fanno parte le banche centrali dei paesi membri dell’Unione Monetaria, e non solo.

Ecco l’elenco dei suoi soci con le attuali quote (2009), aggiornate ogni quattro anni a seconda di variazioni di Pil, popolazione e ingresso di nuovi paesi:

 

Banca Nazionale del Belgio 2,83 %
Banca Centrale del Lussemburgo 0,17 %
Banca Nazionale della Danimarca 1,72 %
Banca d’Olanda 4,43 %
Banca Nazionale della Germania 23,40 %
Banca Nazionale Austriaca 2,30 %
Banca di Grecia 2,16 %
Banca del Portogallo 2,01 %
Banca di Spagna 8,78 %
Suomen Pankki 1,43 %
Banca di Francia 16,52 %
Banca Centrale di Svezia 2,66 %
Banca Centrale d’Irlanda 1,03 %
Banca d’Inghilterra 15,98 %
Banca d’Italia 14,57 %

 

Le Banche d’Inghilterra, di Svezia e di Danimarca, sebbene non siano entrate nell’unione monetaria, posseggono stranamente una quota della Bce e partecipano alla spartizione dei profitti derivanti dall’emissione dell’euro.

Mantengono così il controllo sulla loro moneta nazionale e, nella percentuale corrispondente alla loro quota nella Bce, beneficiano pure del signoraggio sull’euro. A conferma che l’emissione monetaria è un “business”, piuttosto che un diritto/dovere di ciascun singolo paese, ed un privilegio del quale unico beneficiario dovrebbe essere il popolo.

Curiosamente, i tre paesi sono monarchici.
Avranno ancora i moderni monarchi, così come i loro predecessori che concessero a privati il privilegio di emettere moneta, sostanziose partecipazioni nei pacchetti azionari delle banche?

La Banca Centrale Europea è stata istituita con il trattato di Maastricht che ha dato vita all’Unione Europea.

I nostri rappresentanti per la firma dell’accordo erano il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ancora l’ex-governatore di Bankitalia Guido Carli in qualità di Ministro del Tesoro, con De Michelis Ministro degli Esteri e Giulio Andreotti Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il governatore in carica della Banca d’Italia era Ciampi.

Come già ricordato, queste stesse persone firmarono il 7 febbraio 1992 la legge N. 82 sul tasso di sconto che sanciva il definitivo distacco del potere bancario da quello politico rappresentante il popolo. La consacrazione, nero su bianco, della consegna della sovranità in materia monetaria dal cittadino all’anonimo banchiere.

La BCE ha la sua sede fisica a Francoforte, in Germania, ma gode di una sorta di extraterritorialità, in quanto non risponde a nessuna legge nazionale o europea.

Detto così suona come qualcosa di astratto, che non riguarda noi, extraterritoriale ed extraterrestre, appunto. Un ente giuridico che, a differenza di noi comuni mortali imbambolati e sottomessi, non paga tasse.

È stata istituita con il trattato di Maastricht, ma è sovranazionale e non risponde alle leggi comunitarie. I suoi membri, nell’espletamento delle loro funzioni, non sono perseguibili da nessuna legge, immuni da ogni responsabilità.

Un modo di organizzare la società degli uomini che ha come fine principale quello di togliere contenuto umano identificabile alle azioni di queste entità giuridiche.
Rendendole impersonali, i loro controllori mantengono i privilegi, allontanando però le responsabilità.

I vantaggi sono personali, le responsabilità sono difficilmente individuabili, si perdono nei labirinti della giurisprudenza.

Non c’è presidente del consiglio, presidente della repubblica o monarca, ad avere il potere, la durata nell’incarico, l’insindacabilità di un presidente o alto dirigente della Banca Centrale Europea.

La Bce dà ai governi indicazioni che sono piuttosto ordini, parametri a cui attenersi, ma non permette che nessun potere politico interferisca con le proprie decisioni.
L’art. 107 dello statuto della Bce dice :

“Né la BCE, né una Banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli stati membri, né da qualsiasi altro organismo”.

All’articolo 4 del Trattato di Maastricht la Banca Centrale Europea non è elencata tra le istituzioni che assicurano “L’esecuzione dei compiti affidati alla Comunità”.
In altre parole, il Trattato dice che emissione e gestione dell’euro non sono competenza della Comunità.

Ma allora, a chi appartiene l’euro?

“Pertanto, al momento dell’emissione le banconote in euro appartengono all’Eurosistema, mentre le monete sono proprietà degli Stati membri”.

Questa è la recentissima (Agosto 2011) risposta di Olli Rehn, Commissario europeo per gli Affari economici e monetari che parlava in nome della Commissione Europea, ad una interrogazione dell’eurodeputato della Lega Nord Mario Borghezio.

La banconota in euro appartiene quindi ai banchieri privati proprietari della Banca d’Italia in società con i banchieri delle banche centrali degli altri stati membri dell’Unione Monetaria.
La moneta scritturale, il credito, alle banche ordinarie private degli stessi banchieri. Gli spiccioli, le monetine, agli italiani …

Tutto chiaro, no?

La Bce non paga tasse.

Chi le ha dato tale privilegio esentandola dal dovuto contributo alla società in mezzo alla quale opera e così pesantemente condiziona?
I grandi Usurai se lo sono presi da soli, perché, come appena detto, la Bce gode di uno status di extraterritorialità, si è collocata al di sopra dei paesi membri della Unione Europea, autoproclamandosi potere sovrano non rispondendo a nessuna legge nazionale e/o comunitaria.

Come è possibile che noi abbiamo concesso tanto potere ad una banca, ad una società anonima? Non glielo abbiamo concesso noi, il popolo sovrano, glielo hanno regalato i nostri politici accettando con il trattato di Maastricht le proposte/imposizioni dei banchieri internazionali.

Senza chiedere il nostro parere?
Proprio così.

Solo a danesi e francesi è stato chiesto di ratificare il Trattato di Maastricht con un referendum. Le risposte: no in Danimarca, ni in Francia (una maggioranza talmente risicata che spense gli entusiasmi e si evitarono ulteriori consultazioni popolari).

Quando di nuovo in Francia e in Olanda sono stati indetti referendum per l’approvazione della costituzione europea, la risposta è stata la stessa: NO!

Ecco perché i burocrati europei burattini della grande Usura evitano accuratamente di sentire il nostro parere. Per meglio ingannare i sonnolenti sudditi europei, la costituzione è stata resa praticamente illeggibile con numerosi richiami ad altre leggi e disposizioni, e rinominata Trattato di Lisbona.

Come un qualsiasi trattato internazionale, non ha avuto bisogno di essere sottoposta a referendum popolare.

Il nostro massimo rappresentante, Napolitano, da sempre uomo di riferimento della grande finanza internazionale e di conseguenza pienamente consapevole dei suoi vergognosi obbiettivi, non ha perso occasione di sponsorizzare la ratifica del Trattato di Lisbona, schierandosi con i Parassiti e contro gli interessi del popolo che lo paga profumatamente.

Grazie, signor presidente.

E quella storia della democrazia secondo la quale è il popolo che decide?
È una storia, appunto, come tante altre. Una illusione. Un mito. Un’utopia. Una favola per ingenui.
La democrazia non esiste.

Vi lascio con alcuni stralci di “Euroschiavi” sulla Banca Centrale Europea:

“… mentre i dibattiti e le sedute della Camera dei deputati e del Senato sono aperte al pubblico e le sentenze delle Corti di Giustizia devono essere dettagliatamente motivate e pubblicate, dall’altra parte – dalla parte del vero potere – le riunioni del consiglio direttivo della BCE sono assolutamente secretate; ed è lo stesso consiglio che, di volta in volta, decide se pubblicare le proprie deliberazioni, se pubblicarne solo alcune parti o non pubblicarle affatto. Oltre tutto questo, i dirigenti della BCE godono di una sostanziale immunità: non sono infatti previste, all’interno della BCE, sanzioni per comportamenti impropri dei dirigenti. Il Trattato di Maastricht ha fatto di loro membri intoccabili di una società segreta che condiziona gli Stati e i popoli. E non stiamo esagerando: le norme sono esplicite”.

Ancora sulla segretezza delle assemblee:

“Le riunioni hanno carattere di riservatezza. Il Consiglio direttivo può decidere di rendere pubblico il risultato delle proprie deliberazioni”.

Questi banchieri senza volto che hanno potere di vita o morte su di noi, non hanno neanche l’obbligo di riferirci le decisioni adottate che così tanto influiscono sulle nostre vite.

È incredibile ed umiliante: tramano contro di noi, ma le regole scritte da essi stessi ci impediscono di sapere cosa stanno tramando. Noi continuiamo immersi in un sonno profondo, con l’aiuto determinante di politici, stampa indipendente e l’anestesia di ciò che rimane del nostro cervello, somministrataci dai programmi televisivi e dagli effetti speciali del mondo del cinema.

Dal protocollo sul SEBC (sistema europeo banche centrali), all’art. 7 che ricalca l’art. 107 del trattato:

“Indipendenza – Conformemente all’art. 107 del trattato, nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e doveri loro attribuiti dal trattato e dal presente statuto, né la BCE, né una Banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai Governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari, nonché i Governi degli Stati membri, si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti.”

Chiaro, no?

Istituzioni comunitarie e governi degli stati membri non possono interferire nelle decisioni da adottare: Bce e Banche Centrali nazionali sono completamente indipendenti da noi.

Ma se non dai popoli, da qualcuno dovranno pur dipendere: chi le gestisce e per conto di chi?
Nel compimento della loro insindacabile missione, nientemeno che la gestione della nostra moneta, gli interessi di chi salvaguardano?

Se questa non è una dittatura dei banchieri . . .

“L’art. 12 del Protocollo, che si intitola “Responsabilità degli organi decisionali”, in realtà non prevede alcuna responsabilità. Congiunto all’immunità dalle indagini giudiziarie per i dirigenti della BCE, questo articolo sancisce la sovranità dei banchieri centrali sugli Stati che si sono a essi sottoposti.
L’art. 16 del Protocollo sancisce la perdita di sovranità monetaria degli Stati in favore dei banchieri centrali europei:
“Conformemente all’art. 105 A, paragrafo 1 del trattato, il consiglio direttivo ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità. La BCE e le Banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla BCE e dalle Banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nella Comunità.”

Credo che queste ultime righe non ammettano più dubbi sul fatto che una banda di Usurai si sia impossessata del mezzo di scambio concepito dalla nostra mente, al quale noi diamo valore accettandolo e facendolo circolare, ce lo abbia sottratto e ce lo rivenda a carissimo prezzo con la complicità dei nostri politici.

“Risultato? Molte tasse e debiti da pagare, poco denaro disponibile: ossia, Stato, imprenditori e cittadini in ginocchio davanti al potere delle banche. E queste hanno buon gioco a rilevare per pochi soldi le imprese in difficoltà finanziando le società da loro controllate in modo che si accaparrino i beni e le imprese dei clienti in crisi o falliti. Lo Stato, nel permettere questa pratica e nel prestare i suoi tribunali alla sua attuazione, si riconferma strumento e burattino della finanza privata”.

Lo Stato… strumento e burattino della finanza privata.

La moneta del popolo italiano e degli altri popoli europei emessa e gestita da una entità sopranazionale a noi completamente estranea.

Tutto ciò ha senso solo se si inizia a riconoscere nell’euro uno strumento di dominio su masse sottomesse.
Non si può pretendere che popolazioni tenute appositamente ignoranti in materia si rendano conto della portata di questi cambiamenti.
Gli stessi architetti dell’inganno si meravigliano delle mancate reazioni popolari.

Scrive Guido Carli, ex-governatore della Banca d’Italia e firmatario in qualità di ministro del Tesoro, sia della definitiva cessione della sovranità monetaria alla Banca d’Italia, sia del trattato di Maastricht che l’avrebbe trasferita alla Banca Centrale Europea, nel suo libro “Cinquant’anni di vita italiana”.

“È stupefacente constatare l’indifferenza con la quale in Italia è stata accolta la ratifica del Trattato di Maastricht… per l’Italia il Trattato rappresenta un mutamento sostanziale, profondo, direi “costituzionale”. L’Unione Europea implica la concezione dello “Stato minimo”… l’abbandono della programmazione economica … una redistribuzione della responsabilità che restringa il potere delle assemblee parlamentari ed aumenti quelle dei governi… il ripudio del principio di gratuità diffusa… la riduzione della presenza dello Stato nel sistema del credito e nell’industria… l’abolizione delle normative che stabiliscono prezzi amministrati e tariffe… Ebbene, un cambiamento giuridico di questa portata, con queste conseguenze, è passato pressoché sotto silenzio, senza conquistare le prime pagine dei giornali”.

Ed ancora:

“Gli Stati Uniti hanno esercitato lungamente un diritto di “signoraggio” monetario sul resto del mondo. Dico questo perché deve essere presente alla coscienza degli Europei cosa il Trattato di Maastricht rappresenta veramente. Io non vedo in Europa tracce di questa coscienza. Lo vedo invece negli Stati Uniti, dove, infatti, come un sol uomo, gli economisti sono scesi in campo per difendere gli interessi della comunità finanziaria americana nel tentativo di delegittimare il progetto di Unione Europea dal punto di vista teorico. La realizzazione del Trattato di Maastricht significherebbe la sottrazione agli Stati Uniti di quasi metà del potere di signoraggio di cui dispongono.”

Chi meglio dei banchieri ci può spiegare ciò che succede nel loro mondo?

Uno dei principali responsabili della consegna alla Banca d’Italia prima e alla Banca Centrale Europea poi del diritto di fissare il tasso di sconto, il prezzo che paghiamo per il denaro, ci dice che “…negli Stati Uniti… come un sol uomo, gli economisti sono scesi in campo per difendere gli interessi della comunità finanziaria americana…“.

Se lo stesso Carli, da Ministro del Tesoro profumatamente pagato da tutti gli italiani, invece di fare i nostri interessi agisce in favore dei banchieri, per di più meravigliandosi della assoluta mancanza della minima opposizione, chi mai difenderà i popoli inconsapevoli?

Nessuno.

I politici assecondano, e le regole vengono stravolte a nostro svantaggio, “…senza conquistare le prime pagine dei giornali”.

Affrettiamoci ad uscire dalla gabbia virtuale nella quale siamo rinchiusi, prima che sia troppo tardi.

continua….

 

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Paolo MALEDDU

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La conferma che i popoli d’Europa non ne possono più della Ue, delle oligarchie dei banchieri, dello strapotere della finanza incarnato dalla Bce, ecc.

 

Pubblicazione1

 

VARSAVIA. Una vittoria clamorosa, enorme, senza rivali. Tornano al timone a Varsavia, armati della maggioranza assoluta dei seggi nel nuovo parlamento (fatto mai accaduto prima nella Polonia democratica), i conservatori nazionalisti, euroscettici, cattolici, di Diritto e Giustizia (PiS).

Alle elezioni politiche nazionali di ieri hanno ottenuto il 40% dei sondaggi (secondo proiezioni su risultati non ancora definitivi), percentuale che un sistema di voto con premio di maggioranza traduce come minimo in 238 seggi sui 460 che compongono il Sejm, la camera bassa. Per i liberali europeisti di Piattaforma Civica (Po), i registi dell’unica economia nell’Ue mai andata in recessione negli anni della crisi, la batosta è più grossa anche di quanto minacciato dai sondaggi. Piattaforma, il partito dell’ex premier e attuale presidente del Consiglio Europeo Ue Donald Tusk, si è fermato al 23,4% dei voti, ottenendo 135 seggi e nessuna voce in capitolo nella nuova assemblea dominata dai nazionalconservatori.

Al terzo posto è arrivata la formazione del cantante rock ‘anti-sistema’ Pawel Kukiz, anche lui di posizioni nazionaliste, una specie di “Grillo di destra”, con 44 seggi. Poi è la volta di Nowocczesna (Moderni) di orientamento liberale, con 24 deputati e il partito dei contadini Psl con 18 seggi.

E a dare alla vittoria della destra in Polonia i connotati del trionfo è anche la notizia che nessun partito di sinistra è entrato in Parlamento. Tutti bocciati dagli elettori, ad iniziare dal “Fronte della sinistra unita” che radunava quasi tutte le formazioni simili al Pd italiano.

Buona la partecipazione, inoltre, per un Paese dove le urne continuano ad attirare poco, arrivata al 51,6%.

Il gran ritorno di Diritto e Giustizia al potere, senza bisogno di alleati, stravolge gli equilibri nella cosiddetta Nuova Europa, il Centro-Est dell’Ue di cui la Polonia è indiscusso peso massimo, con conseguenze inevitabili anche a Bruxelles.
PiS come premier ha candidato Beata Szydlo, dai toni moderati, come il neo capo dello Stato Andrzej Duda, ma il vero dominus resta Jaroslaw Kaczynski, fratello del defunto presidente Lech, vero incubo per l’Ue negli anni in cui è stato premier – tra il 2006 e il 2007 – e come capo del partito euroscettico.

Preoccupa in particolare le nomenclature burocratico-finanziarie di Bruxelles, la prospettiva che la vittoria dei nazionalconservatori a Varsavia sfoci in un asse con l’Ungheria dell’euroscettico Viktor Orban: uno degli slogan elettorali della destra di Diritto e Giustizia durante la campagna elettorale è stato “Portiamo Budapest a Varsavia”, con particolare riferimento alla crociata di Orban contro le banche, fonte di ispirazione per il PiS che promette di introdurre nuovi sussidi per le famiglie con più figli e di abbassare l’età pensionabile portata dai liberali a 67 anni.

Proprio riforme come questa sembrano aver condotto il governo socialdemocratico filo-Ue al capolinea. Secondo molto analisti, gli elettori polacchi ieri sono andati alle urne per bocciare una politica accusata di garantire il benessere a pochi e dimenticare i più, costringendo i giovani ad andare all’estero per trovare lavoro e le famiglie a fare bene i conti prima di pensare a un nuovo figlio. Il tutto per favorire le banche, la finanza, le multinazionali.

Sul fronte della politica estera, la nova Polonia di destra porterà a un veloce tramonto dell’asse con la Germania della Merkel, e addio convergenza sui grandi temi europei.

La sciagurata politica di accoglienza della cancelliera Merkel è stata ampiamente criticata in campagna elettorale. Sul fronte est, poi, c’è una viccenda tutta polacca: si annunciano tensioni con la Russia, accusata di essere dietro il disastro aereo dell’aprile 2010: nello schianto del Tupolev nei pressi di Smolensk morirono 96 persone, tra queste molti esponenti dei vertici polacchi e lo stesso fratello-gemello Lech, all’epoca presidente.

A parte questo, le elezioni politiche in Polonia confermano che i popoli d’Europa non ne possono più della Ue, delle oligarchie dei banchieri, dello strapotere della finanza incarnato dalla Bce, dell’arroganza della Germania e della stupidità d’aver spalancato le porte all’invasione extracomunitaria islamica, mascherata da “accoglienza dei poveri profughi” che rappresentano, nell’oltre un milione di clandestini lasciati arisivare da Italia e Germania, neppure il 20%.

E’ la matsina di un nuovo giorno, per l’Europa, la vittoria della destra in Polonia.

Redazione Milano.

tratto da: (clicca qui)

Un articolo dello storico Eric Zuesse, pubblicato da Zero Hedge, illustra alcuni sviluppi inquietanti del TTIP. Anche se molto viene tenuto segreto —con modalità che non hanno nulla a che fare con la democrazia— ciò che trapela indica che alcune condizioni del TTIP entreranno in vigore ancora prima che l’accordo sia formalmente (e comunque segretamente) concluso. Zuesse definisce tutto ciò nel modo opportuno: fascismo internazionale.
di Eric Zuesse, 20 ottobre 2015

 

Pubblicazione1

 

I termini del TPP, il trattato sul “commercio” proposto da Obama alle nazioni asiatiche, non saranno resi pubblici fino a che il trattato non sarà in vigore da almeno quattro anni. I termini del TISA (accordo sul commercio dei servizi), proposto da Obama a 52 nazioni, non saranno resi pubblici fino a che il trattato non sarà in vigore da almeno cinque anni. Il TTIP, il trattato proposto da Obama ai paesi europei, è stato tenuto nascosto così bene che non si sa nemmeno per quanti anni dovrà essere tenuto nascosto all’opinione pubblica. Buongiorno, fascismo internazionale! — tutto fatto in segreto, fino al punto in cui è troppo tardi perché l’opinione pubblica possa reagire.

In Europa si sta andando proprio di corsa, per scongiurare che venga meno la segretezza, e il trattato non riesca quindi a passare. L’Unione Europea sta già segretamente imponendo le disposizioni stabilite dal (segreto) Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP), ancora prima che venga firmato, e perfino prima che sia formalmente approvato da qualsiasi nazione. Ciò è stato rivelato lo scorso fine settimana in due circostanze:

La sera del 17 ottobre Phillip Inman, che gestisce la versione online del Guardian, ha intitolato (in un articolo che il Guardian non ha voluto pubblicare sulla versione cartacea) “La prospettiva del TTIP sta già minando gli standard alimentari UE, dicono gli attivisti“, e ha riportato che:

Nick Dearden, direttore del gruppo anti-povertà “Global Justice Now”, dice che il consulente capo per il trattato, Damien Levie, ha fatto trapelare che il trattato sul libero commercio implica la riduzione degli standard minimi concordati in UE.
Dearden riporta che secondo il resoconto della newsletter [disponibile agli iscritti] del Washington Trade Daily, Levie ad una conferenza tenuta presso il gruppo “US free market” al Cato Institute (che è di proprietà dei fratelli Koch, investitori miliardari del petrolio e anti-regolamentazioni) ha affermato che le sementi geneticamente modificate e le carni bovine trattate chimicamente potranno essere commercializzate in UE già prima della conclusione del trattato.
Secondo il report, Levie avrebbe detto ai paesi membri dell’UE che “sono state aumentate le revisioni e approvati nuovi organismi geneticamente modificati per un totale di cinque prodotti fino ad ora”.
Levie … ha detto alla conferenza del Cato Institute che entrambe le parti vogliono raggiungere un accordo economiconientemeno che completo. Ha ammesso che l’accordo potrebbe naufragare per la resistenza degli USA ad includere i servizi finanziari nel trattato, e per la riluttanza di Washington ad aprire gli appalti locali e nazionali alle offerte delle imprese europee.

In precedenza, le informazioni che venivano rese pubbliche tramite wikileaks avevano chiarito che nelle trattative sul TTIP erano gli USA il paese più aggressivo che spinge affinché le imprese multinazionali possano modellare le leggi dei singoli paesi — e questa è anche la posizione dei fratelli Koch.

Il 18 ottobre Lauren McCauley nel Common Dreams ha intitolato “Il TTIP sta già ‘Riscrivendo le regole’ degli standard europei per il cibo, rivela un nuovo report“, e afferma che un’organizzazione britannica progressista, Global Justice Now, ha pubblicato unostudio il 18 ottobre nel quale si nota che:

I funzionari USA sono riusciti a usare la prospettiva del TTIP per forzare l’UE all’abbandono del piano di bandire 31 pesticidi pericolosi dai generi alimentari, pesticidi che sono stati dimostrati essere causa di cancro e infertilità.

Un destino simile ha colpito le regolamentazioni sul trattamento della carne con acido lattico. Questo tipo di trattamento era stato proibito in Europa per la paura che venisse usato per nascondere pratiche di cattiva igiene. Il divieto è poi stato abrogato dai parlamentari europei della Commissione per la salute pubblica e la sicurezza alimentare, dopo che la Commissione Europea ha suggerito che le trattative sul TTIP sarebbero state a rischio se il divieto non fosse stato tolto.

Sul cambiamento climatico, il Direttivo europeo sulla qualità dei carburanti, che era determinato a vietare il petrolio canadese ottenuto da sabbie bituminose (il peggiore petrolio del mondo dal punto di vista degli effetti sul clima globale) si è arreso di fronte alle forti pressioni lobbistiche americane e canadesi sia sul TTIP che sull’accordo CETA (tra UE e Canada).

Come ho riportato il 2 febbraio del 2014:

La conduttura Keystone XL non contribuirà alla produzione di energia in USA, ma all’espotazione del peggiore petrolio dal punto di vista ambientale, verso Canada, Europa e Sud America. Trasporterà il petrolio delle sabbie bituminose della regione dell’Alberta (Canada) —metà del cui petrolio è di proprietà dei Koch— a sud verso le raffinerie dei Koch nella costa del golfo texano, per essere poi imbarcato soprattutto verso l’Europa.

Il presidente Obama sta perciò cercando di portare l’Europa ad un maggiore relax sugli standard contro il riscaldamento globale, al fine di farle importare il petrolio statunitense, che è assolutamente il peggiore del mondo dal punto di vista ambientale.

Inoltre, “al momento, la maggior parte del petrolio proveniente dalle sabbie bituminose del Canada viene esportato solo verso gli Stati Uniti centrali, a causa della mancanza di infrastrutture di trasporto”. Questo fatto (la mancanza di “infrastrutture” di trasporto per spostare il petrolio verso i mercati internazionali) causa l’abbassamento non solo del prezzo che i Koch riescono a ottenere per il loro petrolio (dato che non può essere venduto internazionalmente), ma limita anche fortemente la quantità totale del petrolio che riescono a vendere (indipendentemente dal prezzo), perché il mercato locale degli Stati Uniti centrali è ridotto. Il Keystone XL, pertanto, aumenterebbe enormemente le vendite annuali di petrolio estratto dalle sabbie.

Oltretutto, se questo lurido petrolio non viene venduto rapidamente, non verrà venduto affatto, ed ecco perché, secondo quanto spiegato da nientemeno che l’Oil & Gas Sector Analyst alla maggiore banca mondiale (in termini di asset):

Dice, “Tra il 60 e l’80% delle attuali riserve di carburante fossile presenti sul mercato globale non possono essere consumate, se dobbiamo limitare l’aumento delle temperature globali a due gradi Celsius”, e questa è l’aumento della temperatura criticosecondo il 97% dei climatologi come punto di non ritorno verso un cambiamento climatico da evitare, se non si vuole una distruzione della biosfera del pianeta così come l’abbiamo sempre conosciuta.

Pertanto, il presidente USA Obama ha spinto aggressivamente affinché il petrolio da sabbie bituminose canadesi, posseduto in gran parte dai Koch, venisse ammesso all’interno del mercato europeo, al fine che una parte delle loro riserve di petrolio — ma anche di quelle di Exxon, ecc. — venissero vendute, prima che sia troppo tardi.

I frateli Koch sono considerati in genere i maggiori finanziatori del Partito Repubblicano negli USA. Il 5 gennaio 2012, il Washington Post intitolava “Coalizione politica sostenuta dai Koch, fatta per tutelare i donatori, ha raccolto 400 milioni di dollari nel 2012“, e Matea Gold ha riportato che “le risorse e l’ampiezza di questa organizzazione la rende qualcosa di singolare nella politica americana” e che “i suoi finanziatori restano ampiamente ignoti”. Tuttavia, un membro autodichiarato,

Jack Schuler, un imprenditore dell’assistenza sanitaria, è stato a uno degli incontri dei finanziatori dei Koch, a Beaver Creek, Colorado, molti anni fa, e ha contribuito con la somma di 100.000 dollari all’anno al loro sforzo. “Si presentano come dei tizi che stanno mettendo privatamente un sacco di soldi in questo progetto”, ha detto Schuler. “Hanno una parlata morbida, non urlano e non strepitano. Offrono una guida e uno staff — senza una tale struttura dietro, io non ce la farei da solo”.

Una gran parte dei 400 milioni di dollari sono andati alla campagna di Mitt Romney contro Barack Obama. Obama stesso sosteneva i Koch finanziariamente, eppure loro gli preferivano il candidato repubblicano.

I Koch hanno quindi già incassato il successo di Obama nel battere gli standard UE sulla qualità dei carburanti, perfino nel caso in cui il TTIP dovesse essere rifiutato. L’UE lo ha fatto senza nemmeno bisogno di intraprendere tutta la strada percorsa per mettere in atto il TTIP.

NOTA: Il titolo di questo articolo dice “A Dispetto della Schiacciante Contrarietà dell’Opinione Pubblica”, ma gli stessi sondaggi disponibili sul tema di questi accordi segreti sono manipolati. All’inizio i sondaggi chiedevano se le persone approvavano il “libero commercio”, o altre bizzarrie simili, e ovviamente i rispondenti dicevano di sì. Poi i sondaggi si sono semplicemente fermati, con l’idea che i trattati sul “commercio” siano popolari. Ma le enormi manifestazioni pubbliche, e tutto il resto, che da allora si scagliano contro questi trattati, hanno reso sempre più chiaro che, nella misura in cui l’opinione pubblica conosce effettivamente i trattati sul “commercio” proposti da Obama (specialmente in Europa, che non è così corrotta come gli USA, e dunque meno cittadini sono totalmente all’oscuro), essa si oppone fortemente, e potrebbe perfino rivoltarsi violentemente se questo fosse l’unico modo per impedire che il trattato venga approvato. Notizie come quelle che state leggendo sono state inviate a tutti gli organi di informazione occidentali, ma sono ben pochi quelli che le pubblicano. I più importanti gestori degli organi di informazione hanno partecipato direttamente ale commissioni che definivano questi trattati, e presumibilmente non sono molto contenti se i loro manoscritti vengono divulgati al pubblico in tempo perché questo possa impedire che entrino in vigore.

tratto da: (clicca qui)

 

2015.10.20 – CLAMOROSO! L’ESERCITO ASSALTA LA FED!

Posted by Presidenza on 20 Ottobre 2015
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Notizia in attesa di conferma….

 

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La cricca Khazariana è in fuga
dopo che i militari USA hanno rilevato la Federal Reserve Board

 

di Benjamin Fulford

 

L’esercito americano, sotto la nuova leadership del Comandante in capo dello Stato Maggiore generale dei Marines Joseph Dunford (subentrante al dimissionario Dempsey; ndt), è intervenuto con le armi in pugno per liberare il popolo degli Stati Uniti e il mondo.

2

 

Il generale Joseph Dunford – Nato a Boston nel 1955

 

 

 

Sotto il suo comando, i militari statunitensi hanno rimosso la fonte principale della mafia khazariana al potere, la Federal Reserve Board.

A conferma di ciò, andate a visitare la home page del consiglio di amministrazione della Federal Reserve, che non è più http://www.federalreserve.org, ma corrisponde ora a http://www.federalreserve.gov/ – vale a dire governativa.

I cinesi, in linea con questa mossa, annunciano il proprio metodo alternativo dei pagamenti internazionali SWIFT controllato dai khazariani.

Ciò significa che la loro presa di potere sul sistema del dollaro americano, al di fuori degli Stati Uniti, è avvenuta come previsto. L’implosione delle grandi banche mafiose khazariane è adesso solo una questione di tempo.

Inoltre, ci sono stati enormi movimenti militari in Medio Oriente miranti a rimuovere il governo khazariano Nazi-sionista di Benyamin Netanyahu in Israele, secondo fonti del Pentagono e della Russia.

Per facilitare l’epurazione di Putin dagli adoratori di Satana nazi-sionisti dal Medio Oriente, lo stesso Pentagono ha ritirato tutte le sue portaerei dal Golfo Persico.

http://www.presstv.ir/Detail/2015/10/10/432800/US-warship-Persian-Gulf

Il regime canaglia di Netanyahu ha solo aggiunto benzina sul fuoco la scorsa settimana, simulando un raid aereo statunitense contro le forze del governo siriano ad Aleppo, secondo altre fonti del Pentagono.

I russi non sono stati ingannati da questa manovra e hanno risposto con l’invio di missili e aerei da combattimento attraverso i cieli iraniani (con l’ovvio permesso dell’Iran) per attaccare bersagli multipli in Medio Oriente, uccidendo centinaia di soldati israeliani, sauditi e turchi che operano contro il diritto internazionale in Siria e in Iraq; hanno ancora detto fonti del Pentagono.

Il vero messaggio, naturalmente, è che l’esercito americano sia stato pronto a farsi da parte e a permettere ai russi di ripulire la babele in Medio Oriente.

Temendo per la sua vita e quella del suo regime, il re Salman dell’Arabia Saudita si è fatto ricoverare in ospedale rivendicando il grave morbo di Alzheimer mentre suo figlio, il vero potere, Ministro della Difesa e principe ereditario, è volato in Russia, dove, secondo il Pentagono e informazioni russe ha offerto la resa del suo regime.

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Il Principe Mohammed bin Salman

 

 

 

Per addolcire la pillola, Salman ha offerto di rimborsare il pagamento effettuato dal Cremlino per le due Mistral francesi portaelicotteri, che l’Egitto ora sta acquistando, dopo che la Francia è stata costretta ad annullarne la consegna alla Russia.

I sovietici hanno convenuto con i sauditi che una sorta di “soluzione politica” fosse necessaria, compresa la fine del falso califfato terrorista ISIS.

Tuttavia, insieme ai cinesi, ai russi e agli iraniani, supportare le forze yemenite, impadronendosi dei campi petroliferi-chiave dei sauditi, evidenzia sempre più come questa “soluzione politica” consista nell’abdicazione di quell’odiosa famiglia pseudo-musulmana, e nella sua cessione dal controllo delle terre sante locali in cambio della propria vita.

Forse una pensione confortevole in Costa Azzurra potrebbe essere organizzata… Sarebbe senza dubbio preferibile alla decapitazione che molti di loro meritano e che certuni sicuramente avranno.

L’altro autocrate medio-orientale che si trova in un profondo stato di paura è il presidente turco Erdogan. Il Pentagono sta ritirando tutte le sue forze e le difese anti-missile dalla Turchia come parte del suo disimpegno generale nella regione.

Le uniche cose che mantiene, e che continueranno ad arrivare, sono le forniture regolari di benzina per i loro motori militari ad alto consumo.

Erdogan è stato sorpreso a bombardare i curdi nel suo paese, a rubare infrastrutture industriali alla Siria, ad operare con Israele e, in generale, ad essere un fautore di agitazioni antisociali.

Come conseguenza, gli oleodotti Rothschild che veicolano petrolio siriano ed iracheno rubato attraverso la Turchia vengono deviati dai russi e dai curdi.

Il blocco del flusso monetario medio orientale dovuto all’oro nero sta per essere l’ultimo chiodo nella bara per le molte mega-banche criminali che sono sopravvissute grazie ai petrodollari.

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Questo è uno dei motivi principali per cui il FMI, l’ONU, la BRI, la Citibank, la Banca d’Inghilterra ed altri sono stati premonitori di una crisi finanziaria incombente.

La testa della piovra finanziaria Nazi-sionista viene adesso tagliata e ben presto i vari tentacoli si fermeranno dallo strangolare le loro vittime predestinate.

Con l’imminente rimozione dal potere dei suoi sponsor europei ed americani, il destino del regime Nazi-sionista di Netanyahu in Israele viene anch’esso ora praticamente sigillato.

Egli è stato costretto ad annullare la prevista visita in Germania perché la cancelliera Angela Merkel ed il governo tedesco gli hanno riferito di non avere più nessuna intenzione di fornirgli alcun tipo di sommergibile.

Il ricatto contro le case automobilistiche tedesche, come la Volkswagen, la Mercedes-Benz, ecc. ‒ per mezzo dello “scandalo delle emissioni” truccate ‒ è servito solo a rafforzare la determinazione teutonica a lavorare con i russi contro i loro aguzzini khazariani.

Il flusso di milioni di “rifugiati siriani”, molti dei quali addestrati come agenti sabotatori e non provenienti dalla Siria, ha allarmato numerosi tedeschi sensibili.

La Germania si prepara, se necessario, a ristampare i marchi e a migliorare i suoi rapporti con il governo cristiano di Putin in Russia.

Anche i francesi hanno gettato la spugna e non stanno più cooperando con la mafia khazariana, secondo l’Intelligence britannica MI5.

I cugini d’oltralpe hanno detto agli inglesi che sta attuandosi l’integrazione della UE con la Russia e nel caso essi risultassero contrari, dovrebbero abbandonare il progetto europeo, hanno riferito le fonti.

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In Estremo Oriente, nel frattempo, alcuni grandi cambiamenti stanno inoltre cominciando ad essere visti. La Cina e la Corea del Nord hanno messo una toppa alle loro divergenze.

L’annuncio da parte dei nord-coreani che avevano missili balistici nucleari inter-continentali in grado di colpire gli Stati Uniti e l’Europa era un segno che il Giappone e la penisola coreana non erano più soggetti al ricatto atomico dei Khazariani e al calo della loro collezione di governi schiavi; hanno riferito fonti nord-coreane e cinesi.

La CIA ha mandato un avvertimento alla Società del Drago Bianco che i Khazariani stavano cercando di provocare uno scandalo sulle emissioni di gas (simile a quello tedesco, ed altri ancora) a carico delle società giapponesi come la Mitsubishi, l’Honda, la Toyota, la Mazda ecc.

Questo, con lo scopo di costringere gli industriali nipponici a continuare la loro sottomissione. Ma qualsiasi tentativo fallirà perché il regime schiavo di Abe sta perdendo il sostegno dopo aver forzato l’accordo della Trans Pacific Partnership (TPP) tra la sua gente e l’industria.

Sebbene la TPP sia in gran parte il risultato di una complicata negoziazione tecnocratica e non avrà altro che un effetto minimo sull’economia reale, il fatto che sia avvenuto in segreto e abbia dato di nascosto dei poteri a selezionati tribunali corporativi sopra il governo giapponese, ha fatto arrabbiare i nazionalisti, qui.

In ogni caso, anche se il governo servile di Abe si aggrappasse al dominio, un’offensiva contro i suoi restanti padroni negli USA è ormai a buon punto. E sebbene la questione sia andata in stampa, i burattinai di Abe hanno contattato il WDS (Società del Drago Bianco; ndt) per negoziare un accordo di pace.

Nel frattempo, Papa Francesco dovrebbe presentarsi in Messico dove, pare, prenderà in cosiderazione l’annuncio di una guerra santa contro la mafia Khazariana ancora aggrappata al potere negli Stati Uniti e in alcuni paesi dell’America Latina, dicono fonti massoniche della P2.

L’ex presidente degli Stati Uniti, e a lungo termine Fuhrer Nazi-sionista, George Bush Senior ha mostrato la sua paura recentemente quando gli è stata posta una domanda sul segreto continuato del governo statunitense sugli UFO.

Bush ha risposto che “gli americani non possono trattare la verità”, prima che l’interrogatorio fosse fermato dagli organizzatori della campagna presidenziale per l’altro suo figlio Jeb.

http://worldnewsdailyreport.com/george-bush-senior-on-ufos-americans-cant-handle-the-truth/

6

 

 

George Bush Senior

 

 

Di quali verità non può parlare Bush Senior? Di quella che abbia fatto assassinare il presidente John F. Kennedy, Martin Luther King e migliaia d’altri? Che si sia appropriato dei fondi destinati alla gente di tutto il mondo e li abbia usati per ampliare il genocida Nuovo Ordine Mondiale?

Che lui e i suoi compagni Nazi-sionisti abbiano prodotto e diffuso malattie mortali come l’HIV, l’Ebola, l’influenza aviaria, la SARS ecc? Che abbia venduto i nostri segreti militari ai cinesi e ai nordcoreani?

E ancora, che la sua banda abbia ucciso quasi 3.000 persone l’11 settembre 2001 per mettere in scena un colpo di stato fascista? E che dire delle scie chimiche, del piano per i microchip alla gente, e via dicendo?

L’elenco potrebbe continuare ma, cerchiamo di affrontarlo sapendo che, come ha detto lo stesso Bush alla giornalista Sarah Mclendon nel 1992:

“Se mai il popolo americano scoprisse ciò che abbiamo fatto, ci inseguirebbe per strada e ci lincerebbe.”

L’esercito americano sotto il comando del generale Dunford ha compiuto un primo passo importante nella nazionalizzazione della Federal Reserve Board, ma molto di più deve essere fatto.

Perché ancora Obama sta raccontando pubblicamente bugie sulla Siria, sull’11 settembre, sull’Ucraina, sull’11 marzo 2011 (Fukushima; ndt) ecc? Perché l’esercito non ha iniziato gli arresti di massa dei noti criminali dietro la tragedia delle Torri gemelle, la frode di Wall Street, la massiccia politica di corruzione ed altro?

Come hanno sottolineato molti cittadini americani informati, e numerosi sono anche all’interno del Pentagono e delle agenzie governative, questo è alto tradimento e deve essere affrontato da uomini armati perché nessun altro ha il potere di far rispettare la Costituzione degli Stati Uniti e le leggi del paese.

Venga generale Dunford con i patrioti dell’esercito degli Stati Uniti; i libri di storia aspettano la sua decisione. Sarà un eroe dell’Umanità o finirà nel dimenticatoio della storia con una bocciatura? La gente di tutto il mondo è in attesa… e spera per il meglio.

tratto da: (clicca qui)

 

 

 

 

2015.10.20 – La Grande Truffa – 14° parte

Posted by Presidenza on 20 Ottobre 2015
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A grande richiesta proponiamo, a puntate, il libro “La Grande Truffa” di Paolo Maleddu, uno di noi, un grande uomo che per il suo coraggio, la sua lealtà e la sua voglia di verità si trova oggi sotto l’attacco duro e sleale dello Stato italiano, uno Stato burattino delle lobbies bancarie internazionali

 

 

 

 

 

Paolo MALEDDU: “Ho scritto questo libro per una incontenibile necessità di condividere con quante più persone possibile un insieme di informazioni nelle quali mi sono imbattuto, e che hanno gradualmente aperto davanti ai miei occhi una visione del tutto nuova della realtà del mondo nel quale viviamo.
Una realtà insospettata, spaventosa, nella quale siamo immersi ma che non riusciamo a vedere, perché confusa dietro una barriera di notizie ed immagini sapientemente filtrate, falsate o anche solamente ignorate.
Le notizie che non vengono divulgate sono le più importanti.
C’è un mondo reale nel quale gli eventi scorrono così come avvengono, lieti o dolorosi che siano, in un flusso continuo. E uno parallelo, virtuale, creato dalla rappresentazione che i media danno di questa successione di eventi.
Noi viviamo nel mondo virtuale che ogni giorno radio, giornali, televisioni e cinema costruiscono per noi. “Educati” sin dai primi anni di scuola ad essere prigionieri di verità ufficiali, ci è poi difficile accettare versioni diverse, scomode, che non rientrano nei nostri orizzonti.”
“Esistono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che si insegna “ad usum Delphini”, e la storia segreta, in cui si rinvengono le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

 

La Grande Truffa – dalla 1° alla 10°parte                        La Grande Truffa – 11°parte

La Grande Truffa – 12°parte                                         La Grande Truffa – 13°parte

 

 

 

 

 

L’emissione monetaria
LA GRANDE TRUFFA

Come gli usurai internazionali si impossessano
di tutta la ricchezza prodotta dalla popolazione mondiale
14° parte

 

…………….

Per gli abitanti del mondo virtuale, basta la versione ufficiale della “commissione Warren”, con pallottole che fanno miracoli e Lee Oswald assassino senza movente.
Curioso ma vero, tra i membri della commissione c’era un banchiere, John J. Mccloy, ex-presidente della Banca Mondiale e della Chase Manhattan Bank: non si capisce (si fa per dire . .) a che scopo e con quali competenze specifiche. Era stato nominato membro della commissione da Lyndon Johnson, il successore di Kennedy che appena preso potere impedì che si continuassero a stampare i biglietti di stato liberi da debito.

Perché, dunque, ci limitiamo a coniare le monetine?

Fa parte degli accordi di “spartizione” dettati dai banchieri, ne abbiamo parlato nell’ultima parte del primo capitolo; le monetine rappresentano solo il 3% del contante circolante, gli spiccioli, e servono alla costruzione della menzogna virtuale: il denaro viene emesso dallo Stato.
I banchieri preferiscono tenere per sé il ben più consistente signoraggio (la differenza tra costo di stampa e valore nominale stampato sulla cartamoneta), sull’intero ammontare delle banconote emesse e ancor di più su tutto il denaro scritturale.

Il signoraggio non è altro che il compimento della truffa. Le banconote stampate al costo di 30 centesimi l’una e vendute agli sprovveduti popoli europei al costo nominale impresso su di esse.
Il biglietto di maggior taglio preso in prestito da noi a 500 euro più interessi, consente al sistema europeo delle banche centrali di lucrare più di 499, 70 euro!

Una clamorosa conferma di ciò che stiamo dicendo viene dalle parole autorevoli in materia dell’olandese Wim Duisemberg, che precedette Trichet e Draghi alla presidenza della Banca Centrale Europea.
Quando il ministro Tremonti qualche anno fa fece la proposta di trasformare in banconote le monete da uno e due euro, adducendo come motivazione il fatto che sottoforma di monetine il valore dell’euro venisse in qualche modo sottostimato, Duisemberg gli fece notare che così facendo lo stato italiano avrebbe perso il guadagno derivante dal signoraggio del conio.

Il signoraggio ben più consistente sulla cartamoneta è appannaggio della Banca Centrale Europea, che se lo spartisce con le banche centrali dei paesi membri, a noi rimangono gli spiccioli del conio delle monetine.

più gli interessi, ci viene sottratto attraverso il prelievo fiscale e divorato dalle voraci fauci del sistema bancario.
Praticamente l’intero ammontare del valore delle banconote emesse Un enorme debito che ci perseguita da quando apriamo gli occhi per la prima volta, a quando li chiudiamo definitivamente. Senza essere stati capaci di “vedere” il terribile inganno nel corso di una intera vita.

Il signoraggio pagato sulla produzione del contante rappresenta però solo il 4 o 5 % del volume della truffa.
Se infatti consideriamo che il 95 o 96 % del denaro emesso è scritturale e nasce come credito con un input elettronico sul computer (ma ripagato da noi con denaro “vero”), possiamo farci una prima idea delle dimensioni della truffa portata avanti ai nostri danni.
Teniamo bene a mente che il denaro è solo il mezzo di scambio che ci consente l’accesso ai beni necessari, e che dovrebbe entrare in circolazione senza nessun costo a noi addebitabile.
È solo uno strumento, una misura del valore.

Il governo ci indebita a nostra insaputa per farci avere il mezzo di scambio che è già nostro e non dovremmo pagare.
Per facilitare il compimento della truffa, è necessario che il popolo non comprenda come funziona il sistema e abbia solo una vaga idea che il denaro provenga dalla Zecca di Stato, e che la Banca d’Italia sia degli italiani.
È chiaro il motivo per il quale deve essere mantenuta in piedi la messinscena virtuale?

La Banca d’Italia nasce con la legge 443 del 10 Agosto 1893.
Il presidente del consiglio in carica, Giovanni Giolitti, volle darle da subito una ampia autonomia dal potere politico, evitando che fosse il governo a nominarne i vertici, e strutturandola come una società anonima nella quale la nomina degli organi amministrativi e di controllo spettassero all’assemblea dei soci, non certo al governo italiano.

Con regio decreto 28 Aprile 1910, all’art. 1, fu data facoltà alla Banca d’Italia, al Banco di Napoli ed al Banco di Sicilia, di emettere banconote “pagabili al portatore ed a vista”.
Tra il 1926 ed il 1927 una serie di decreti legge lasciò alla sola Banca d’Italia la facoltà dell’emissione delle banconote, affidandole il ruolo di Banca Centrale.

L’autonomia dal potere politico venne definitivamente ratificata da alcuni altri decreti legge tra il 1936 e 1938, con le quali per la prima volta si qualificava la Banca d’Italia come “Istituto di diritto pubblico”, nonostante si mantenesse la sua organizzazione interna di società anonima con ripartizione di utili tra i partecipanti, e si confermava un grandissimo potere autonomo nella figura del governatore (eletto dal Consiglio Superiore della banca) che aveva facoltà di fissare la ragione del tasso di sconto e la misura dell’interesse sulle anticipazioni in conto corrente presso la Banca d’Italia.

Considerando che la carica di governatore non aveva limiti temporali se non per dimissioni o revoca decisa sempre dal proprio Consiglio Superiore, ci si può rendere conto dell’enorme potere di condizionamento della vita economica e finanziaria dello stato concentrata in una sola persona non eletta dai cittadini, non controllabile dalle istituzioni ed a capo di una anonima impresa privata che detiene il monopolio dell’emissione monetaria.

Il 7 febbraio 1992 poi il definitivo distacco dallo Stato, con l’attribuzione alla banca centrale della facoltà di disporre le variazioni del tasso di sconto senza neanche dover consultare il ministro del Tesoro, grazie all’opera di Guido Carli, ex-governatore della Banca d’Italia, al tempo alla guida del ministero del Tesoro.

Se prima ci doveva essere una approvazione, seppure meramente formale da parte dello Stato, a partire da quella data non è più necessaria. Tutto ciò naturalmente per preparare la cessione della sovranità monetaria al Sistema Europeo delle Banche Centrali (Sebc) con il trattato di Maastricht, gli accordi per il quale venivano firmati, inquietante coincidenza, nello stesso giorno:
7 Febbraio 1992.

Una manovra minuziosamente preparata e condotta in maniera subdola alle spalle di un disinformato popolo italiano. Ancora una volta, un banchiere prestato alla politica che continua a fare gli interessi dei suoi veri padroni.
Dall’anno della sua fondazione e sino al 2005, l’informazione sulla proprietà della Banca d’Italia è sempre stata piuttosto riservata.

Il popolo è abbastanza maturo per lavorare e sobbarcarsi un enorme prelievo fiscale, ma non per sapere chi siano i veri proprietari della banca centrale emittente la valuta nazionale.
Trasparenza democratica.

“Se democrazia vuol dire trasparenza, come sosteneva Norberto Bobbio nei suoi scritti, la democrazia è ancora molto lontana.”, (Falco Accame in “Bankenstein”, di Marco Saba).

Ora si conoscono, se non i proprietari reali, almeno i nomi degli istituti di credito che ne detengono le quote. Non certo perché siano stati costretti a venire allo scoperto da un intervento della magistratura o di qualche altro organo di stato, ma perché Famiglia Cristiana ed Il sole24ore hanno potuto risalire ad essi indagando e trovando quote del pacchetto azionario di Bankitalia nel capitale sociale delle varie banche.

L’art. 3 dello statuto della Banca d’Italia sancisce che la sua maggioranza debba essere pubblica, mentre non lo è.

È lecito quindi dubitare che dal momento della sua fondazione, oltre 110 anni, si trovi in uno status di illegalità tollerata da classe politica e magistratura.

O meglio, si trovava, perché recentemente le cose sono state “sistemate”.

In seguito allo scandalo nel 2005 delle intercettazioni telefoniche dell’ex-governatore Antonio Fazio e delle sue conseguenti dimissioni, il governo Berlusconi passava una riforma sul risparmio nella quale trovava spazio pure una nazionalizzazione di Bankitalia, con il passaggio ad enti pubblici delle quote possedute da banche private.

Questa eventualità non era per niente gradita ai banchieri internazionali, ed il 31 maggio 2006, Mario Draghi, governatore in carica proveniente da Goldman Sachs, in chiusura dell’assemblea dei partecipanti della banca, dava indicazioni che erano in effetti ordini: no alla graduale nazionalizzazione proposta.

Il 16 dicembre 2006, il nuovo governo guidato da un altro uomo di Goldman Sachs, Romano Prodi, dando, qualora ce ne fosse ancora bisogno, ampia dimostrazione di completa sudditanza verso il sistema bancario, cambiava l’art. 3 dello statuto della Banca d’Italia, annullando l’obbligatorietà della proprietà pubblica.
Tutto sistemato.

Invece di punire il reato, si modificano le regole, ed il reato cessa di sussistere.

E quella storia de “la legge è uguale per tutti”?

I reati sono punibili quando commessi da noi contribuenti, individui con pochi diritti e molti doveri ammassati in un popolo-gregge. Quando commessi dai potenti, si possono sempre “aggiustare”.
Tornano in mente le parole di Howard Zinn: le leggi sono imposte dai potenti a loro esclusivo vantaggio. Questa sistemata ne è una conferma clamorosa.

Chi fa le leggi, noi?

No, noi siamo artigiani, operai, impiegate, commesse.

Quanti elettricisti o casalinghe siedono oggi in parlamento?

Con il regio decreto del 1936 la Banca d’Italia riuscì a farsi denominare “Istituto di diritto pubblico”, nonostante rimanesse strutturata come una società anonima di capitali, ed ad imporre per statuto la non revocabilità del governatore da parte del potere politico.
Il governatore, che già con la facoltà di fissare il tasso di sconto del denaro si trova a gestire un potere enorme, diventa un intoccabile.

Nel 1981, con Beniamino Andreatta ministro del Tesoro e Carlo Azeglio Ciampi governatore di Bankitalia, si giunse a sancire il diritto di quest’ultima a non sottoscrivere i titoli di stato.
Dopo aver ceduto alla banca centrale il privilegio di battere moneta, i politici la liberano anche dall’obbligo di prestarcela. Lo Stato chiede e la Banca d’Italia ha facoltà di negare il prestito, confermando di non essere degli, ma piuttosto contro gli italiani.

La Banca d’Italia, non acquistando i buoni del Tesoro italiani alle aste primarie, smette di essere il prestatore di ultima istanza (la ragione stessa dell’esistenza di una banca centrale) dando in pasto l’Italia alle voraci fauci dell’Usura internazionale.

Per il popolo ignaro, costretto a chiedere in prestito a privati a tassi usurai il denaro che già gli appartiene, inizia il tormentone di un debito pubblico inestingubile che cresce a partire da quegli stessi anni in maniera esponenziale.

Dopo essere stati privati del nostro sangue, ci dobbiamo umiliare a chiederlo in prestito a tassi usurai a dei privati nonostante noi stessi potremmo produrne in abbondanza gratuitamente.

Un grazie ad Andreatta e a Ciampi per i servigi resi al popolo italiano.

Un distacco sempre più netto tra Banca d’Italia e istituzioni, culminato con la già ricordata legge 82 del 7 Febbraio 1992 che attribuiva alla Banca d’Italia la facoltà di stabilire il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il ministero del Tesoro.

Cioè noi tutti, lo stato italiano, dopo aver ceduto a dei banchieri privati il privilegio di emettere la nostra moneta appropriandosene e prestandocela ad interesse, concediamo loro pure la facoltà di fissare unilateralmente il costo del denaro.

Il debitore (noi, lo Stato) rinuncia al diritto di essere consultato e di poter trattare il prezzo al quale il creditore (la banca) gli presterà il denaro.

Che potere reale avrà un governo che non ha il controllo del costo del denaro?

Che possibilità avrà di programmare un piano economico se non sa quanto gli costerà il denaro che preferisce prendere in prestito?

Che senso ha eleggere democraticamente dei rappresentanti privi di potere che invece di servire il popolo si trasformano in meschini servi di potenti finanzieri internazionali?

Voi vi sentite rappresentati da questi uomini senza dignità o vedete una qualche parvenza di democrazia (potere del popolo) in tutto ciò?

Dell’approvazione di questa legge che consegnava definitivamente ad una banca privata la sovranità monetaria e di conseguenza anche la sovranità popolare, ma varata come una qualsiasi leggina di poca importanza in un ambiente di smobilitazione per lo scioglimento anticipato delle camere, dobbiamo ringraziare, come no, ancora una volta, un ex-governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, nelle vesti di ministro del Tesoro.

Le vesti cambiano, l’uomo è lo stesso: nei panni di rappresentante del popolo, stava facendo i nostri interessi o quelli dei banchieri?

Altri protagonisti da ringraziare: Gianni de Michelis, Ministro degli Esteri, Giulio Andreotti, Presidente del Consiglio, ed Azeglio Ciampi, controparte, Governatore della Banca d’Italia in carica e in procinto di diventare Presidente del Consiglio dei Ministri.

Vediamo di fare alcune considerazioni guidati solo dal buon senso comune.

I proprietari di Bankitalia vogliono mantenere l’anonimato, ci sono riusciti per oltre un secolo e ancora oggi noi non riusciamo ad intravedere fattezze umane dietro questa cortina fumogena formata da sigle ed astratte persone giuridiche (BNL, San Paolo, Imi, Unicredit, Capitalia, e così via).

Vogliono sicuramente farci credere che la loro banca sia nostra chiamandola appunto “d’Italia” e “Istituto di diritto pubblico”, ma appena si presenta l’occasione di nazionalizzarla lo impediscono con la complicità di tutta la classe politica, governo Prodi e opposizione di Berlusconi, sinistra e destra.

Perché?
L’anonimato ha senso solo quando si vuole nascondere qualcosa.

La segretezza, la società segreta, il segreto di stato, sanno molto di qualcosa di inconfessabile, di decisioni prese lontano dagli occhi del popolo sovrano, antitesi di democrazia.

“Il segreto serve essenzialmente per prevenire la democrazia. Occhio non vede, cuore non duole.”
Marco Saba nel suo “Bankenstein”

Cosa cercano di nasconderci?

Perché vogliono che noi crediamo che sia la” banca degli italiani” ma allo stesso tempo non vogliono mollare la presa su di essa?

Quali valori morali possono ispirare l’azione di questi banchieri senza volto che tentano in modo così subdolo di ingannarci spacciandosi per ciò che non sono, desiderosi di trovare una sorta di legittimazione con una identificazione solo formale con il popolo?

Cercano di non farci capire che, lungi dall’essere il popolo sovrano, somigliamo piuttosto a un gregge di pecore facilmente controllabile.

Con la cessione dell’emissione e proprietà della moneta a privati da parte dei nostri rappresentanti politici, alla Banca d’Italia prima, ed alla Banca Centrale Europea adesso, abbiamo perso la sovranità monetaria, e di conseguenza siamo stati costretti a cedere anche ciò che di per se è incedibile: la sovranità popolare.

L’art. 1 dello statuto della Banca d’Italia dice che “ … la Banca d’Italia e i componenti dei suoi organi … non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati.”

Quindi neanche il nostro governo può interferire.

Se noi (il nostro governo) non possiamo interferire nella gestione della moneta, lasciamo la nostra vita e il futuro dei nostri figli in mano di onnipotenti Usurai che non brillano certo per dirittura morale.

Per quanto riguarda l’altro inganno di aver fortemente voluto l’appellativo di “Istituto di diritto pubblico” da mettere bene in mostra subito dopo quello di Banca d’Italia, riporto alcune righe da “O la Banca o la Vita” di Marco Saba:

“..infatti, come ribadito anche dalla Cassazione, un ente viene definito pubblico quando, pur essendo privatizzato, ha un fine pubblico e un sistema di controlli pubblici. La Banca d’Italia risponde però a tali requisiti?
Sul fine pubblico nulla quaestio, trattandosi di un istituto di emissione; il problema sono i controlli da parte dello Stato, che nella sostanza non esistono”.

A seguire da “Euroschiavi” di Della Luna e Miclavez :

“Un punto di massimo interesse nell’ordinamento della Banca d’Italia è il principio di assoluta irresponsabilità del suo Governatore. Il Governatore della Banca d’Italia, di fatto e di diritto, è una sorta di gestore, di amministratore delegato di una s.p.a. privata. Ma, a differenza di tutti gli altri amministratori, non è responsabile delle proprie azioni e dei propri abusi. Di fatto, non viene nemmeno criticato per quelli che commette. È un intoccabile per lo Stato.
Così è avvenuto che nessuno ha chiamato il Governatore in carica nel 1992 a rendere conto del fatto che, nell’autunno di quell’anno, per sua propria decisione bruciò in due settimane inutilmente ben settantamila miliardi di Lire per ritardare di due settimane il crollo della Lira, quando si sapeva con certezza che la Lira stava per perdere ineluttabilmente circa il 25-30% sulle principali monete europee a causa del differenziale di svalutazione accumulato tra queste e la Lira italiana, nel corso di diversi anni, per i quali i rapporti di cambio tra le monete comunitarie erano stati bloccati, anche se le diverse monete si svalutavano a tassi molto diversi tra loro, sicchè la Lira aveva perso il 30% del potere d’acquisto rispetto al Marco tedesco. Eppure l’errore o abuso era clamoroso, e il danno per lo Stato è stato enorme e noi ne paghiamo ogni giorno le conseguenze di tasca nostra, mentre quei settantamila miliardi, denari dei contribuenti italiani, si trasferirono bellamente nelle tasche degli speculatori internazionali. Non solo nessuno lo chiamò a rispondere del suo operato, o anche solo a giustificarlo, fosse anche in sede politica, come si sarebbe fatto con un ministro che avesse cagionato un simile disastro nazionale: lo fecero superministro dell’economia, capo del governo e infine capo dello Stato”.

Gli autori non lo nominano, ma il personaggio in questione è Ciampi.

È una immagine diversa da quella stereotipata data dai servili media nazionali che ce lo hanno sempre presentato come un bonario padre di famiglia, il nonnino ideale per i nostri nipotini.

Vogliamo leggere cosa dice di lui Maurizio Blondet in un articolo (Abbiamo due Governi) del 2005 apparso sul suo giornale online www.effedieffe.com?

“In realtà abbiamo due governi.
Berlusconi viene accusato di essere l’artefice del “declino italiano” (effetto di incrostate ignoranze e provincialismi culturali e scientifici coltivati nell’ultimo mezzo secolo), e Ciampi va in India e in Cina ad invitare gli imprenditori italiani a investire là. Lo ringrazino i lavoratori italiani che perderanno il posto: in Cina la paga media ammonta a 1300 euro l’anno, quella si che è competitività.

Ciampi fa la sua politica, distinta e separata da quella di Berlusconi. Abbiamo un governo eletto, e un governo presidenziale autonomo, non eletto. Berlusconi è ampiamente criticato e spernacchiato dai grandi media nazionali. Ciampi è circondato solo da corale devozione. Si riportano con mistico rapimento le sue banalità, si esalta la sua “umanità”, si prendono per oro colato i suoi “paterni consigli”.

Nessuno, proprio nessuno, ricorda i danni che Ciampi ha ripetutamente fatto all’Italia durante la sua permanenza a Bankitalia e, peggio, come capo del governo sostenuto dalle sinistre. Ciampi ha dilapidato almeno 60 mila miliardi di lire (denaro nostro) in una “difesa della lira” stolta, incompetente e dissennata. Fu quando lo speculatore George Soros, utilizzando la leva dei derivati, attaccò insieme lira e sterlina: data la tecnica della manovra, qualunque economista capiva che Bankitalia non poteva farcela da sola. Il governatore (Ciampi) avrebbe dovuto fare una cosa: telefonare alle Banche Centrali d’Europa, Bundesbank e Banca di Francia, e chiedere il loro aiuto. Ad una risposta negativa, avrebbe dovuto immediatamente smettere di spendere soldi italiani per una difesa senza speranza. Per un atto di simile incompetenza, il Governatore della Banca Centrale tailandese finì addirittura sotto processo.

Ciampi come capo del governo fece alcune “privatizzazioni” che sarà bene ricordare. Per esempio, vendette un gioiello dell’Iri, con avanzatissima ricerca interna, leader mondiale di mercato nelle turbine a gas – la Nuova Pignone – agli americani. Più precisamente, al concorrente americano della Nuova Pignone. E per quanto? Per mille miliardi. Ora, bisogna sapere che in quel momento la Nuovo Pignone aveva in corso ordinativi per . . . mille miliardi. La ditta fu dunque regalata da Ciampi, cosi buono e umano, cosi pensoso dei destini degli italiani, al suo competitore Usa.
Ciampi chiuse l’azienda Enichem di Crotone che produceva fosforo, unica in Europa, perchè in quel momento – del tutto temporaneamente – sui mercati mondiali il fosforo costava meno di quello prodotto in Italia. Fu cosi chiusa una fabbrica che aveva dato a Crotone una classe operaia e tecnica, e aveva una perdita momentanea di pochi miliardi di lire (l’intera produzione valeva 12 miliardi annui, e dava lavoro a 5000 addetti). Poi il prezzo del fosforo si rialzò sui mercati mondiali, e ora dobbiamo comprarlo all’estero: pagandolo in dollari e non in lire o euro. Ma intanto Ciampi aveva dato il suo degno contributo al Meridione.

In compenso, Ciampi inaugurò in pompa magna il “modernissimo stabilimento della Fiat a Melfi”. Che non ha dato lavoro, essendo completamente robotizzato, e che la Fiat ha avuto gratis perché è stato lo Stato (i contribuenti) a pagarglielo, con 5 mila miliardi di lire.
La conclusione è una sola: come presidente, Ciampi non è competitivo. Il presidente americano costa molto meno (600 mila dollari l’anno), la Corte d’Inghilterra molto meno del Quirinale. Dovremmo prenderlo in parola, e assumere in sua vece un presidente cinese o indiano. Se Ciampi vuole davvero rendersi utile, si tagli lo stipendio presidenziale, che ammonta a parecchi miliardi di lire l’anno. Riduca i 5 mila dipendenti del Quirinale. Dimezzi lo stipendio al suo segretario preferito Gaetano Gifuni: da 2 miliardi a 1 miliardo annuo; di fame non morirà.”

Sarebbe interessante studiarsi gli avvenimenti che precedettero la fondazione della Banca d’Italia. In particolare lo scandalo di fine 1800 che coinvolse diverse banche, il trasferimento al nord, voluto da Cavour, di tutto “l’oro di Napoli”, qui inteso come metallo giallo, non certo come pasta e pizza, e dell’aggressione del pacifico Regno delle Due Sicilie, venduta per unità d’Italia.

Altra menzogna virtuale appresa sui banchi di scuola.

continua…..

 

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Paolo MALEDDU