2016.01.26 – Si comincia: in Norvegia vietato l’uso di contanti

Posted by Presidenza on 26 Gennaio 2016
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L’uso del contante non c’entra proprio nulla con le ragioni dell’elevata evasione fiscale. Limitare per legge l’uso del contante, invece, distorce i comportamenti dei soggetti che operano nell’economia (famiglie e imprese), avvantaggia solo gli intermediari che offrono il servizio di tracciabilità delle operazioni (le banche) e favorisce l’organo di stato il quale può controllare ogni aspetto della vita privata delle persone (il governo).

 

Pubblicazione1

 

di Daniele Chicca

 

NEW YORK (WSI) – Dopo che Cina e Fmi hanno citato i pro di una società senza più contanti in circolazione, eventualità che sarebbe accolta a braccia aperte dal sistema bancario, la prima banca di Norvegia ha imposto un divieto di uso di cash.

Il crollo del petrolio sta mettendo in ginocchio l’economia scandinava ricca della risorsa. Così il paese ha deciso di fare come la vicina Svezia e la Danimarca e provare a limitare l’uso dei contanti. Il tutto mentre in Italia si va nel senso completamente opposto, aumentando le somme in contanti da poter utilizzare.

Negli ultimi tempi le autorità hanno ridotto l’ammontare di banconote che possono essere prelevate dalle banche e limitato le somme che possono essere utilizzate per fare acquisti. Allo stesso tempo il ministero delle Finanze è contrario a un’abolizione totale dei contanti, perché teme conseguenze negative sul turismo e per questioni di invasione della privacy.

DNB ha chiesto all’esecutivo di imporre il divieto dopo anni in cui le autorità stanno tuttavia cercando chiaramente di favorire l’uso dei pagamenti elettronici. L’idea viene anche venduta alla popolazione come una strategia per combattare il mercato in nero e i crimini finanziari come il riciclaggio di denaro sporco.
“Secondo le nostre stime il 60% del denaro è fuori dal controllo della banca centrale, a causa del mercato in nero e delle attività di riciclaggio” ha detto ai media nazionali un dirigente della banca, Trond Bentestuen. “Ci sono così tanti pericoli e svantaggi associati al contante, che abbiamo proposto di abolirlo definitivamente”.

È da un po’ di tempo che la Norvegia si sta dirigendo verso una società futuristica, in cui i contanti sono via via in disuso. Secondo Bentestuen solo il 6% dei norvegesi ormai usa banconote quotidianamente, e la maggior parte di loro sono persone anziane.

L’abolizione dei contanti è il prossimo passo. La seconda banca di Norvegia, Nordea, ha già vietato l’uso di contanti nelle sue filiali.

Visto il periodo di tassi di interesse negativi e l’arrivo dei programmi di bail-in – che vede la partecipazione di obbligazionisti e correntisti con più di 100 mila euro in banca ai piani di salvataggio degli istituti di credito – i governi e le banche vogliono evitare eventuali fughe di depositi.

Prelevare denaro è un perfetto piano di fuga dalle possibili perdite generate dai piani di bail-in e dall’obbligo di sborsare di tasca propria interessi sui soldi parcheggiati presso le banche o in altri lidi presumibilmente sicuri. Mettendo i contanti al bando, le banche e i governi vogliono salvarsi la pelle.

tratto da: (clicca qui)

2016.01.24 – Della Luna: banche e sangue, stanno per portarci via tutto

Posted by Presidenza on 24 Gennaio 2016
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I risparmi degli italiani, mobiliari e immobiliari, già stimati in 8.000 miliardi, da tempo attraggono l’interesse di finanzieri e politici, che già ne hanno preso una discreta parte tra truffe bancarie ed estorsioni tributarie, come ben sanno soprattutto i molti imprenditori che devono chiedere prestiti per pagare le tasse su redditi non realizzati.

Mercoledì 20 ho ascoltato per quasi un’ora il giornalista economico di “Radio 24”, il quale si meravigliava del fatto che continuano le vendite massicce di azioni delle banche italiane sebbene i loro circa 300 miliardi di crediti deteriorati siano coperti per oltre il 90% da accantonamenti e garanzie. Oggi i titoli bancari hanno recuperato, ma di ben poco rispetto alle perdite accumulate recentemente. Mps oggi passa da 0,50 a 0,73 (+ 0,43%), ma otto giorni fa era a 1 e otto mesi fa era 9,45!

Quest’anima candida di giornalista economico par non sapere ciò che sanno tutti gli operatori (quindi crederà a Draghi che oggi sostiene che le banche italiane siano solide). Non sa, innanzitutto, che i crediti deteriorati sono molti di più di quelli dichiarati in bilancio, perché quasi tutte le banche hanno molte sofferenze sommerse, cioè che non dichiarano perché non hanno i soldi per fare i relativi accantonamenti.

Pubblicazione1

 

Marco Della Luna

 

 

Non sa, inoltre, che molti crediti divenuti inesigibili figurano invece a bilancio come a rischio ordinario solo perché il loro ammortamento, cioè la scadenza delle rate, è stato sospeso dalle banche stesse in accordo con i clienti morosi, nel reciproco interesse.

Non sa che molti crediti, apparentemente coperti da idonee garanzie, in realtà sono scoperti, perché le garanzie sono state sopravvalutate ad arte al fine di concedere crediti a compari e a clientele politiche che era inteso che non li avrebbero rimborsati. O che sono beni sopravvalutati per consentire agli amici-venditori di venderli per un prezzo moltiplicato a compratori fasulli.

Non sa che le garanzie immobiliari acquisita dalle banche a collaterale dei crediti erogati si sono fortemente svalutate e sono divenute pressoché invendibili, fonte più di spese che di recuperi, a causa della quasi morte del settore immobiliare fortemente voluta con la politica fiscale dal governo Monti, sicché le banche, pur avendo sulla carta la possibilità di recuperare i loro crediti vendendo gli immobili ipotecati a copertura, in realtà incasserebbero troppo tardi perché il realizzo possa aiutare a superare la crisi odierna.

Non sa che il sistema bancario italiano non crolla solo perché continua: a ricevere aiuti (credito gratuito) dalla Bce; ad avere la possibilità di realizzare profitti illeciti, ossia solo perché le varie autorità competenti non gli impediscono di continuare; ad applicare commissioni illegittime, interessi usurari, anatocismo; nonché a collocare titoli-spazzatura o sopravvalutati; e, come già detto, a non dichiarare in bilancio tutte le perdite sui crediti. Tutte queste cose, al contrario, le sa la Banca Centrale Europea, che a giorni manderà i suoi ispettori nelle banche italiane, e si sa già che cosa quindi questi signori troveranno.

Ecco il perché delle turbo-vendite massicce anche allo scoperto dei titoli delle banche italiane. Si sa che l’ispezione, se non solo minacciata ma anche rigidamente eseguita (e qui c’è spazio per mediazione politica e il buon senso, ovviamente) potrà portare a un disastro di tutto il sistema bancario e a conseguenze radicali per l’intero paese. Più dell’arrivo della Troika, di nuove tasse di emergenza per finanziare la bad bank, di un bail-in generalizzato, di una legge che ipotechi forzatamente i beni immobili degli italiani a garanzia di qualche prestito di salvataggio da parte del Fmi.

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Renzi con Padoan

 

 

E siccome una qualche situazione esplosiva molto probabilmente si realizzerà prima che sia stato instaurato il nuovo, schiacciante sistema di dominio autocratico del premier, cioè la riforma costituzionale ed elettorale del governo Renzi, è abbastanza possibile che il paese si ribelli. Soprattutto se verrà divulgata la notizia che gli stessi fondi di investimento e altri investitori istituzionali che stanno conducendo la campagna di svendita dei titoli delle banche italiane, sono quelli che partecipano la Banca d’Italia, le agenzie di rating, e la stessa Bce, la quale adesso manda le ispezioni.

È molto pericoloso che la gente apprenda chi e come le sta portando via il risparmio e la casa e il posto di lavoro e, al contempo, la libertà.

tratto da: (clicca qui)

2016.01.13 – ABBANOA S.p.A. DENUNCIATA AI TRIBUNALI INTERNAZIONALI

Posted by Presidenza on 13 Gennaio 2016
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In data 11.01.2016 il Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu (MLNS) ha inoltrato formale denuncia contro ABBANOA S.p.A. e, per il Principio di Responsabilità Collettiva, contro lo Stato italiano.

N.B. – Le denuncie sono state inoltrate in lingua inglese ed in lingua sarda

 

DENUNCIA ABBANOA ENGLISH                            DENUNCIA ABBANOA SARDU

 

TESTATA PRESIDENZA

 

 

 

 

 

 

                                                                            

 

                                                                            Cagliari, 08 gennaio 2016

 

 

OGGETTO: DENUNCIA PER CRIMINI CONTRO L’UMANITA’ E SOTTOMISSIONE IN

                   SCHIAVITU’ DI CITTADINI DEL POPOLO SARDO

 

 

Premesso che:
L’acqua è l’elemento vitale basilare di tutti i processi bio-chimici degli organismi cellulari.
E’ elemento fondamentale della vita di tutti gli esseri viventi. Pertanto l’acqua non può considerarsi un bene ma un diritto imprescindibile alla vita, senza il quale non esisterebbe la vita sul pianeta.
L’ acqua ha valore biologico ma anche antropologico: genera la vita, determina l’igiene e preserva dalle malattie, poi è un parametro sociale determinando il decoro, l’educazione e lo star bene.
L’accesso all’acqua va reputato un diritto da garantire a prescindere: un diritto va espressamente determinato in termini legislativi e non è alienabile in quanto diritto perché, se dovesse essere gestito, la stessa gestione dovrebbe fondarsi sul principio di garantire il diritto stesso.
Negare il servizio idrico è, a prescindere, un’azione malvagia che va contro natura e, sottraendola al sistema bio-chimico dei viventi, diventa azione palesemente criminale perché priva l’individuo della propria igiene e decoro, esprimendosi come persecuzione psicologica e traducendosi in una sottomissione in schiavitù. Sottrarre l’acqua inibisce il sano sviluppo familiare, rafforza gli stimoli all’omicidio-suicidio di chi è senz’acqua, in quanto senza di essa la vita non si sviluppa.
In una società sviluppata, ma anche civile, non si nega il diritto all’accesso gratuito all’acqua per chi è senza mezzi in quanto è fondamentale avere rispetto verso la vita, la società e le famiglie.
E’ competenza dello Stato amministrare e garantire a tutti i cittadini tale diritto, specie a coloro che si trovano in stato di necessità, sostituendosi a quelli non in grado di pagare gli oneri del servizio idrico, anche limitando la gestione privatistica dell’acqua perché essa non è un bene commerciale ma un diritto inalienabile dell’essere umano. Uno Stato sociale deve provvedere a promuovere il lavoro per tutti, a re-distribuire la ricchezza prodotta, a fare in modo che tutti i cittadini possano vivere con il decoro che meritano e possano, così, fare la loro parte per rafforzare lo Stato Sociale.
C’è acqua per tutti e in abbondanza, per cui bisogna garantire la fruizione gratuita ai disagiati.

Considerando tutto ciò, la Società ABBANOA SpA :
• Ha, come gestore della rete idrica della Natzione Sarda, più volte, dimostrato la sua incapacità e incompetenza nella gestione di questo compito sociale.
• E’ stata inquisita dalle autorità giudiziarie straniere italiane per reati legati alla gestione dell’Ente
• Si è macchiata spesso di crimini contro l’umanità, perché tali sono da considerare l’interruzione della fornitura ad utenze che, secondo loro, risultavano morose o in gravi disagi economici.
• Si è macchiata di persecuzione psicologica nei confronti degli utenti, cittadini del Popolo sardo, e della conseguente messa in schiavitù in quanto gli stessi venivano privati della propria igiene e quindi del proprio decoro
• Ha beneficiato di soldi pubblici per migliorare i servizi ma li ha utilizzati per sanare i suoi debiti.
• Non ha curato, come avrebbe dovuto, la gestione della rete idrica interrompendo – per cattiva manutenzione e inefficienza – il pubblico servizio in rete, gravando il costo di distribuzione per le risorse idriche di oneri impropri che hanno fatto gravare economicamente sulle utenze.

In considerazione di quanto esposto il Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu (MLNS), come soggetto di diritto internazionale, ha più volte denunciato, ammonito e diffidato lo Stato occupante italiano, notificandogli:
• In data 04.06.2012 la “DENUNCIA ALL’ONU DELLO STATO ITALIANO, PER OCCUPAZIONE, DOMINAZIONE E COLONIZZAZIONE DELLA NAZIONE SARDA ”, rivendicando il diritto di sovranità del Popolo Sardo
• In data 20.08.2012 il “MONITO E DIFFIDA” alla Presidenza della Repubblica Italiana, alla sua Presidenza del Consiglio dei Ministri, al suo Ministero degli Interni e p.c. alla O.N.U. di Ginevra
• In data 06.11.2013 L’ACCREDITAMENTO DEL “GUVERNU SARDU PROVVISORIU” costituito dal MLNS, in ottemperanza dell’art. 96.3 del Primo Protocollo di Ginevra del 1977, al fine di gestire le relazioni internazionali
• In data 16.05.2014 la “DENUNCIA E APPELLO”, notificato alla Corte Internazionale di Giustizia, all’ONU, alla Croce Rossa Internazionale e a tutti gli Stati terzi per sollecitare l’aiuto della Comunità Internazionale e portarla a conoscenza dei gravi Illeciti internazionali commessi dallo Stato italiano contro la Nazione Sarda, contro il Movimentu de Liberatzioni Sardu (MLNS), e contro il Popolo Sardo, per Crimini contro l’umanità, violazione dei diritti umani, civili e politici da parte dello Stato italiano contro i cittadini del Popolo Sardo e contro i militanti del MLNS.
• In data 20.01.2015 la “DENUNCIA, DIFFIDA E ULTIMATUM ALLO STATO STRANIERO OCCUPANTE ITALIANO”
• In data 23.04.2015 un’altra “DENUNCIA E APPELLO” notificata all’ONU, ai Tribunali Internazionali, alla ICRC e a tutti gli Stati terzi per sollecitare l’aiuto della Comunità Internazionale, portandogli a conoscenza dei gravi atti di guerra dello Stato occupante italiano contro il MLNS e, di conseguenza, contro tutto il Popolo Sardo

CHIEDE pertanto:

a codesto tribunale di procedere alla condanna della ABBANOA SpA per i seguenti reati:

• l’aver posto in essere gravi illeciti, con atti di forza e di aggressione reiterati contro cittadini del Popolo Sardo, espressi mediante illegali e persecutorie ingiunzioni e procedure
• l’aver indotto al suicidio numerosi cittadini del Popolo Sardo mediante illegali e persecutorie ingiunzioni e procedure
• reiterazione nel disegno criminoso
• concorso nel reato, in quanto non limitato alla coscienza e volontà del fatto criminoso, ma comprendente anche la consapevolezza di come il reato viene commesso con altre persone
• nell’esercizio della sua autorità, direzione o vigilanza, ha comandato persone ad essa soggette, a commettere il reato
• attentato contro i diritti civili del cittadino
• truffa, in quanto il fatto è stato commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità
• Abuso della credulità popolare con l’aggravante del turbamento dell’ordine pubblico

 

Chiede anche la condanna della Repubblica italiana SpA in base alla:

 

APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI RESPONSABILITA’ COLLETTIVA

<< le violazioni e gli illeciti commessi da organi, funzionari e/o incaricati di pubblico servizio stranieri italiani contro cittadini del Popolo Sardo e/o contro il MLNS e suoi appartenenti integrano illeciti internazionali imputabili anche allo Stato italiano;
atteso il principio di responsabilità collettiva, la responsabilità per qualsiasi violazione del diritto internazionale commessa da un qualsiasi organo, funzionario e/o incaricato dello Stato straniero occupante italiano si intende estesa all’intera comunità statale e quindi allo stesso Stato, che possono patire le conseguenze dell’illecito;
per l’effetto, allo Stato straniero occupante italiano è estesa la responsabilità di tutti tali atti di imputazione e di qualsiasi atto di aggressione, di forza e/o di guerra posto in essere contro i cittadini del Popolo Sardo e/o contro il MLNS>>

per i seguenti reati:
• violazioni continuate e aggravate del “MONITO E DIFFIDA” notificato dal MLNS allo Stato Straniero Italiano
• l’aver agito e il persistere ad agire in difetto assoluto di giurisdizione ed altresì in difetto assoluto di competenza, ovvero in regime di incompetenza assoluta per materia e per territorio, nel Territorio della NATZIONE SARDA contro i cittadini del suo Popolo con vessazioni, rapine, minacce ed estorsioni aggravate da usura, mediante illegali, strumentali e persecutori
• accertamenti fiscali, ingiunzioni di pagamento e procedure coattive di riscossione di imposte, tributi e sanzioni in nome e per conto dello stato straniero occupante razzista e colonialista italiano e di altri suoi enti pubblici impositori e/o in concorso con questi
• l’aver posto in essere gravi illeciti internazionali, quali reiterati atti di forza e di aggressione contro cittadini del Popolo Sardo mediante illegalità persecutorie ingiunzioni e procedure
• l’aver indotto al suicidio cittadini del Popolo Sardo, mediante illegali procedure e persecutorie ingiunzioni
• l’aver posto in essere illeciti contro la sovranità del Popolo Sardo, contro l’integrità territoriale e contro la personalità della Nazione Sarda;
• l’aver commesso il reato continuato e aggravato di devastazione, saccheggio e strage nel territorio della Nazione Sarda

SI AUSPICA CHE

Codesto tribunale ed Il Consiglio di Sicurezza dell’ ONU, nella loro precisa funzione di mantenimento della pace e al fine di scongiurare il rischio di escalation di turbamento dell’ordine pubblico, di imprevedibili disordini e del sacrosanto “Diritto di Rappresaglia”- così come previsto dalle norme di Diritto Internazionale – dovuti all’esasperazione della popolazione, provvedano a comminare le sanzioni previste nei confronti dello Stato italiano e del suo organo incaricato “ABBANOA SpA” per i numerosi e reiterati illeciti commessi dai suoi organi, funzionari e/o suoi incaricati contro questo MLNS e contro cittadini del Popolo Sardo

 

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2016.01.06 – Bankitalia: non abbiamo MAI avuto una banca

Posted by Presidenza on 6 Gennaio 2016
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Giusto per ricordarlo:

“La Banca d’Italia, benché sia un Istituto di diritto pubblico, non è affatto pubblica. Ma la cosa sconcertante è che veramente in pochi sanno che in realtà non lo è mai stata.”

 

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BANKITALIA, UNA STORIA DI ORDINARIA MASSONERIA

 

di Francesco Filini

 

Antonio Patuelli, Presidente dell’ABI (Associazione delle Banche Italiane) ha chiesto di rivedere la legge 262 del 2005 voluta dall’allora Ministro dell’economia Giulio Tremonti che nel paragrafo 19, comma 10, riformula l’assetto proprietario della Banca d’Italia, disciplinando che entro i tre anni successivi dall’approvazione della legge (ovvero entro il 2008) doveva avvenire il trasferimento delle quote di partecipazione dei privati verso lo Stato. In poche parole la legge Tremonti aveva disposto che la proprietà della Banca d’Italia divenisse pubblica (come la logica vorrebbe) e non privata. Questa legge, che doveva diventare esecutiva ben 5 anni fa, non è stata minimamente presa in considerazione dagli istituti che ancora oggi detengono la maggioranza delle azioni. E’ sufficiente una piccola verifica per vedere come banche commerciali, assicurazioni e istituti di credito privati ancora oggi detengano il 94,5% della proprietà dell’Istituto di emissione italiano.

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Antonio Patuelli

 

 

Purtroppo il mondo della politica, sempre più distratto e sempre più asservito a determinate logiche, non ha reagito degnamente e in maniera compatta (come il buonsenso vorrebbe) alle dichiarazioni del Presidente Patuelli, se si mettono a parte gli interventi delle mosche bianche come Guido Crosetto e Fabio Rampelli. Nel nostro Paese infatti, un banchiere come Pautelli può arrivare pure a dichiarare inammissibile e incostituzionale una legge che vuole rendere pubblica la Banca Centrale Italiana, l’organismo che emette e presta la moneta. Che eresia!
Molti non sanno – e non immaginano – che la Banca d’Italia, benché sia un Istituto di diritto pubblico, non è affatto pubblica. Ma la cosa sconcertante è che veramente in pochi sanno che in realtà non lo è mai stata. Proviamo a fare un po’ d’ordine.

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Guido Crosetto

 

 

La Banca d’Italia viene fondata nel 1893 con la legge n. 443 del 10 Agosto, con la fusione tra la Banca Nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito, e dalla liquidazione in seguito alla scandalo della Banca Romana. Fu il Presidente del Consiglio dell’epoca, Giovanni Giolitti, a dirigere in prima persona tutte le operazioni, garantendo “autonomia” dal potere politico e ricalcando il modello societario proprio delle banche, evitando addirittura che la nomina a Governatore fosse appannaggio della Banca stessa con il Parlamento delegato a ruolo di mero ratificatore delle decisioni prese in seno alla loggia bancaria. Come ricorda egregiamente il giurista Bruno Tarquini, nella sua illuminante opera La banca la moneta e l’usura la Banca d’Italia fin dall’origine assunse la forma di società anonima, tenuto conto che di questa ricalcava essenzialmente l’organizzazione interna, come ad esempio la nomina degli organi amministrativi e di controllo, spettante all’assemblea della società.

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Il 28 Aprile del 1910 viene emanato il Regio Decreto n. 204 con il quale lo Stato Italiano disciplinò l’emissione della carta-moneta, stabilendo che gli istituti autorizzati ad emettere biglietti di banca erano la Banca d’Italia, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia.
Con il decreto legge n. 812 del 6 Maggio 1926 alla Banca d’Italia viene riconosciuto il monopolio dell’emissione dei biglietti.
Con il Regio Decreto n. 1067 del 1936, viene ribadita l’autonomia della Banca d’Italia che mantenne la stessa struttura societaria e le fu riconosciuta la qualifica di “Istituto di diritto pubblico”.
Nell’era Repubblicana la Banca d’Italia continua il suo percorso d’autonomia nei confronti del potere politico assumendo sempre più le redini dell’economia, svuotando il ministero del Tesoro da qualsiasi responsabilità: nel 1981 il sottosegretario democristiano Andreatta firmò il decreto che sancì la separazione tra il Tesoro e Bankitalia (è dovuta soprattutto a questo fatto l’impennata del debito pubblico, se lo si aggiunge alle politiche scellerate del Ministro Paolo Cirino Pomicino che in quegli anni aveva preso come superconsulente un giovane Mario Monti…), il 7 Febbraio del 1992 il banchiere Guido Carli, già Governatore della Stessa Banca d’Italia, divenuto Ministro del Tesoro emanò il decreto che diede totale autonomia all’Istituto di via Nazionale nello stabilire il tasso di sconto (il costo del denaro).

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Giulio Tremonti

 

 

Come si è brevemente visto, sin dalla sua nascita l’Istituto di Palazzo Koch è sempre stato di proprietà di privati e nel corso del tempo, indipendentemente dai governi e dalla forma di Stato, ha preso sempre più autonomia e poteri. Nessuno ha mai conosciuto i proprietari della Banca Centrale Italiana, soltanto nel 2005, dopo oltre un secolo, sono stati resi noti. Per questo il Ministro Tremonti ne chiese la “nazionalizzazione”: è impensabile che un’Istituzione così importante e fondamentale per la vita del Paese debba essere di proprietà di alcuni gruppi finanziari. Un meccanismo di emissione, di controllo e di garanzia deve avere sì la sua autonomia, ma non tanto dalle istituzioni politiche quanto dalle lobby bancarie che la Banca d’Italia dovrebbe controllare. Un mega conflitto d’interessi che va sanato, soprattutto alla luce del periodo storico che viviamo dove le imprese chiudono e i dividendi dei banchieri crescono.

tratto da: (clicca qui)

Questa è una delle prime buffonate del 2016:

<<Nel documento inviato al Bundestag, il ministro delle finanze propone che l’Eurozona anticipi la regolamentazione internazionale nel riconoscere la specifica rischiosità dei titoli di debito sovrano. In pratica, lo Stato sarebbe definitivamente privato di sovranità e costretto a comportarsi come un’azienda>>

In realtà ben 194 “presunti Stati” al mondo, operanti sotto parvenza di governi di popolo, SONO SEMPRE STATI DELLE AZIENDE, delle vere e proprie Corporations registrate al S.E.C. (Securities and Exchange Commission)

 

Un piano tedesco per riformare l’Eurozona con un meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani. Obiettivo, impedire qualsiasi forma di condivisione dei rischi tra i paesi dell’Eurozona, confinando i costi dell’instabilità finanziaria e fiscale il più possibile all’interno dei paesi più deboli. Autore del piano, il “venerabile” Wolfgang Schäuble, super-massone e cervello del governo Merkel. Berlino «sembra aver perso fiducia verso qualsiasi forma di governance centralizzata», scrive Carlo Bastasin sul “Sole 24 Ore”, e ora penserebbe solo a tutelare i tedeschi. Il piano è descritto in una lettera inviata a fine novembre dal ministro delle finanze al capo della Commissione Finanza e Bilancio del Parlamento tedesco. La lettera, non pubblicata, prescrive un meccanismo automatico di ristrutturazione del debito pubblico per qualsiasi paese europeo che richieda assistenza finanziaria. Una volta chiesto “l’aiuto” del Mes, o Esm, «i tempi di scadenza dei titoli pubblici saranno automaticamente prolungati, riducendo il valore di mercato di questi titoli e provocando gravi perdite a chi li detiene».

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Schaeuble

 

 

Il meccanismo, continua Bastasin nell’articolo, ripreso dal blog “Vox Populi”, trasformerebbe i titoli pubblici dell’Eurozona in asset finanziari rischiosi. «E questo è anche l’obiettivo di un’altra proposta del governo tedesco, che mira a eliminare l’eccezione normativa che permette alle banche di detenerli senza dover possedere riserve di capitale per coprire le eventuali perdite». Rendere più “rischiosi” i titoli sovrani incoraggerebbe banche e famiglie a evitare di sottoscriverli alla leggera. I governi avrebbero meno incentivi ad accumulare debito, e le banche eviterebbero a loro volta di investire in titoli pubblici. Dov’è il trucco? «Stabilire un meccanismo automatico per sanzionare le situazioni economiche problematiche che si vorrebbero evitare può, nei fatti, renderle ancora più probabili», spiega Bastasin. I titoli pubblici – abolita la moneta sovrana – tengono in piedi gli Stati dell’Eurozona. «Pertanto, una volta che i titoli sovrani nei paesi dell’Eurozona sono diventati più rischiosi, l’intero sistema finanziario potrebbe diventare più fragile, e questo potrebbe influenzare negativamente la crescita e la stabilità finanziaria».
Da ultimo, anziché imporre una sana disciplina ad alcuni paesi membri, il nuovo regime «potrebbe ampliare i differenziali di rendimento dei titoli di Stato e rendere impossibile la convergenza dei debiti, aumentando la probabilità di rottura dell’Eurozona». Il piano di Berlino, continua Bastasin, va in parallelo all’idea che il contenimento della crisi sia solo una questione che riguarda i paesi più colpiti. Si basa inoltre sull’assunzione che qualsiasi forma di condivisione del rischio fornisca ai governi gli incentivi sbagliati, producendo “moral hazard”. In realtà, «come la crisi ha dimostrato», la vulnerabilità finanziaria può essere «il risultato di problemi comuni», per cui «sanzionare i singoli paesi può generare un’instabilità che potrebbe degenerare in una nuova crisi».

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Carlo Bastasin

 

 

Il documento del governo tedesco dimostra una sfiducia fondamentale verso gli atteggiamenti fiscali degli altri governi. L’applicazione ripetuta delle “clausole di flessibilità” per sottrarre alcune spese con finalità specifiche dal conteggio del deficit sta facendo storcere il naso a Berlino. Secondo Bastasin, il governo tedesco «guarda con disprezzo la Commissione Europea, considerandola troppo esposta ai ricatti dei governi nazionali, con particolare preoccupazione per l’ascesa dei movimenti populisti e anti-europei». L’applicazione asimmetrica delle regole, le decisioni fuori luogo e al momento sbagliato, nonché «la tendenza ad applicare la “legge del creditore” anziché gli interessi comuni, nonché certe propensioni ideologiche», avrebbero fatto venir meno la fiducia verso le decisioni comuni. «I governi nazionali, ciascuno a suo modo, stanno passando da una timida propensione a condividere il rischio a una decisa volontà di decentralizzare qualsiasi rischio, come unica ed esclusiva modalità di gestione dell’unione monetaria».
Nel considerare la minaccia di una ristrutturazione del debito come politica efficace per imporre la disciplina, continua l’analista, Berlino chiede che i titoli di debito pubblico perdano la loro condizione di asset considerati privi di rischio. Quest’ultima “eccezione normativa” faceva in modo che le banche accumulassero titoli di debito sovrano nel loro bilancio senza la necessità di incrementare il proprio capitale. Nel documento inviato al Bundestag, il ministro delle finanze propone che l’Eurozona anticipi la regolamentazione internazionale nel riconoscere la specifica rischiosità dei titoli di debito sovrano. In pratica, lo Stato sarebbe definitivamente privato di sovranità e costretto a comportarsi come un’azienda, con i conti in attivo o almeno in pareggio, come vuole il dogma neoliberista che negli ultimi 40 anni ha lavorato incessantemente per demolire la finanza pubblica, lasciando i governi alla mercé dei “mercati”, senza più un soldo da impegnare in investimenti per famiglie, aziende e lavoro, sotto forma di spesa pubblica (deficit positivo, fondamentale per sostenere l’economia reale).

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Juncker

 

 

«Una volta che sia stato stabilito che i titoli pubblici sono a rischio come tutti gli altri», conclude Bastasin, «le banche saranno incoraggiate a ridurre l’ammontare di titoli di Stato che detengono, rompendo il circolo vizioso che ha caratterizzato la crisi, col finanziamento del debito pubblico che minacciava la stabilità bancaria e viceversa». Secondo il documento di Berlino, i paesi dell’Eurozona dovrebbero anche ridurre in modo permanente i loro livelli di debito pubblico sul Pil. «Per poterlo fare, Berlino vuole impedire che ciascun paese invochi clausole di flessibilità. In particolare, la richiesta italiana di flessibilità ha ottenuto un certo cedimento da parte della Commissione Europea durante i negoziati. La Francia non si pone nemmeno il problema di ottenere l’autorizzazione per le sue generose politiche fiscali. Nelle trattative coi primi ministri dell’Eurozona, il presidente della Commissione Europea Juncker è stato costretto a scegliere tra autorizzare i governi in carica ad ampliare i loro deficit per ogni sorta di ragioni oppure fomentare i movimenti populisti anti-europei che vogliono mandare all’aria l’intera unione monetaria».

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Renzi e Hollande

 

 

Questa specifica “debolezza” nel coordinamento delle politiche fiscali a livello centralizzato «ha convinto le autorità tedesche a chiedere la decentralizzazione dei rischi e un controllo depoliticizzato». Il ruolo di sorveglianza della Commissione, dice il documento sottoscritto da Schäuble, «non deve limitarsi a degli obiettivi politici». Per rendere il giudizio di Bruxelles “indipendente dalle convenienze politiche”, Berlino mira a separare la funzione di supervisione svolta dalla Commissione dal suo ruolo nell’orientare le scelte politiche. In alternativa, il controllo delle politiche fiscali potrebbe essere consegnato a una nuova istituzione tecnica e indipendente. «Se questi meccanismi dovessero ancora fallire nel tenere a freno il debito pubblico, allora la minaccia di un semplice meccanismo automatico di ristrutturazione del debito farà il trucco: i mercati diventeranno subito estremamente sensibili alla mancanza di disciplina fiscale, e puniranno ciò che i politici perdonano». E avremo dunque ancora più rigore e ancora più austerity: più tasse, meno lavoro (ma i conti in ordine, come vuole il “venerabile” Schäuble).

tratto da: (clicca qui)