venerdì 15 agosto 2014

LONDRA – Mentre in Italia i produttori di grana padano stanno perdendo una barca di soldi per via del blocco delle importazioni di prodotti agroalimentari imposto dal governo russo gli esportatori elvetici di formaggio sono subissati di chiamate dalla Russia e per questo devono ringraziare il governo svizzero che ha deciso di non imporre sanzioni alla Russia nonostante le pressioni dell’Unione Europea.

Ai confini della Russia, sarebbero già numerosi i camion carichi di generi alimentari rispediti indietro verso il continente e quindi per approvigionarsi i commercianti russi guardano con sempre maggiore insistenza alla Svizzera.

“Gli importatori russi stanno cercando di approvvigionarsi di quei formaggi, come Mozzarella, Goudam ed Edam che non possono più comprare dai Paesi europei”, ha spiegato Daniel Daetwyler, direttore generale di Intercheese, a Bloomberg. La sua azienda nel 2013 ha esportato 20 tonnellate di formaggio in Russia e quest’anno prevede di accrescere notevolmente i suoi volumi.

In totale l’anno scorso la Svizzera ha esportato 431 tonnellate di formaggio in Russia, una cifra che in questo 2014 sembra destinata ad esplodere. “Se dovesse rimanere l’embargo ci sarà un notevole incremento”, ha affermato sempre a Bloomberg Jacques Bourgeois, direttore dell’Unione degli agricoltori svizzeri. “La Svizzera tuttavia è una piccola regione e non è in grado di raddoppiare la propria produzione da un giorno all’altro.”

La Russia importa ogni anno 25 miliardi di dollari in prodotti oggi banditi, dei quali 9,5 miliardi arrivano dai Paesi finiti sulla lista nera di Putin, un grandissimo mercato, quindi, che si apre per i produttori svizzeri.

Per Andrey Danilenko, capo dell’Unione dei produttori di latte a Mosca, le importazioni dalla Svizzera dovrebbero salire molto insieme con quelle dalla Serbia, anche se buona parte del fabbisogno potrebbe arrivare dalla produzione interna.

“L’economia svizzera approfitterà dell’embargo” ha dichiarato dal canto suo David Escher, direttore della Swiss Cheese Marketing. “Chiaramente la Svizzera ha un vantaggio, potendo continuare ad esportare anche se  capirne la portata occorrerà ancora un po’ di tempo.”

E cosi’ mentre i produttori svizzeri si stanno leccando i baffi in Italia tutti gli operatori del comparto agroalimentare si stanno leccando le ferite grazie all’imbecillita’ e all’arroganza dei ministri del governo Renzi i quali stanno distruggendo un settore che e’ ancora il motore trainante del nostro paese.

Questo e’ chiaramente inaccettabile e per questo auspichiamo che tutti i produttori di formaggio che operano vicino al confine svizzero possano lasciare l’Italia e iniziare ad operare in territorio elvetico cosi’ da poter inziare a guadagnare e far capire alla nostra classe dirigente che questa situazione e’ insostenibile.

Fonte ticinonews.ch – che ringraziamo

GIUSEPPE DE SANTIS – Londra.

tratto da: (clicca qui)

2014.08.13 – COMUNICATO A TUTTI I SARDI

Posted by Presidenza on 13 Agosto 2014
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movimento

 

                                                                                         Aristanis, 13 agosto 2014

COMUNICATO A TUTTI I SARDI

 Ai simpatizzanti di Movimenti e Partiti, di stampo Identitario Nazionale.

Su Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu, a cui appartengo, non é (lo sottolineo e lo ribadisco) un Partito/movimento riconosciuto dalle norme di Diritto Italiano, ma l’apparato, l’organizzazione e/o l’embrione di quello Stato Sardo Sovrano (realtà possibile), costituitosi con le norme dettate dal Diritto Internazionale, per rappresentare l’intero popolo sardo.

Su Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu, nasce quindi in funzione dell’esistenza del Popolo Sardo, per rappresentarlo e difenderlo in tutte le sedi nazionali e internazionali, senza escludere nessuno.

Agisce nelle opportune Sedi Internazionali, denuncia le azioni che l’Italia SpA esercita quotidianamente contro il Popolo Sardo e il suo Territorio. Con l’intento di rafforzare tali Azioni e attività, vorrebbe stimolare nei vari Partiti/Movimenti di stampo Identitario Nazionale, un azione congiunta e condivisa, per denunciare a Livello Internazionale come i Diritti del Popolo Sardo vengano di fatto negati dalle pretese colonialiste dell’ ITALIA SpA, che considera il nostro territorio ottima preda per qualsiasi speculazione.

Appare chiaro che, come MLNS, non siamo in concorrenza con gli iscritti dei Partiti/movimenti sardi, che agiscono su di un altro piano e livello, ma portiamo avanti la Teoria del doppio Binario, uno che si confronta con le Burocrazie Italo-sarde che ci impediscono di godere dei nostri Diritti (con la partecipazione ad elezioni) e un’altro che vuol far conoscere tale situazione di Diritti Negati presso le Corti Internazionali, all’Onu ma anche a quei Governi che ammirano una lotta così impari ma anche determinata.
Crediamo che questi due binari debbano andare di pari passo, affinchè il Treno Sardegna abbia un cammino certo e la velocità sufficiente.

Siamo coscienti che bisogna sviluppare ogni azione che contenda allo Stato e che pretenda da esso: “NULLA PUO’ DECIDERSI IN SARDEGNA SENZA UN ACCORDO PREVENTIVO CON IL POPOLO SARDO”.
Tale Metodologia, poco amata e conosciuta dai politici sardo-italioti, deve svilupparsi di comune accordo tra tutti i rappresentanti del Popolo sardo
Crediamo che azioni come sa Manifestada abbiano un grande peso, ma da sole non bastano, a meno che non vi siano ulteriori complementi.

Sa Manifestada certamente rappresenta le ambasce di tutto il Popolo sardo, quel popolo colonizzato (di cui facciamo parte) al quale l’Italia SpA fa la guerra l’anno intero, con tutte le armi possibili e immaginabili, senza interessarsi di quanto può succedere alla gente residente in quei territori.

Il Problema é molto grave ma non si risolve con il primo binario (tornate elettorali e quant’altro), ma con il secondo che prevede determinate azioni di denuncia di fronte all’ONU e alle Corti Internazionali (il MLNS ha il riconoscimento per farlo).

Non ci interessa la visibilità ma gli Obiettivi e i risultati. La visibilità Politico-elettorale-televisiva la lasciamo a chi continua a pensare che vi sia un unico percorso, quello che finora non ha prodotto alcun risultato utile. Si vorrebbe, pertanto, anche sviluppare il secondo binario, ma intendiamo farlo ai vari livelli, anche con tutti quanti i sardi-sardi che fanno parte di Partiti/Movimenti di Stampo Identitario Nazionale.

Paulu Biancu (Capo Dip. Economia GSP)

2014.08.13 – COMUNICATO A TUTTI I SARDI

2014.08.10 – Vogliono mangiarsi la Russia, piani di guerra in autunno

Posted by Presidenza on 10 Agosto 2014
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Chiaramente la propaganda mediatica occidentale cerca di demonizzare Putin ma la gente oramai ha capito che al mondo la più grande organizzazione terrorista si chiama Stati Uniti d’America !

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Lo status quo post guerra fredda nell’Europa dell’Est, per non parlare di quella occidentale, è morto: «Per la plutocrazia occidentale, quello 0,00001% all’apice, i veri Signori dell’Universo, la Russia è il premio finale», scrive Pepe Escobar. «Un immenso tesoro di risorse naturali, foreste, acque cristalline, minerali, petrolio e gas: abbastanza per portare ad uno stato di estasi qualsiasi gioco di guerra Nsa-Cia owelliano-panottico». Domanda: «Come prendere al volo e approfittarsi di un bottino tanto succulento?». Qui entra in gioco la “globopolizia” Nato. Sul punto di vedere la sua retroguardia impietosamente maltrattata da un pugno di guerriglieri di montagna armati di Kalashnikov, l’Alleanza Atlantica si sta velocemente voltando – lo stesso vecchio schema Mackinder-Brzezinsky – verso la Russia. La road map, avverte il giornalista di “Asia Times”, verrà preparata al summit dei primi di settembre in Galles. Gli Usa vanno “a caccia di orsi”, ma la pazienza dell’orso russo non è infinita: sostenuto dalla Cina, prima o poi Putin sarà costretto a reagire. E saranno guai per tutti.

Semplicemente incredibile, rileva Escobar in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”, la vicenda del volo Mh17 della Malaysia Airlines abbattuto da un caccia di Kiev nei cieli dell’Est Ucraina: a inchiodare i golpisti ucraini sostenuti dalla Nato, le testimonianze di un osservatore canadese dell’Ocse e di un pilota tedesco. «Tutto punta ad un cannone da 30 millimetri di un Su-25 ucraino che fa fuoco sulla cabina di pilotaggio dell’Mh17, causando una decompressione istantanea e lo schianto». Nessun razzo, dunque, men che meno il missile aria-aria evocato nelle «prime, frenetiche dichiarazioni statunitensi». In più, le nuove versioni collimano con le testimonianze oculari in loco registrate dalla Bbc in un reportage «notoriamente “scomparso”». Conclusione: incidente pianificato dagli Usa e messo in atto da Kiev per incolpare Mosca. «Ci si può solo lontanamente immaginare il terremoto geopolitico se il “false flag” fosse reso di pubblico dominio».

Nebbia, ovviamente, sulle indagini: la Malesia ha consegnato i registratori dell’Mh17 al Regno Unito, «quindi alla Nato, quindi alle manipolazioni della Cia», mentre il volo Air Algerie Ah5017, precipitato dopo l’Mh17, è già stato chiarito grazie a un’indagine prontamente divulgata. «Sorge spontanea la domanda sul perché ci sta volendo così tanto per analizzare/manipolare le scatole nere dell’Mh17». Fare chiarezza ostacolerebbe il gioco sporco delle sanzioni: «La Russia resta colpevole – senza alcuna prova – quindi deve essere punita». L’Ue? «Ha seguito servilmente la voce del padrone e ha adottato tutte le sanzioni estreme contro la Russia». Mosca avrà accesso ridotto ai mercati in dollari ed euro, e alle banche di Stato russe sarà proibito vendere azioni o bond in Occidente. Ma ci sono scappatoie decisive: Sberbank, la più grande banca russa, non è stata sanzionata. Nel medio-breve termine, la Russia dovrà finanziarsi da sola? «Le banche cinesi possono facilmente rimpiazzare quel tipo di prestiti».

E’ ormai strategica la partnership con Pechino. «Come se Mosca avesse bisogno di altri avvertimenti che l’unico modo per farcela è abbandonare sempre più il sistema dollaro». Gli Stati dell’Ue ne soffriranno molto, continua Escobar: Bp ha una partecipazione del 20% nella Rosneft, e per la cronaca «sta già dando di matto». Anche Exxon Mobil, la Statoil norvegese e la Shell saranno penalizzate. Le sanzioni non toccano l’industria del gas: se così fosse stato, «la stupidità controproducente dell’Ue sarebbe schizzata a livelli galattici». La Polonia, «che istericamente incolpa la Russia per qualsiasi cosa accada», compra da essa più dell’80% del gas, e «le non meno isteriche Repubbliche Baltiche, così come la Finlandia, il 100%». Il veto sui prodotti a doppio uso – militare e civile – creeranno invece problemi alla Germania, il maggior esportatore dell’Ue verso la Russia. Nel ramo della difesa saranno Francia e Regno Unito a soffrire: quest’ultimo ha almeno 200 contratti di vendita di armi e controlli per il lancio di missili in Russia; tuttavia la vendita da 1,2 miliardi di euro (1,6 miliardi di dollari) di navi d’assalto “Mistral” alla Russia da parte della Francia continuerà a procedere.

Il consigliere economico di Putin, Sergei Glazyev, sostiene che l’economia europea dovrebbe stare veramente attenta nel proteggere i propri interessi, mentre gli Usa cercano di «scatenare una guerra in Europa e una Guerra Fredda contro la Russia». Conclusione: «Settori chiave della plutocrazia occidentale vogliono una continua e indefinita guerra con la Russia». Il piano-A della Nato, aggiunge Escobar, prevede di impiantare batterie di missili in Ucraina: «Se dovesse accadere, per Mosca la linea rossa verrebbe oltrepassata di parecchio», visto che a quel punto «si darebbe la possibilità di un primo attacco ai confini russi occidentali». Nel frattempo, Washington punta a isolare dalla Russia i separatisti dell’Est Ucraina. «Ciò implica finanziare direttamente e massivamente Kiev e parallelamente costruire e armare, per mezzo di consiglieri statunitensi già sul posto, una enorme armata (circa 500.000 entro la fine dell’anno, secondo le proiezioni di Glazyev)». Lo scacco matto: rinchiudere i federalisti in una minuscola area. Per il presidente ucraino Petro Poroshenko, dovrebbe accadere entro settembre, alla peggio entro la fine del 2014.

«Negli Stati Uniti e in gran parte dell’Ue, si è sviluppata una mostruosa caricatura che rappresenta Putin come il nuovo Osama Bin Laden stalinista», scrive Escobar. «Fino ad ora la sua strategia sull’Ucraina si è basata sulla pazienza», cioè «stare a guardare le gang di Kiev suicidarsi mentre si tentava di sedersi civilmente con l’Ue per trovare una soluzione politica». Ora però ci potremmo trovare di fronte a una variabile che cambia i giochi, perché «l’ammassarsi di prove, che Glazyev e l’intelligence russa stanno fornendo a Putin, indicano l’Ucraina come campo di battaglia, come una spinta ad un cambio di regime a Mosca, verso una Russia destabilizzata». Si avvicina dunque la possibilità di «una provocazione definitiva». Geopolitica mondiale: «Mosca, alleata con i Brics, sta lavorando attivamente per bypassare il dollaro – che rappresenta il punto di riferimento di una economia di guerra statunitense basata sulla stampa di inutili pezzi di carta verde. I progressi sono lenti ma tangibili: non solo i Brics, ma anche gli aspiranti Brics, i G-77, il Movimento Non Allineato e tutto il Sud del mondo ne hanno piene le tasche dell’eterno bullismo dell’Impero del Caos e vogliono un nuovo paradigma nelle relazioni internazionali».

Gli Usa contano sulla Nato – che manipolano a loro piacimento – e sul “cane pazzo” Israele, e forse sul Ggg (Consiglio di Cooperazione del Golfo), le petro-monarchie sunnite complici nel massacro di Gaza, che possono essere comprate e messe a tacere «con uno schiaffo sul polso». A Mosca, i nervi sono stati messi a dura prova: «La tentazione per Putin di invadere l’Ucraina dell’Est in 24 ore e ridurre in polvere le milizie di Kiev deve essere stata sovrumana. Specialmente con la crescente escalation di follia: missili in Polonia e presto in Ucraina, bombardamenti indiscriminati di civili nel Donbass, la tragedia dell’Mh17, l’isterica demonizzazione da parte dell’Occidente». Moltissima pazienza, finora, da parte dell’“orso” russo – pazienza non illimitata, però. «Putin è programmato per giocare la partita a lungo termine. La finestra per un attacco-lampo ormai s’è chiusa: quella mossa di kung fu avrebbe fermato la Nato con un fatto compiuto e la pulizia etnica di 8 milioni di russi e russofoni nel Donbass non sarebbe mai iniziata». Putin, però, non “invaderà” l’Ucraina: sa che «l’opinione pubblica russa non vuole che lo faccia».

Mosca, aggiunge Escobar, continuerà a sostenere quello che si configura come un movimento di resistenza de facto nel Donbass: tra due mesi al massimo, «l’inverno inizierà ad imporsi in quelle lande ucraine distrutte e saccheggiate dal Fmi». Il piano di pace russo-tedesco da poco trapelato, continua l’analista di “Asia Times”, potrà essere sviluppato «sul cadavere di Washington». Ecco perché questo nuovo “Grande Gioco” promosso dagli Usa punta a prevenire un’integrazione delle economie di Ue e Russia attraverso la Germania, «che diverrebbe parte di una più estesa integrazione eurasiatica che includa la Cina e la sua moltitudine di vie della seta». Se i commerci della Russia con l’Europa – circa 410 miliardi di dollari nel 2013 – stanno per ricevere un colpo a causa delle sanzioni, ciò implica un movimento che spinga ad Est. Il che comporta un aggiustamento del progetto di Unione Economica Eurasiatica, o una Grande Europa da Lisbona a Vladivostock, «l’idea iniziale di Putin», in tandem coi cinesi. «Tradotto, sta a significare una forte partnership Cina-Russia nel cuore dell’Eurasia – una terrificante maledizione per i Padroni dell’Universo».

Non si sbaglia, la partnership strategica Cina-Russia continuerà a svilupparsi velocemente – con Pechino in simbiosi con le immense risorse naturali e tecnologico-militari di Mosca. Per non menzionare i benefici a livello strategico, aggiunge Escobar: «Una cosa del genere non accadeva dai tempi di Genghis Khan. Ma in questo caso, Xi Jinping non sta arruolando un Khan per sottomettere la Siberia ed oltre». Attenzione: «La guerra fredda 2.0 è ormai inevitabile perché l’Impero del Caos non accetterà mai che la Russia abbia una sfera di influenza in zone dell’Eurasia (come non accetta che ce l’abbia la Cina). Non accetterà mai la Russia come un partner paritario (l’eccezionalismo non ha eguali) e non perdonerà mai la Russia – come la Cina – per aver apertamente sfidato il cigolante e eccezionalista ordine imposto dagli Stati Uniti». Per cui, «se il Dipartimento di Stato Usa, guidato da quelle nullità che passano per leader, nella disperazione, andasse un passo troppo avanti – potrebbe avvenire un genocidio nel Donbass, un attacco della Nato in Crimea o, nel peggiore dei casi, un attacco alla Russia stessa – attenzione: l’orso colpirà».

Lo status quo post guerra fredda nell’Europa dell’Est, per non parlare di quella occidentale, è morto: «Per la plutocrazia occidentale, quello 0,00001% all’apice, i veri Signori dell’Universo, la Russia è il premio finale», scrive Pepe Escobar. «Un immenso tesoro di risorse naturali, foreste, acque cristalline, minerali, petrolio e gas: abbastanza per portare ad uno stato di estasi qualsiasi gioco di guerra Nsa-Cia owelliano-panottico». Domanda: «Come prendere al volo e approfittarsi di un bottino tanto succulento?». Qui entra in gioco la “globopolizia” Nato. Sul punto di vedere la sua retroguardia impietosamente maltrattata da un pugno di guerriglieri di montagna armati di Kalashnikov, l’Alleanza Atlantica si sta velocemente voltando – lo stesso vecchio schema Mackinder-Brzezinsky – verso la Russia. La road map, avverte il giornalista di “Asia Times”, verrà preparata al summit dei primi di settembre in Galles. Gli Usa vanno “a caccia di orsi”, ma la pazienza dell’orso russo non è infinita: sostenuto dalla Cina, prima o poi Putin sarà costretto a reagire. E saranno guai per tutti.

Pepe Escobar

Semplicemente incredibile, rileva Escobar in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”, la vicenda del volo Mh17 della Malaysia Airlines abbattuto da un caccia di Kiev nei cieli dell’Est Ucraina: a inchiodare i golpisti ucraini sostenuti dalla Nato, le testimonianze di un osservatore canadese dell’Ocse e di un pilota tedesco. «Tutto punta ad un cannone da 30 millimetri di un Su-25 ucraino che fa fuoco sulla cabina di pilotaggio dell’Mh17, causando una decompressione istantanea e lo schianto». Nessun razzo, dunque, men che meno il missile aria-aria evocato nelle «prime, frenetiche dichiarazioni statunitensi». In più, le nuove versioni collimano con le testimonianze oculari in loco registrate dalla Bbc in un reportage «notoriamente “scomparso”». Conclusione: incidente pianificato dagli Usa e messo in atto da Kiev per incolpare Mosca. «Ci si può solo lontanamente immaginare il terremoto geopolitico se il “false flag” fosse reso di pubblico dominio».

Nebbia, ovviamente, sulle indagini: la Malesia ha consegnato i registratori dell’Mh17 al Regno Unito, «quindi alla Nato, quindi alle manipolazioni della Cia», mentre il volo Air Algerie Ah5017, precipitato dopo l’Mh17, è già stato chiarito grazie a un’indagine prontamente divulgata. «Sorge spontanea la domanda sul perché ci sta volendo così tanto per analizzare/manipolare le scatole nere dell’Mh17». Fare chiarezza ostacolerebbe il gioco sporco delle sanzioni: «La Russia resta colpevole – senza alcuna prova – quindi deve essere punita». L’Ue? «Ha seguito servilmente la voce del padrone e ha adottato tutte le sanzioni estreme contro la Russia». Mosca avrà accesso ridotto ai mercati in dollari ed euro, e alle banche di Stato russe sarà proibito vendere azioni o bond in Occidente. Ma ci sono scappatoie decisive: Sberbank, la più grande banca russa, non è stata sanzionata. Nel medio-breve termine, la Russia dovrà finanziarsi da sola? «Le banche cinesi possono facilmente rimpiazzare quel tipo di prestiti».

I resti del jet malese abbattuto da un caccia di Kiev

E’ ormai strategica la partnership con Pechino. «Come se Mosca avesse bisogno di altri avvertimenti che l’unico modo per farcela è abbandonare sempre più il sistema dollaro». Gli Stati dell’Ue ne soffriranno molto, continua Escobar: Bp ha una partecipazione del 20% nella Rosneft, e per la cronaca «sta già dando di matto». Anche Exxon Mobil, la Statoil norvegese e la Shell saranno penalizzate. Le sanzioni non toccano l’industria del gas: se così fosse stato, «la stupidità controproducente dell’Ue sarebbe schizzata a livelli galattici». La Polonia, «che istericamente incolpa la Russia per qualsiasi cosa accada», compra da essa più dell’80% del gas, e «le non meno isteriche Repubbliche Baltiche, così come la Finlandia, il 100%». Il veto sui prodotti a doppio uso – militare e civile – creeranno invece problemi alla Germania, il maggior esportatore dell’Ue verso la Russia. Nel ramo della difesa saranno Francia e Regno Unito a soffrire: quest’ultimo ha almeno 200 contratti di vendita di armi e controlli per il lancio di missili in Russia; tuttavia la vendita da 1,2 miliardi di euro (1,6 miliardi di dollari) di navi d’assalto “Mistral” alla Russia da parte della Francia continuerà a procedere.

Il consigliere economico di Putin, Sergej Glazyev, sostiene che l’economia europea dovrebbe stare veramente attenta nel proteggere i propri interessi, mentre gli Usa cercano di «scatenare una guerra in Europa e una Guerra Fredda contro la Russia». Conclusione: «Settori chiave della plutocrazia occidentale vogliono una continua e indefinita guerra con la Russia». Il piano-A della Nato, aggiunge Escobar, prevede di impiantare batterie di missili in Ucraina: «Se dovesse accadere, per Mosca la linea rossa verrebbe oltrepassata di parecchio», visto che a quel punto «si darebbe la possibilità di un primo attacco ai confini russi occidentali». Nel frattempo, Washington punta a isolare dalla Russia i separatisti dell’Est Ucraina. «Ciò implica finanziare direttamente e massivamente Kiev e parallelamente costruire e armare, per mezzo di consiglieri statunitensi già sul posto, una enorme armata (circa 500.000 entro la fine dell’anno, secondo le proiezioni di Glazyev)». Lo scacco matto: rinchiudere i federalisti in una minuscola area. Per il presidente ucraino Petro Poroshenko, dovrebbe accadere entro settembre, alla peggio entro la fine del 2014.

Sergej Glazyev

«Negli Stati Uniti e in gran parte dell’Ue, si è sviluppata una mostruosa caricatura che rappresenta Putin come il nuovo Osama Bin Laden stalinista», scrive Escobar. «Fino ad ora la sua strategia sull’Ucraina si è basata sulla pazienza», cioè «stare a guardare le gang di Kiev suicidarsi mentre si tentava di sedersi civilmente con l’Ue per trovare una soluzione politica». Ora però ci potremmo trovare di fronte a una variabile che cambia i giochi, perché «l’ammassarsi di prove, che Glazyev e l’intelligence russa stanno fornendo a Putin, indicano l’Ucraina come campo di battaglia, come una spinta ad un cambio di regime a Mosca, verso una Russia destabilizzata». Si avvicina dunque la possibilità di «una provocazione definitiva». Geopolitica mondiale: «Mosca, alleata con i Brics, sta lavorando attivamente per bypassare il dollaro – che rappresenta il punto di riferimento di una economia di guerra statunitense basata sulla stampa di inutili pezzi di carta verde. I progressi sono lenti ma tangibili: non solo i Brics, ma anche gli aspiranti Brics, i G-77, il Movimento Non Allineato e tutto il Sud del mondo ne hanno piene le tasche dell’eterno bullismo dell’Impero del Caos e vogliono un nuovo paradigma nelle relazioni internazionali».

Gli Usa contano sulla Nato – che manipolano a loro piacimento – e sul “cane pazzo” Israele, e forse sul Ggg (Consiglio di Cooperazione del Golfo), le petro-monarchie sunnite complici nel massacro di Gaza, che possono essere comprate e messe a tacere «con uno schiaffo sul polso». A Mosca, i nervi sono stati messi a dura prova: «La tentazione per Putin di invadere l’Ucraina dell’Est in 24 ore e ridurre in polvere le milizie di Kiev deve essere stata sovrumana. Specialmente con la crescente escalation di follia: missili in Polonia e presto in Ucraina, bombardamenti indiscriminati di civili nel Donbass, la tragedia dell’Mh17, l’isterica demonizzazione da parte dell’Occidente». Moltissima pazienza, finora, da parte dell’“orso” russo – pazienza non illimitata, però. «Putin è programmato per giocare la partita a lungo termine. La finestra per un attacco-lampo ormai s’è chiusa: quella mossa di kung fu avrebbe fermato la Nato con un fatto compiuto e la pulizia etnica di 8 milioni di russi e russofoni nel Donbass non sarebbe mai iniziata». Putin, però, non “invaderà” l’Ucraina: sa che «l’opinione pubblica russa non vuole che lo faccia».

Mosca, aggiunge Escobar, continuerà a sostenere quello che si configura come un movimento di resistenza de facto nel Donbass: tra due mesi al massimo, «l’inverno inizierà ad imporsi in quelle lande ucraine distrutte e saccheggiate dal Fmi». Il piano di pace russo-tedesco da poco trapelato, continua l’analista di “Asia Times”, potrà essere sviluppato «sul cadavere di Washington». Ecco perché questo nuovo “Grande Gioco” promosso dagli Usa punta a prevenire un’integrazione delle economie di Ue e Russia attraverso la Germania, «che diverrebbe parte di una più estesa integrazione eurasiatica che includa la Cina e la sua moltitudine di vie della seta». Se i commerci della Russia con l’Europa – circa 410 miliardi di dollari nel 2013 – stanno per ricevere un colpo a causa delle sanzioni, ciò implica un movimento che spinga ad Est. Il che comporta un aggiustamento del progetto di Unione Economica Eurasiatica, o una Grande Europa da Lisbona a Vladivostock, «l’idea iniziale di Putin», in tandem coi cinesi. «Tradotto, sta a significare una forte partnership Cina-Russia nel cuore dell’Eurasia – una terrificante maledizione per i Padroni dell’Universo».

Putin

Non si sbaglia, la partnership strategica Cina-Russia continuerà a svilupparsi velocemente – con Pechino in simbiosi con le immense risorse naturali e tecnologico-militari di Mosca. Per non menzionare i benefici a livello strategico, aggiunge Escobar: «Una cosa del genere non accadeva dai tempi di Genghis Khan. Ma in questo caso, Xi Jinping non sta arruolando un Khan per sottomettere la Siberia ed oltre». Attenzione: «La guerra fredda 2.0 è ormai inevitabile perché l’Impero del Caos non accetterà mai che la Russia abbia una sfera di influenza in zone dell’Eurasia (come non accetta che ce l’abbia la Cina). Non accetterà mai la Russia come un partner paritario (l’eccezionalismo non ha eguali) e non perdonerà mai la Russia – come la Cina – per aver apertamente sfidato il cigolante e eccezionalista ordine imposto dagli Stati Uniti». Per cui, «se il Dipartimento di Stato Usa, guidato da quelle nullità che passano per leader, nella disperazione, andasse un passo troppo avanti – potrebbe avvenire un genocidio nel Donbass, un attacco della Nato in Crimea o, nel peggiore dei casi, un attacco alla Russia stessa – attenzione: l’orso colpirà».

tratto da: (clicca qui)

2014.08.05 – COMUNICATO

Posted by Presidenza on 6 Agosto 2014
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movimento

 

 

 

 

 

 

COMUNICATO

 

05 agosto 2014

Nell’ intervento quì sotto, NOI del MLNS desideriamo informare l’Intero Popolo Sardo del come analizziamo l’odierna situazione della Sardegna.
L’intervento che postiamo ha l’obiettivo di far discutere tutti i Sardi, perché si possa trovare un’azione Comune che sia fuori dai soliti percorsi.

Il Documento é stato scritto dai seguenti organi del MLNS (Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu) :
(1) PRESIDENZA del GSP (Guvernu Sardu Provisoriu).
(2) Dipartimento di ECONOMIA e Sistemi di Produzione.
(3) Sub-Dipartimento di AGRICOLTURA

La Comunicazione é indirizzata a tutte le Forze IDENTITARIE Sarde che risiedono sull’Isola come a quelle de su DISTERRU:
” CREDIAMO fortemente che si renda indispensabile un’AZIONE di tutto il POPOLO SARDO per riconquistare l’intero SUO Territorio che, da troppo tempo, é costretto a soggiacere alle decisioni Politiche Romane.
PREMESSO che il MLNS – Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu – non è un Partito e/o un Movimento sardo con una sua specifica ideologia (costituito secondo le Leggi Italiane), ma deriva (come si può intuire dal seguito) dalle norme dettate dal Diritto Internazionale per detti ORGANI.

Infatti, l’MLNS si definisce come l’embrione, l’organizzazione e/o l’apparato di uno Stato in costruzione (STATO SARDO) che, nel pretendere la sua propria piena Indipendenza, PROPONE all’intero POPOLO SARDO un impegno comune e condiviso, diretto ad una lotta pacifica e legale per liberare il proprio territorio dalla Dominazione Coloniale Italiana che, pur con parvenze democratiche, da tempo immemore imperversa sulla nostra Isola, utilizzando il Territorio della “SARDIGNA” (cercare quale significato abbia questo termine sui Dizionari italiani) come discarica a cielo aperto, dove le leggi Statali permettono di buttare di tutto e di fare ciò che si vuole all’Ambiente, fregandosene dei suoi abitanti (SIAMO TUTTI NOI).

Il MLNS rimarca tramite il GSP, suo apparato tecnico – giuridico – politico – istituzionale, di essere il referente dell’intero Popolo Sardo (nelle sue varie espressioni politico-ideologiche e non solo) sul territorio isolano, e sottolinea come NOI siamo da sempre Maggioranza etnica conclamata e riconosciuta.

I Movimenti di Liberazione Nazionale hanno sofferto (per lungo tempo) di una loro giuridicità dubbia, ma nel corso degli anni la posizione dell’O.N.U. nei loro confronti si è abbastanza modificata:<Pur non godendo, secondo la Carta delle Nazioni Unite, di alcun beneficio né essendo soggetti ad alcun obbligo, alcuni di essi sono stati ammessi a partecipare come osservatori (cioè senza diritto di voto) ai lavori degli organi dell’O.N.U.>

Detto ciò, diventa indispensabile che il MLNS e tutte le forze IDENTITARIE Sarde, pur nella loro diversità di approccio politico alle tematiche della Sardegna, (che il MLNS considerata una nostra grande ricchezza), siano in grado di costruire assieme, con un’intesa forte, i due binari necessari al procedere del treno Sardegna verso il traguardo dell’Obiettivo Statuale, attraverso l’Istituto giuridico della Autodeterminazione dei Popoli.

Un recente Rapporto dell’Unesco (Doc. SHS- 89/CONF. 602/7, Parigi, 22.02.1990) definisce il popolo come:

1. Quel GRUPPO di esseri umani aventi in comune TUTTE o la quasi totalità delle seguenti caratteristiche:
* una tradizione storica comune;
* una identità razziale o etnica;
* una omogeneità culturale;
* una identità linguistica;
* affinità religiose o ideologiche;
* legami territoriali;
* una vita economica comune;

2. il GRUPPO, pur non numericamente considerevole (per esempio: popolazione dei micro stati), deve essere più che una semplice associazione di individui in seno ad uno stato;

3. il GRUPPO come tale deve desiderare di identificarsi come Popolo o avere coscienza di essere un Popolo (restando inteso che gruppi o membri dei gruppi, pur condividendo le caratteristiche sopra indicate, possono non avere questa volontà e/o questa coscienza).

4. il Gruppo, inoltre, deve avere Istituzioni o altri mezzi per esprimere le proprie caratteristiche comuni e il suo desiderio di identità”.
———————-
H. GROS ESPIELL, uno dei maggiori esperti in materia, definisce popolo “qualsiasi specifica comunità umana unita dalla coscienza e dalla volontà di costituire una unità capace d’agire in vista di un avvenire comune.
———————-
Dunque, DUE sono gli elementi fondamentali che fanno un popolo e lo distinguono da altri tipi di comunità umane, quali le minoranze etniche, linguistiche o culturali e quelle comunità che nei documenti delle Nazioni Unite vengono denominate popolazioni autoctone:
—-> a) l’esistenza di un comune patrimonio culturale;
—-> b) l’esistenza di un Comune Progetto di Futuro Politico, la cui realizzazione comporti l’esercizio del diritto all’autodeterminazione.

Affinché l’esercizio del diritto all’autodeterminazione sia legittimo, occorre che la comunità umana interessata abbia la natura di POPOLO e rispetti le seguenti condizioni:

1. FARE immediato e esplicito riferimento al Diritto internazionale per il rispetto dei diritti umani;
2. METTERSI subito sotto l’autorità sopranazionale dell’ONU e delle istituzioni regionali a esso coordinate;
3. NON USARE violenza, ma strumenti democratici: negoziato, elezioni, referendum, plebiscito, elezioni, (a seconda dei vari casi specifici);
4. RISPETTARE tutti i diritti umani, in particolare i diritti delle minoranze;
5. IMPEGNARSI che la eventuale nuova entità territoriale non sia armata;
6. DARSI una costituzione democratica che riconosca esplicitamente il primato naturale dei diritti umani;
7. ADERIRE subito ad un sistema di integrazione internazionale.
————–
Quindi, appare chiaro che si rende necessario un cammino comune condiviso, tra il MLNS e i vari partiti/movimenti identitari per creare i due binari, tutti e due egualmente importanti; UNO, il primo, che riguarda la battaglia politica quotidiana basata sulle decisioni delle Amministrazione Statali e Regionali ed un SECONDO, che si incentra nella costruzione di uno spazio proprio nelle Varie Sedi Internazionali, nelle quali il GSP (per poter contare di più, avere la migliore qualità e un più spedito procedere) necessita e ha sicuramente bisogno dell’apporto che i tanti professionisti dei vari partiti/movimenti identitari possono dare a livello istituzionale; si chiede, pertanto, a TUTTI di impegnarsi (assieme e anche dentro al GSP e nei suoi dipartimenti) per studiare di comune accordo e insieme Norme e Regole, che siano applicabili in futuro all’interno e nelle Relazioni estere del futuro Stato Sardo Sovrano.
—————–
La Sardegna è una Nazione OCCUPATA: basta pensare al dato principale dei 35.000 kmq. di terra, mare e cielo che lo Stato controlla a fronte di una superfice terrestre di 24.000 kmq. ma che, da millenni appartengono al POPOLO SARDO e a nessun’altro; si deve poi sottolineare il rapporto di 21:1 (ventuno a uno), ossia quel rapporto che dimostra come la Sardegna sia una Colonia d’oltremare dello Stato Italiano, che occupa in Sardegna un territorio 21 volte superiore a quello occupato in quelle che sono … SI’ … le Regioni Italiane, mentre la nostra ISOLA non appartiene minimamente al Contesto italiano.
Siamo da tanto tempo una Natzione Occupata da Forze Militari Straniere, sia dello Stato Italiano che della Nato, che credono che TUTTO sia loro lecito in TERRA SARDA.
Pallottole e armamenti di ogni tipo vengono usati sulle nostre teste, senza che nessuna voce si sia MAI alzata a descrivere lo scempio di decenni, dei costi in termini di vite umane e dei costi relativi all’ambiente che stiamo pagando solo NOI; nonostante l’esistenza di leggi internazionali per i siti SIC il nostro ambiente viene sacrificato ai più perversi interessi della cosiddetta GUERRA simulata, che ci toglie risorse e che limita di fatto le Nostre LIBERTA’ in casa nostra.
—————————————
Per cercar di cambiare le cose, diventa indispensabile muoverci insieme, come POPOLO SARDO, interpretaqndo ciascuno il proprio RUOLO: il MLNS, che non riconosce lo Stato Italiano, non partecipa ad elezioni ma, dal momento della sua Costituzione è accreditato presso l’ONU, al quale indirizza denunce circostanziate a livello Internazionale, ogniqualvolta esistano Diritti SARDI lesi che, ove fossero condivise anche dai partiti e Movimenti identitari sardi, avrebbero certamente un peso maggiore.
A loro volta, i Movimenti e i Partiti identitari potrebbero dare un appoggio a far crescere il numero di coloro che si sentono anagraficamente SARDI, e non ITALIANI, costruendo insieme quella strada che, se percorsa in modo intelligente e condiviso, potrà finalmente portare la SARDEGNA E IL POPOLO SARDO, ormai agonizzante ,alla sospirata libertà economico-politica, culturale e decisionale.

FORTZA PARIS

2014.08.05 – COMUNICATO

“Oggi, per questa casta politico-massonica unita corrotta e immorale il nuovo profetico Don Bosco dovrebbe essere ciascuno di noi! E specie quei cristiani autentici ed allergici al cappuccio, alla squadra e al compasso; nonché a qualsiasi forma di diabolico e meschino doppiogiochismo. Noi, dunque, i protagonisti del nostro tempo! Noi, uniti e – nel nome della fede comune e/o della giustizia senza confini e fedi – profeti di verità contro i rappresentanti di questa “politica” del genocidio serva dell’usura e dei suoi paladini. Serva dei camerieri dei banchieri (come diceva Ezra Pound) che come i ladri di Pisa di giorno fingono di litigare e di notte rubano uniti, confermando un diabolico sodalizio stretto e proteso al tradimento di ogni dignità umana e Divina.”

Domenica,  Agosto 3rd/ 2014

– di Sergio Basile 

Massoneria, Savoia e Legge Rattazzi: la Profetica Maledizione di Don Bosco del 1855; L’inquietante visione di Padre Pio: le rivelazioni di Gesù sull’adesione “all’infame setta della Massoneria” e sul  tradimento di numerosi sacerdoti e clericali

Quel che gli storici, liberali e socialisti, dimenticano…                                 

Torino, Roma, San Giovanni Rotondo – di Sergio Basile – Come ormai noto e sempre più chiaro grazie al provvidenziale scorrere del tempo e al diradarsi delle nebbie, il “Casato Savoia” ebbe un ruolo centrale sia nell’impoverimento del ricchissimo Mezzogiorno che nel golpe massonico-liberale perpetrato dal sionismo internazionale (specie anglo-americano e sovietico – vedi qui Dichiarazioni e Rivelazioni eccellenti di Sionisti doc) ai danni della Chiesa Cattolica di Roma, sfociato nella storica e “mitica” (o meglio fin troppo mitizzata) “Breccia di Porta Pia”. E ciò, malgrado la robusta propaganda contraria, specie liberale e socialista (o americanista e/o europeista che dir si voglia) che per decenni ha caratterizzato (e caratterizza ancora) l’insegnamento della storia negli istituti di scuola media inferiore e superiore e presso quei luoghi di formidabile indottrinamento e propaganda qual sono le “università” italiane. Il tutto avvenne, ovviamente – tanto per cambiare – sotto la sapiente regia della massoneria inglese e dei  banchieri ebrei Rothschild: onnipotenti registi delle rivoluzioni socialiste e liberali grazie alla truffa della moneta debito inaugurata con la nascita (1694) ed istituzionalizzazione  (1717) della Banca d’Inghilterra. Nello stesso anno nasceva – sempre a Londra: che combinazione!! – la Gran Loggia Madre di Inghilterra: due armi fenomenali verso la realizzazione della cosiddetta “Grande Opera” di dominio continentale e mondiale. Ma c’è un aspetto davvero curioso, quanto occultato dai libri di storia, sul quale quest’oggi vogliamo tornare, sia per onor di cronaca che per amor di giustizia: una storia che vi sorprenderà. Vediamo!

Il Golpe massonico-liberale e socialista                                                             

Nel 1855, cioè qualche anno prima che si concretizzasse la celeberrima unificazione d’Italia del 1861 (che si realizzò – è bene non scordarlo mai – sul sangue innocente di milioni di Italiani del Sud, allegramente massacrati – vedi il paradigma “Pontelandolfo” su tutti – vedi qui La Guerra e l’Occidente oltre il velo della propaganda mediatica – Da Pontelandolfo a Damasco) sotto il Regno di Vittorio Emanuele II, venne approvata una discussa quanto iniqua legge, ispirata dai grandi burattinai anglofoni di cui sopra, che passò alla storia come Legge Rattazzi. Essa, creò l’humus culturale ideale e funzionale a quella che sarebbe stata la Breccia di Porta Pia (20 Settembre 1870).

 La Legge Rattazzi                                                                                                       

La Legge Rattazzi comportò, tra lo sconcerto generale, la soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dei loro beni: sempre nel nome di una esasperata e illogica laicità sociale imperante, figlia della più pura dottrina “massonico-illuminata” ed “illuminista”. Anche se all’ora ciò avvenne in maniera meno subdola, senza cioè che nessuno parlasse di IMU o altre fesserie del genere. Ma un fatto avvenne! Un fatto straordinario! Un evento destinato ad entrare nella storia dal portone principale, malgrado gli storici soffrano ancora oggi di strane forme di amnesia. Don Bosco (al secolo San Giovanni Bosco) in quegli anni cupi e feroci (a ben vedere identici ai nostri, ma forse con qualche punto di disumanità in meno…) e poco prima dell’approvazione della legge in questione, fece due impressionanti profezie al re: rivelazioni afferenti al destino di Casa Savoia ed alle gravissime conseguenze che la sua condotta immorale avrebbe causato sulla stessa stirpe Savoia.

  Le Straordinarie Profezie di Don Bosco a Vittorio Emanuele II                

Come illustrato dallo scrittore Gianpaolo Barra,  nel dicembre del 1854, mentre in Parlamento la “Rattazzi” era in discussione, Don Bosco fece un sogno del quale informò tempestivamente il Re. Il Santo aveva sognato un bambino che nella visione aveva affidato allo stesso un messaggio tremendo che riportava quanto segue: “Una grande notizia! Annuncia gran funerale a corte!”. A distanza di giorni, vista l’incredulità del sovrano e la superficialità con la quale trattò Don Bosco, fu necessario un altro avvertimento, successivo ad un nuovo sogno. Il bambino questa volta rincarava la dose dipingendo il quadro con tinte ancora più fosche ed aggiungendo quanto segue: “Annunzia non gran funerale a corte, ma grandi funerali a corte!”. Don Bosco ammonì nuovamente il Re, invitandolo a non sfidare Dio e a non far approvare la legge. Ma Vittorio Emanuele II fu irremovibile rifiutandosi ancora di prestare ascolto alle parole di quel “prete pazzo” o quanto meno esaltato (Cfr.: I Sogni di Don Bosco – Ed.: Elledici, 1987; Cfr.: G. Barra “Don Bosco e la Persecuzione Risorgimentale”).

  La Morte della regina Madre e il Terzo Avvertimento                                 

Allora accade qualcosa di incredibile: Il 5 gennaio l855, mentre il disegno di legge era in Parlamento, giunse la notizia della fulminea malattia di Maria Teresa (madre del Re). Sette giorni dopo – all’età di 54 anni – la Regina madre morì. Ma non finì qui! E per cortesia non chiamatele coincidenze!. Il giorno dopo del funesto evento, infatti, la moglie di Vittorio Emanuele II, Maria Adelaide, al ritorno dal funerale si ammalò improvvisamente di metro-gastroenterite. Poche ore dopo il Re Vittorio Emanuele (II) ricevette un nuovo “segnale” da Don Bosco: si trattava di una nuova lettera. La terza. “Persona illuminata ab alto – recitava testualmente lo scritto – ha detto: Apri l’occhio! E’ già morto uno. Se la legge passa, accadranno gravi disgrazie nella tua famiglia. Questo non è che il preludio dei mali. Erunt mala super mala in domo tua (saranno mali su mali in casa tua). Se non recedi, aprirai un abisso che non potrai scandagliare”. (Don Giovanni Bosco)

  33 – La Morte della Regina Maria Adelaide e di Ferdinando di Savoia  

Bene, appena 4 giorni dopo il ricevimento di questa lettera sapete cosa accadde? La giovanissima Regina Maria Adelaide morì (20 gennaio l855). Quella stessa sera – come predetto da Don Bosco – Ferdinando di Savoia (fratello del Re)  si ammalò e morì dopo due settimane. Entrambi (sia Maria Adelaide, che Ferdinando) trapassarono all’età di soli 33 anni. Tuttavia neppure questi straordinari e funesti eventi servirono a raffreddare la diabolica testardaggine del Re. La legge Rattazzi fu approvata alla Camera circa un mese dopo (2 marzo 1855).

 Passa la “Rattazzi” in Senato – Muore Vittorio Emanuele Leopoldo        

Altra “coincidenza” (per usare un eufemismo…) capitò al momento dell’approvazione della legge in Senato: morì – tra lo sbigottimento generale – il piccolo Vittorio Emanuele Leopoldo, il figlio più giovane del Re. E il ricordo non può (e non poté) che andare al celebre passo biblico della morte del figlio del Faraone d’Egitto, sordo alle parole di Mosé, che gli chiedeva invano di liberare dalla schiavitù il suo popolo; nonché ai flagelli divini sull’Egitto. Analogia impressionante, non trovate?!  “La famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non giunge alla quarta generazione”. Così terminava la terribile profezia del Santo.

  La Soppressione delle Case Religiose e il Pentimento tardivo                   

Malgrado ciò, e malgrado la scomunica di Papa Pio IX  (che coinvolse tutti “gli autori, i fautori, gli esecutori della legge”) il Re firmò per la chiusura/soppressione di 334 case religiose. Il perdono di Pio IX giunse solo nel 1859, su richiesta di Vittorio Emanuele: si trattò evidentemente di un atto di clemenza di grandissima portata, visti gli sfaceli provocati!

  Corsi e Ricorsi storici… Dio non dimentica!                                                     

Ma la profezia di Don Bosco si realizzò fino in fondo: Vittorio Emanuele II morì di malaria a soli 58 anni (febbre curiosamente contratta a Roma, in occasione della Breccia di Porta Pia); Umberto I (suo successore, anch’egli massone) morì a 56 anni, per mano dell’anarchico Bresci. Vittorio Emanuele III (secondo successore) come noto, fuggì nel 1943. Il terzo  genito (Umberto II) fu esisliato all’indomani del contestatissimo ed ambiguo Referendum. Egli fu in carica solo per poche settimane. Dio, come vedete, realizzò le promesse fatte in sogno a Don Bosco. Certo, ripensando a questi fatti – ed alla storia attuale che molto somiglia in diversi aspetti agli  eventi raccontati – in una sorta di ricorso storico di vichiana memoria;  ripensando a questo tempo di falsità e attacchi senza precedenti a Dio, alle Nazioni sovrane e ai popoli, ci vorrebbe proprio un altro buon profeta per i nostri governanti! Ma d’altra parte – non dimentichiamolo – Dio libera sempre il suo popolo. La Scrittura insegna! E solo questione di fede e tempo…

 Noi tutti nuovi Don Bosco contro i “fratelli delle tenebre”                          

E forse (anzi di sicuro) oggi, per questa casta politico-massonica unita corrotta e immorale il nuovo profetico Don Bosco dovrebbe essere ciascuno di noi! E specie quei cristiani autentici ed allergici al cappuccio, alla squadra e al compasso; nonché a qualsiasi forma di diabolico e meschino doppiogiochismo. Noi, dunque, i protagonisti del nostro tempo! Noi, uniti e – nel nome della fede comune e/o della giustizia senza confini e fedi – profeti di verità contro i rappresentanti di questa “politica” del genocidio serva dell’usura e dei suoi paladini. Serva dei camerieri dei banchieri (come diceva Ezra Pound) che come i ladri di Pisa di giorno fingono di litigare e di notte rubano uniti, confermando un diabolico sodalizio stretto e proteso al tradimento di ogni dignità umana e Divina.

 Dio odia le mezze misure e i tentennamenti                                                     

La responsabilità di ciascun italiano di buona volontà e votato alla giustizia è tanta!  D’altronde chi tace acconsente! E Dio odia le mezze misure e i tentennamenti, come ci insegna lo stesso Libro dell’Apocalisse, che ci mette in guardia su questo tempo.

“Queste cose dice l’Amen, il testimone fedele e verace,

il principio della creazione di Dio:

Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente.

Oh fossi tu pur freddo o fervente!

Così, perché sei tiepido, e non sei né freddo né fervente,

io ti vomiterò dalla mia bocca.

(Apocalisse 3, 14-16)

Il prezzo eterno del tradimento e del complotto contro Dio e i popoli     

Per contro, chi complotta nell’oscurità e pasce nella menzogna a danno del popolo di Dio e delle nazioni tutte, sarà irrimediabilmente degno del fuoco eterno e dell’abominio eterno, come insegnavano e predicavano con forza santi quali Massimiliano Kolbe e lo stesso Padre Pio da Pietrelcina. Molto eloquente, in merito è la lettera che segue (vedi Lettera N°123, Pietrelcina 7 aprile 1913 di Padre Pio da Pietrelcina. Archivio Storico San Giovanni Rotondo) e che svela le preoccupazioni dello stesso Signore Gesù per quanto accade ed accadeva nel mondo all’epoca dei fatti (cioè negli anni Dieci – alla vigilia della Prima Guerra Mondiale – come oggi).

 Massoneria – Lettera di Padre Pio a Padre Agostino – 7 aprile 1913         

“Mio carissimo Padre, venerdì mattina ero ancora a letto, quando mi apparve Gesù. Era tutto malconcio e sfigurato. Egli mi mostrò una grande moltitudine di sacerdoti regolari e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici; di questi, chi stava celebrando, chi stava parlando e chi si stava svestendo dalle sacre vesti. La visita di Gesù in angustie mia dava molta pena, perciò volli domandargli perché soffrisse tanto. Nessuna risposta n’ebbi.

 Rialzò lo sguardo con grande orrore…                                                               

Però il suo sguardo si riportò verso quei sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorché lo rialzò verso di me, con grande orrore, osservai due lacrime che gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: “Macellai!”.

 Sarò in agonia fino alla fine del mondo…                

E, rivolto a me, disse: “Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò, per cagione delle anime da me più beneficate, in agonia sino alla fine del mondo. Durante il tempo della mia agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L’anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana, ma ahimè mi lasciano solo sotto il peso dell’indifferenza. L’ingratitudine ed il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l’agonia. Ahimè, come corrispondono male al mio amore!

La sofferenza di Gesù – Indifferenza e disprezzo dei sacri ministri          

Ciò che più mi affligge è che costoro, alla loro indifferenza aggiungono il disprezzo, l’incredulità. Quante volte ero lì per lì per fulminarli, se non ne fossi stato trattenuto dagli Angioli e dalle anime di me innamorate…. Scrivi al padre tuo e narragli ciò che hai visto ed hai udito da me questa mattina. Digli che mostri la tua lettera al Padre provinciale…”.Gesù continuò ancora, ma quello che disse non potrò giammai rivelarlo a creatura alcuna di questo mondo. Questa apparizione mi cagionò tale dolore nel corpo, ma più ancora nell’anima, che per tutta la giornata fui prostrato ed avrei creduto di morirne se il dolcissimo Gesù non mi avesse già rivelato….

A braccia aperte nell’infame setta della Massoneria                                       

Gesù, purtroppo, ha ragione di lamentarsi della nostra ingratitudine! Quanti disgraziati nostri fratelli corrispondono all’amore di Gesù col buttarsi a braccia aperte nell’infame setta della Massoneria! Preghiamo per costoro acciocché il Signore illumini le loro menti e tocchi il loro cuore (…)”

( Padre Pio – Pietrelcina 7 aprile 1913 )

tratto da: (clicca qui)

 

 

“Quello che però dobbiamo sapere è che non di un default si tratta, ma di un feroce attacco delle oligarchie finanziarie, spalleggiate dai governi amici, per mettere in croce chi non intende accettare il loro dominio.”

1 agosto. Ha ragione il governo argentino: questo non è un default, è invece una vicenda tutta politica, in cui le oligarchie finanziarie e i FONDOS BUITRES (fondi avvoltoio) hanno agito con tre obiettivi: colpire l’Argentina, minacciare tutti gli stati che dovessero ribellarsi al loro ordine, e poi dagli al “populista”…

C’è o non c’è il default argentino? Secondo i giornali italiani c’è eccome, l’ha detto Standard & Poor’s e dunque basta e avanza.  Secondo La Stampal’Argentina sarebbe addirittura «insolvente», mentre la Repubblica si spinge a scrivere che «il Paese non ha pagato gli interessi dovuti sui nuovi bond». Per il Corsera «l’Argentina è ufficialmente in default». Si tratta di tre incredibili falsità, ma chissenefrega, a loro basta scopiazzare la velina che lorsignori gli hanno recapitato da New York.

Più comico il Sole 24 Ore. Il giornale di Confindustria, che nell’edizione cartacea di stamane sembrava credere ad un accordo in extremis, arriva a scrivere nell’edizione on-line che «L’Argentina ha dichiarato default», precisando subito dopo che in effetti questo non è vero, ma solo per un non meglio precisato «realismo magico» del ministro dell’economia di Buenos Aires, Axel Kicillof.

Diciamo subito che quelle appena citate sono falsità davvero grossolane:

1. L’Argentina non è affatto insolvente, tant’è che in questi anni ha rispettato tutte le scadenze del proprio debito pubblico. Un debito peraltro di poco superiore al 50% del Pil, del tutto sostenibile sia in virtù della crescita economica degli ultimi anni, sia per la consistenza delle stesse riserve valutarie.

2. Contrariamente a quel che scrive il giornalaccio di Ezio Mauro, l’Argentina ha pagato gli interessi sui nuovi bond. Semplicemente un giudice americano, in combutta con alcuni fondi avvoltoio, ha impedito che questo pagamento avvenisse. Egli ha infatti bloccato i 539 milioni di dollari trasferiti allo scopo dalla Banca centrale argentina alla Bank of New York. Questi soldi dovevano servire a pagare gli interessi sui titoli in possesso dei creditori (la stragrande maggioranza, pari al 93% delle somme in gioco) che negli anni scorsi hanno accettato la ristrutturazione del debito proposta dal governo di Buenos Aires. Una proposta rifiutata invece dai fondi avvoltoio, che non ancora contenti di quanto già lucrato, pretendono ora – spalleggiati dalla giustizia americana – il pieno rimborso del valore nominale di titoli in realtà acquistati ad un prezzo anche cinque volte inferiore.

3. L’Argentina non solo non è sostanzialmente in default, ma neppure «ufficialmente», come pretenderebbe invece il Corsera. Una tale dichiarazione formale, con quale effetto pratico non è peraltro per niente chiaro, potrebbe venire solo dall’ISDA, un ente sovranazionale con sede negli USA, che per ora ha preso tempo per esaminare il caso, ad oggi senza alcuna dichiarazione di default.

4. Infine, non solo l’Argentina non ha dichiarato nessun default, ma ha affermato l’esatto contrario. Queste le semplici parole del ministro Kicillof: «Questo non è un default perché default è non pagare. La vita andrà avanti anche senza un accordo sul debito».

Fin qui le falsità rivolte contro l’Argentina. Eppure la concatenazione degli eventi che ha portato alla situazione attuale è piuttosto semplice, così pure la vera posta in gioco dell’attacco scatenato dalla finanza americana. Per comprendere meglio la questione è utilissima la lettura di questo ottimo articolo dell’economista Margarita Olivera.

Un caso più unico che raro, con dei precisi obiettivi politici

Mentre la stampa si lascia andare a paragoni con il crac del 2001 che non stanno né in cielo né in terra, limitiamoci ad alcune annotazioni.

In primo luogo non si è mai visto un default dove il creditore vuol pagare, ed in effetti paga, ma questo gli viene impedito dalla banca che funge da intermediaria in virtù di una sentenza a tutela di creditori ben più privilegiati di quelli che si sono visti bloccare il pagamento delle cedole.

Il giudice Griesa, di certo un galantuomo dalle buone frequentazioni, ha infatti disposto che gli interessi al grosso dei creditori venga bloccato fino a quando l’Argentina non pagherà un miliardo e mezzo di dollari ai fondi avvoltoio. Fondi che, come dice il nome, speculano al ribasso, acquistano a prezzi stracciati, per poi incassare cifre ben maggiori se non addirittura, come pretenderebbero in questo caso, il 100% del valore nominale.

Vediamo in concreto come funziona questa rapina, prendendo proprio il caso del maggior avvoltoio implicato in questa vicenda. Si tratta del miliardario ebreo-americano Paul Singer, proprietario della Elliot Capital Management. Nel momento più cupo della crisi argentina, questo fondo acquistò titoli per un valore nominale di 220 milioni, pagandoli però soltanto 49 milioni. Se avesse accettato, come il grosso dei creditori, la proposta del governo argentino, egli avrebbe in mano da anni titoli per un controvalore di 66 milioni (dunque avrebbe guadagnato già nel 2005 più del 30% sulla cifra iniziale), arrivando poi con gli interessi ad incassarne circa 150, cioè tre volte la cifra spesa nel 2001.

Chiunque considererebbe fantastico un simile guadagno, ma il signor Singer no. Egli pretende  il rimborso totale del valore nominale più gli interessi, per una sommetta di 832 milioni, con un guadagno del 1.700% (millesettecento). E il bello della giustizia americana è che il tribunale gli ha dato ragione. Ora, di fronte ad una simile speculazione, ha torto il governo argentino a parlare di tentativo di estorsione?

Ed ha torto a sottolineare le responsabilità del governo americano? Il capo di gabinetto presidenziale, Jorge Capitanich, ha affermato che: «Gli Stati Uniti sono responsabili di non aver agito responsabilmente. E che non vengano con la scusa che il Potere giudiziario è indipendente, perché non lo è. Non è indipendente dai “fondi avvoltoio”, quei minuscoli gruppi che pretendono sabotare il pagamento del nostro debito». Capitanich ha toccato un punto fondamentale, quello della volontà politica che sta dietro a tutta questa vicenda.

Lo ripetiamo: non c’è default senza insolvenza, almeno parziale. E qui non c’è insolvenza, ma solo la volontà di non cedere ad un’estorsione che – qualora fosse stata accettata – avrebbe aperto la possibilità di un ricorso da parte dei creditori che hanno accettato i termini della ristrutturazione del debito. Ed in quel caso sì, con in gioco una somma potenziale di oltre 140 miliardi, che l’Argentina sarebbe stata costretta al default. Ecco perché il diktat newyorchese non poteva comunque essere accettato.

Ma fino all’ultimo sembrava potessero esservi altre due soluzioni. La prima, consistente in un rinvio di sei mesi che avrebbe fatto scadere i termini del ricorso di cui sopra, è stata respinta sia dai fondi avvoltoio che dal tribunale. Con la seconda, l’Argentina non avrebbe pagato direttamente gli hedge fund, ma al suo posto avrebbe garantito un pool di banche del paese sud-americano, aggirando anche in questo caso la possibilità del ricorso.

Ora la domanda è questa: come mai due ipotesi in fondo ben favorevoli ai loro interessi sono state respinte dai fondi avvoltoio e dal loro amico “giudice”?

Certamente il signor Singer ed i suoi rispettabili colleghi non intendono rinunciare al malloppo, ma è evidente che qui sono entrate in gioco alcune questioni prettamente politiche. Viceversa l’accordo sarebbe stato trovato.

Gli scopi del potere finanziario

Come si sarà capito questa non è soltanto una questione di avvoltoi. E neppure di sola finanza, come ricordato dal governo argentino. C’è in gioco qualcosa di più. Tre sembrano gli obiettivi di questa operazione:

1. Colpire l’Argentina, la sua politica, certo non anticapitalistica ma tesa comunque alla difesa della sovranità nazionale, vista come condizione di uno sviluppo non solo economico ma anche sociale. Colpirla non con un default che non c’è, ma creando il panico per impedire a Buenos Aires l’accesso ai mercati finanziari internazionali per anni.

2. Inviare un segnale a tutti gli stati con un elevato debito pubblico: «Non fatevi venire in testa idee pericolose. Il debito va comunque onorato, anche quando può costare immani sacrifici. Se si sfugge a questa regola si avrà magari qualche anno di crescita economica (come ha avuto l’Argentina), ma poi, inesorabili, arriveranno sempre e comunque i conti che non avete voluto pagare».

3. C’è, infine, un altro segnale. Ed è rivolto soprattutto ai paesi europei. Non è un caso, infatti,  che tutti quelli che si oppongono alle draconiane regole del sistema euro vengano sempre definiti come “populisti”. “Populista” è diventato per l’èlite dominante il peggior epiteto, ed il governo di Buenos Aires è da tempo così qualificato. Il segnale dunque è: «Vedete cosa succede a fidarvi dei populisti! Solo a noi, tecnocrati un po’ stronzi ma collocati dalla parte giusta, potete affidare il governo».

Ma i mercati, i famosi mercati, cosa dicono?

Prima di concludere ci sia concessa una piccola curiosità. Abbiamo detto che quello argentino non è un vero default. Sicuramente qualcuno non si fiderà di una simile affermazione. Anche perché, come si è visto, tutti scrivono il contrario. C’è però un modo per cercare di capire come stanno veramente le cose.

Avete presente i famosi “mercati”, in questo caso quelli finanziari? Quei soggetti impersonali che, secondo il pensiero unico mainstream, ci dicono dove stanno il bene e il male, dando giornalmente il loro giudizio su ogni fatto politico e sociale?

Bene, se li avete presenti, fate attenzione. Se questi sacri tribunali dell’odierno capitalismo possono dare un giudizio su una frase di Renzi, dovranno ben farlo nel caso del debito argentino. In fondo, in questa circostanza, di pura materia finanziaria si tratta.

Ci siamo dunque permessi di andare a consultare l’andamento dei titoli del debito argentino che sarebbero in default, ed abbiamo scoperto una cosa davvero interessante: che i primi a non credere al default sono appunto i mercati finanziari.

Vediamo. Se voi foste in possesso di uno di questi titoli, cosa fareste appena venuti a conoscenza del default, o meglio già al semplice profilarsi di un simile rischio? Vendere, vendere, vendere, come ovvio. Perlomeno fino al momento del totale tracollo dei prezzi. Il fatto è che non è avvenuto niente di tutto ciò.

Ovviamente le vendite ci sono state, ed i prezzi sono calati, ma in una misura assai modesta, certo non da “default”. Prendiamo il caso del titolo in dollari con scadenza 2038, quello che si è ritrovato con le cedole bloccate. Questo titolo quotava a febbraio intorno a 33, a metà giugno 38, ieri 30 luglio (con l’attesa di un accordo che comunque veniva dato per difficile) raggiungeva il massimo di 50, per scendere oggi poco sotto quota 47. Certo, in generale si tratta di quotazioni basse, ma lo erano già prima. Questo è dovuto alla lunga durata del titolo. Infatti, un bond analogo con scadenza 2017 registra una quotazione all’incirca doppia, ma con una curva temporale assai simile a quello precedente. Ad ogni modo l’odierna perdita del 6% non è certo da default, specie per un titolo per sua natura ad altissima volatilità, che ha comunque recuperato su febbraio oltre il 30% del suo valore.

Stesso andamento per gli altri titoli interessati. E, cosa ancora più significativa, con un trend assai simile tra quelli in euro (in teoria non a rischio) e quelli in dollari.

Ora, nessuno può sapere cosa accadrà nelle prossime settimane. Se l’accordo finora fallito verrà infine trovato; se il giudice Griesa continuerà a bloccare i pagamenti dell’Argentina; come si muoveranno gli altri creditori, a questo punto assai danneggiati dal signor Singer e compari.

Quello che però dobbiamo sapere è che non di un default si tratta, ma di un feroce attacco delle oligarchie finanziarie, spalleggiate dai governi amici, per mettere in croce chi non intende accettare il loro dominio.

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