2014.10.14 – Ebola, i Marines si installano tra petrolio, oro e diamanti

Posted by Presidenza on 14 Ottobre 2014
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Si scrive Ebola, ma si legge Business. Metalli preziosi, materie prime, terre rare. Grazie allo stato d’emergenza proclamato per la temutissima epidemia – in realtà assai meno letale delle altre patologie di massa che straziano l’Africa – gli Stati Uniti installano in Liberia, al crocevia delle maggiori ricchezze del continente nero, la nuova task force di Africom, il comando speciale delle forze armate statunitensi creato per contendere alla Cina il controllo sulle grandi risorse africane. Nulla di ciò, ovviamente, traspare dalla retorica di Obama, secondo cui i 3.000 soldati agli ordini del generale Darryl Williams, collegati con un centro logistico in Senegal e pronti a vigilare con funzioni di «comando e controllo» sugli ospedali da campo, dimostrano che solo l’America ha «la capacità e volontà di mobilitare il mondo contro i terroristi dell’Isis», di «chiamare a raccolta il mondo contro l’aggressione russa», oltre che di «contenere e debellare l’epidemia di Ebola», definita «senza precedenti», visto che «si sta diffondendo in maniera esponenziale in Africa occidentale».

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Obama

 

 

Anche se la possibilità che l’ebola si propaghi negli Stati Uniti è estremamente bassa, scrive Manlio Dinucci sul “Manifesto”, in un articolo ripreso da “Contropiano”, in Africa occidentale l’epidemia avrebbe già provocato la morte di «oltre 2.400 uomini, donne e bambini». Evento certamente tragico ma comunque limitato, osserva Dinucci, se lo si rapporta al fatto che l’Africa occidentale ha circa 350 milioni di abitanti e l’intera regione subsahariana quasi 950 milioni. «Ogni anno muore per l’Aids nella regione oltre un milione di adulti e bambini», senza contare che «la malaria provoca ogni anno oltre 600.000 morti, per la maggior parte tra i bambini africani», e inoltre «nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale la diarrea uccide ogni anno circa 600.000 bambini, oltre 1.600 al giorno, di età inferiore ai 5 anni». Sono “malattie della povertà”, dovute alla sottoalimentazione e alla malnutrizione, alla mancanza di acqua potabile, alle cattive condizioni igienico-sanitarie in cui vive la popolazione povera, che (secondo i dati della stessa Banca Mondiale) costituisce il 70% di quella totale, di cui il 49% si trova in condizioni di povertà estrema.
«La campagna di Obama contro l’Ebola appare quindi strumentale», scrive Dinucci. «L’Africa occidentale, dove il Pentagono installa un proprio quartier generale con la motivazione ufficiale della lotta all’Ebola, è ricchissima di materie prime: petrolio in Nigeria e Benin, diamanti in Sierra Leone e Costa d’Avorio, fosfati in Senegal e Togo, caucciù, oro e diamanti in Liberia, oro e diamanti in Guinea e Ghana, bauxite in Guinea». Inoltre, «le terre più fertili sono riservate alle monocolture di cacao, ananas, arachidi e cotone, destinate all’esportazione», mentre «la Costa d’Avorio è il maggiore produttore mondiale di cacao». Beninteso: «Dallo sfruttamento di queste grandi risorse poco o nulla arriva alla popolazione, dato che i proventi vengono spartiti tra multinazionali ed élite locali, che si arricchiscono anche con l’esportazione di legname pregiato con gravi conseguenze ambientali dovute alla deforestazione».

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Il generale Darryl Williams

 

 

 

Gli interessi delle multinazionali statunitensi ed europee, continua Dinucci, sono però messi in pericolo dalle ribellioni popolari come quella nel delta del Niger, provocata dalle conseguenze ambientali e sociali dello sfruttamento petrolifero. Soprattutto, sul business euro-atlantico incombe la crescente concorrenza della Cina, «i cui investimenti sono per i paesi africani molto più utili e vantaggiosi». Così, proprio «per mantenere la propria influenza nel continente», gli Usa hanno costituito nel 2007 l’Africom: «Dietro il paravento delle operazioni umanitarie», l’African Command «recluta e forma nei paesi africani ufficiali e forze speciali locali, attraverso centinaia di attività militari». Importante base per queste operazioni è Sigonella, «dove è stata dispiegata una task force del corpo dei Marines». Dotata di convertiplani “Osprey”, la forza speciale «invia a rotazione squadre in Africa, in particolare in quella occidentale». Proprio dove inizia ora la campagna di Obama “contro l’Ebola”.

tratto da: (clicca qui)

Oramai chi riesce ad assicurare al proprio popolo un futuro libero dalla tirannìa americana viene marchiato come un cancro della democrazia……

Tenendo presente che:
Il Fondo Monetario Internazionale ha aumentato le previsioni sulla crescita economica dell’Ungheria all’interno del nuovo World Economic Outlook (WEO), il rapporto basato sulle analisi che l’FMI stila a livello globale e per singolo Paese. L’organizzazione stima che la crescita dell’economia magiara potrebbe avvicinarsi al 3%. Anche le previsioni per il 2015 sono state riviste in meglio, secondo quanto comunica il governo ungherese in una dichiarazione diramata alla stampa. Il modello economico portato avanti da Budapest, riporta la nota, è valutato positivamente per i seguenti fattori: la crescita economica è assicurata per il lungo termine senza restrizioni finanziarie, l’andamento della disoccupazione è decrescente, la stabilità finanziaria, al contrario, è in rialzo.
L’Ungheria ha raggiunto con successo una svolta della propria economia mantenendo il deficit di bilancio al di sotto del 3% richiesto dai parametri di Maastricht, per il quarto anno consecutivo. Infine, il Paese è riuscito a ripagare il prestito erogato dall’FMI e, sottolinea il governo, ha allo stesso tempo ridotto le spese per famiglie, lavoratori e imprese.In clima pre-elettorale – mancano infatti pochi giorni alle amministrative (12 ottobre) – il governo ungherese ha dato comprensibile enfasi a questo aggiustamento inserito dall’organizzazione internazionale. Redatto due volte all’anno, ad aprile e a settembre/ottobre, WEO é il dettagliato documento che raccoglie le analisi realizzate internamente dal Fondo e le previsioni economiche dei suoi esperti, realizzate sia per macroaree geografiche, sia per I singoli Paesi. (tratto da: (clicca qui)

 

Pubblicazione3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Victoria Nuland, vice segretario di Stato USA con funzioni di incaricata per l’Europa, ha fatto un discorso in cui ha indirettamente criticato fortemente il leader ungherese Viktor Orban per il “cancro” di “ricaduta democratica”.

Parlando al Center for Policy Analysis europea, un think tank (pensatoio) di Washington, Giovedi (2 ottobre), la Nuland ha detto : “L’Europa centrale è ancora una volta in prima linea nella lotta per proteggere la nostra sicurezza ed i nostri valori. Ed oggi questa lotta è ancora una volta, sia esterna che interna “.

La Nuland , che è una israelita, fanatica sostenitrice delle dottrine neocon, non fa il nome di Orban, ma l’allusione al governo di Orban è molto chiara ed alla critica aperta fatta dal premier ungherese alle sanzioni occidentali verso la Russia.
“Attuare le sanzioni non è facile e molti paesi stanno pagando un caro prezzo”, ha detto la Nuland. Da notare che la Nuland è la stessa persona che, in occasione della crisi ucraina, in una telefonata intercettata aveva esclamato: “L’Europa si fotta” (“Fuck Europe” testuale).

“Ma .. quando i leader europei sono tentati di fare dichiarazioni che lacerano il tessuto della nostra determinazione, vorrei chiedere loro di ricordare la propria storia nazionale e di come desideravano che i loro vicini fossero al loro fianco”, ha proseguito l’eminente diplomatica.

Una oscura allusione questa alla rivolta di Budapest del 1956, quando l’Ungheria si trovò sola ad insorgere contro la repressione dell’Unione Sovietica senza che alcuno stato occidentale intervenisse in suo aiuto.

La Nuland ha fatto riferimento anche alla dichiarazione di Orban, durante una riunione dei leader di etnia ungherese in Romania nel mese di luglio, in cui il leader ungherese ha dichiarato: «Non credo che la nostra appartenenza all’Unione europea ci impedisca di costruire un nuovo Stato non fondato sul liberismo ma sulle nostre basi nazionali”.

Una “gravissima” dichiarazione di indipendenza e di sovranità nazionale questa fatta da Orban che non poteva essere tollerata dagli esponenti del potere di Washington che ammette soltanto gli stati europei come vassalli, con governi proni alle proprie direttive (come ad esempio l’Italia di Renzi e della Mogherini).
“Anche perché, ha proseguito la Nuland, nel raccogliere i frutti della NATO e all’UE, troviamo i leader della regione che sembrano aver dimenticato i “valori” su cui queste “istituzioni sono fondate”, ha aggiunto .
Inoltre ha anche accusato Orban di limitare la libertà di stampa e di aver effettuato un giro di vite sulle ONG per i diritti, ed ha aggiunto: “Così oggi chiedo ai loro capi: come si può dormire durante la notte sotto la protezione dell’articolo 5 della Nato, mentre si promuove la ‘democrazia liberale’ di giorno, si eccita il nazionalismo la notte, limitando la libertà di stampa o demonizzando la società civile? ”

L’allusione fatta dalla Nuland alla demonizzazione della “società civile” si riferisce alle limitazioni imposte dal governo ungherese alle numerose ONG, presenti nel paese, organismi di copertura con finalità ufficiali di tutela dei diritti, per la democrazia, ecc.. ma che in realtà sono organismi per la sobillazione finanziati da Soros o dalla CIA, sui quali si basa l’attività di sobillazione interna effettuata dal Dipartimento di Stato USA analogamente a quanto fatto in Ucraina per il rovesciamento del governo di Kiev.

La Nuland mette in risalto il fatto che i paesi europei “godono” dei benefici della NATO che consente loro di partecipare alle operazioni internazionali di destabilizzazione messe in campo da Washington e da Israele e nello stesso tempo usufruiscono del “privilegio” di far parte dell’Unione Europea che tanti “vantaggi” sta apportando ai paesi che ne fanno parte in termini di recessione, austerità, politiche neoliberiste, abbattimento di diritti sociali, disoccupazione, ecc…

Le osservazioni della Nuland sono arrivate dopo che il suo “principale”, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il mese scorso, aveva messo l’Ungheria nello stesso paniere, della Russia, in termini di minacce alla “società civile”, quella che fa comodo agli USA.
In un precedente incontro avvenuto a New York il 23 Settembre, la Nuland si era fortemente lamentata affermando:
“Dalla Russia alla Cina al Venezuela, stiamo assistendo ad una continua repressione , alla diffamazione del legittimo dissenso come sovversivo. In posti come l’Azerbaigian, le leggi vigenti rendono incredibilmente difficile per le ONG (quelle finanziate da Soros) anche solo di operare. Dall’Ungheria all’Egitto, regolamentazioni infinite e intimidazioni palesi prendono sempre più di mira la società civile “, ha detto nel corso di un evento.

In pratica queste “limitazioni” non permettono alle ONG statunitensi (“la società civile”) di fare il loro lavoro sporco di sobillazione, promuovendo le coppie gay, l’aborto, le sette evangeliche, la società multiculturale, l’eutanasia libera, l’eugenetica, il liberismo dei mercati, ecc… tutti i concetti del radicalismo e del relativismo laico che sono i “valori” delle società occidentali prostrate al colonialismo culturale e politico degli USA.

Di questo trattamento fatto loro dal governo di Orban si sono lamentate le ONG come la “Soros Foundation” o la” National Endowmwnt for Democracy”, la “Human Right Watch”, ecc.; tutte società che hanno contribuito a provocare le “rivoluzioni arancioni” ed i vari cambiamenti di regime nei paesi dove hanno operato.

Il governo Orban si è permesso di propria iniziativa di varare una Nuova Costituzione nazionale basata sulle radici cristiane dell’Ungheria (cosa inaudita in Europa), ha messo fuori legge l’aborto, ha fatto una serie di riforme sociali incentrate sula promozione della famiglia (non delle coppie gay), inoltre ha fatto uno sgarbo gravissimo al cartello bancario internazionale ponendo sotto controllo statale la Banca Nazionale (quest’ultima azione sarà quella che non gli perdoneranno).

Oltre a queste gravi accuse la Nuland ha attaccato anche gli Stati membri dell’UE che si preparano a costruire il gasdotto South Stream – un gasdotto russo attraverso i Balcani occidentali verso l’Austria e l’Italia, che coinvolgono la Bulgaria, la Croazia, la Grecia, l’Ungheria, la Romania e la Slovenia. Quegli stati che fanno “accordi sporchi” che aumentano la loro dipendenza da una sola fonte di energia nonostante le loro dichiarate “politiche di diversificazione”.

Naturale che non sia gradito a Washington un gasdotto che continui a far arrivare il gas russo in Europa, mantenendo l’Europa nella dipendenza energetica da Mosca. Meglio che gli europei muoiano dal freddo in attesa di avere il gas scisto dagli USA in base alle nuove tecniche che gli americani stanno sperimentando per l’estrazione di questo gas, tecniche altamente inquinanti. Se gli europei nel frattempo patiranno il freddo, “che si fottano”, avrebbe nuovamente esclamato l’esponente della diplomazia USA.

Il discorso della della Nuland, denota il tono arrogante della fiduciaria della élite di potere di Washington che si rivolge agli stati vassalli dell’Impero esortandoli ad essere” docili e grati “al padrone USA per i benefici che ricevono in cambio della loro obbedienza: lo scudo di sicurezza della NATO, la prosperità assicurata dalla UE e dal prossimo trattato inter atlantico il TTIP, chiedendo in cambio di questi “benefici” la completa subordinazione e la rinuncia ad ogni sovranità (esattamente quella che ci chiede ad ogni piè sospinto il presidente Napolitano).
In un momento in cui il governo di Washington si è lanciato in una crociata bellicista contro la Russia ed i suoi alleati (l’Iran, la Siria), la Nuland esige da tutti i paesi europei di attenersi scrupolosamente alle direttive e non “uscire dai ranghi”, lo ha fatto chiaramente intendere, con un minaccioso avvertimento ai dissidenti come Orban.

Non sappiamo se a questo punto Orban vorrà rientrare nei ranghi e dichiarare obbedienza al potente alleato, altrimenti la vediamo dura per l’Ungheria e non vorremmo che si arrivasse un domani, come già successo per la Serbia e Belgrado, ad un nuovo bombardamento con il pretesto di una “azione umanitaria”, magari su Budapest con l’avallo di Renzi per l’Italia, come ci fu per il bombardamento di Belgrado quello di Massimo D’Alema.

Per quello che ci riguarda possiamo tranquillizzare la Nuland: attualmente per i governi come quello italiano (ma vale anche per paesi come Spagna, Grecia, Francia e Portogallo) è sicuro che non avranno niente da temere, l’obbedienza e la totale subordinazione è assicurata. Abbiamo anzi un presidente del consiglio come Matteo Renzi il quale ha dichiarato persino di ispirarsi al presidente Obama ed al suo celebre slogan: “yes we can”.

Qualsiasi richiesta gli USA ci vogliano fare, il fiorentino è pronto ad essere il primo della classe ad obbedire.

tratto da: (clicca qui)

2014.10.07 – SOLIDARIETA’ IN RICORDO DELLA TRAGEDIA DEL VAJONT

Posted by Presidenza on 7 Ottobre 2014
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TESTATA  SEZ. AGRICOLTURA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aristanis, 07 ottobre 2014

 

 
Il sottoscritto, in qualità di Provveditore Generale della Sez. Agricoltura del Dip. Economia del Guvernu Sardu Provvisoriu e membro del Direttivo Movimentu de Liberatzioni Natzionali Sardu, è vicino al sempre vivo dolore dei familiari e di tutta la comunità di Longarone, e tutti i paesi colpiti dall’annunciata tragedia del lontano 09 ottobre 1963. Avendo vissuto e lavorato in quei posti per quattro anni il sottoscritto ha avuto modo di riconoscere in quel Popolo una dignità, umiltà, coraggio e sentimenti di fratellanza ineguagliabili.
Partecipando al dolore auguro ai superstiti ed ai parenti dei caduti nel corso della tragedia di proseguire nella loro grande capacità di essere uomini e donne speciali e di continuare ad essere esempio di capacità costruttiva e fratellanza.

Luigi ZUCCA
(Provv. Gen. Sez. Agricoltura GSP)

2014.10.07 – SOLIDARIETA’ VAJONT

La lunga mano dello Stato terrorista USA ……..

 

Pubblicazione2

 

DI TONY CARTALUCCI
A aprile 2014, il co-organizzatore della Protesta Martin Lee scrisse la sceneggiatura e presentò i personaggi di “Occupy Central” al National Endowment for Democracy del Dipartimento di Stato USA.
Molto probabilemente gli slogan, i leader, e l’agenda del movimento “Occupy Central” sono il vero desiderio dei dimostranti di Hong Kong che vorrebbero “democrazia totale”, “suffragio universale” e “libertà”. Ma la realtà è un’altra cosa.

Ci sono tutte le prove per poter dire che i leader di “Occupy Central” sono stati direttamente appoggiati, finanziati e organizzati dal Dipartimento di Stato Americano, per mezzo del National Endowment for Democracy (NED), e del National Democratic Institute (NDI).

Nonostante l’ammissione che queste prove siano schiaccianti, molti sostenitori di”Occupy Central” insistono ancora nel dire che le proteste sono genuine, spontanee e qualcuno ora propone di dichiarare che l’attuale leadership di “Occupy Central” non rappresenta veramente la gente di Hong Kong.
In effetti anche se la leadership di “Occupy Central” non rappresenta assolutamente la gente di Hong Kong, resta il fatto che questa protesta è stata predisposta almeno dallo scorso mese di aprile 2014, quando Martin Lee e Anson Chan, i co-organizzatori di “Occupy Central” ne parlarono per la prima volta con il NED di Washington DC.

Il discorso intitolato “Perché serve la Democrazia a Hong Kong” – presentato a aprile scorso al Vice presidente regionale del NED Louisa Greve – è una carrellata introduttiva del duo su quello che sarà il Movimento “Occupy Central”, quali saranno i protagonisti, l’ordine del giorno, le richieste e gli argomenti di discussione. Anson Chan – ex- Capo Segreteria di Hong Kong sotto il dominio britannico – in particolare, con un perfetto accento britannico, insistette più volte che la questione doveva vertere sostanzialmente sui passi indietro fatti dalla Cina rispetto a quanto “concordato con il Regno Unito” al momento del passaggio di Hong Kong alla fine degli anni ‘90.

Lee, così come tutti i presenti, dissero più volte che il ruolo che doveva svolgere Hong Kong doveva “contagiare” la Cina continentale, con le sue istituzioni in stile occidentale, con le sue leggi e i suoi interessi. Lee ripetutamente fece appello a Washington perché prendesse un impegno per garantire la difesa degli interessi americani a Hong Kong.

Sia Lee che Chan avrebbero anche ripetuto più volte che, visto che la Cina sembra essere interessata su come viene percepito all’estero il suo modo di governare il suo popolo, si potrebbe sfruttare questo punto per ottenere qualche concessione da Pechino sul governo di Hong Kong. A questo punto si fece cenno anche alle proteste precedenti, comprese quelle dell’ “attivista” Joshua Wong con la sua organizzazione “Scholarism” molto sospetta almeno dal 2012 per i suoi contatti con il NDI del Dipartimento di Stato USA – Naturalmente, con questa premessa la destabilizzazione del governo di Hong Kong era presentata come una soluzione praticabile per piegare Pechino e per ottenere nuove concessioni per gli occidentali.
Per che seguirà l’intera intervista – che dura un’ora con le domande e le risposte – vedrà che tutta l’operazione “Occupy Central” è stata messa a nudo, letteralmente, a Washington DC parecchi mesi prima che le manifestazioni iniziassero per le strade di Hong Kong.
Quindi è per portare avanti una presunta protesta “a-favore-della-democrazia”, per avere un governo-indipendente e per l’auto-determinazione del popolo che i leader della protesta hanno denunciato le “interferenze di Pechino”, e per questo motivo gli stessi leader hanno ottenuto finanziamenti da che deve tutelare interessi stranieri, cosicché nel migliore dei casi i piani di “Occupy Central” sono, ironicamente, partiti semplicemente da una capitale straniera, ma nel peggiore costituiscono un vero e proprio inganno con malafede nei confronti del popolo.

E’ vero la democrazia presuppone l’autogoverno e l’autodeterminazione del popolo, ma se il Dipartimento di Stato USA è colluso e ha finanziato e organizzato i politici e i leader della protesta che si muovono dietro “Occupy Central,” non sarà certo la gente di Hong Kong che governerà o che determinerà qualcosa – sarnno solo Washington e Wall Street a governare e a determinare per loro. Martin Lee e il suo collaboratore Anson Chan si lamentano perché Pechino detta la politica a Hong Kong, ma loro si siedono insieme a gente che deve tutelare altri interessi stranieri e che vuole andare al governo per dettare la politica di Hong Kong, al posto di Pechino.

In poche parole è questa la vera agenda di “Occupy Central”. Non si tratta di dare a Hong Kong il diritto di votare o di scegliere chi dovrà andare al governo, si tratta di tratta di mandare al governo, dietro “Occupy Central”, un potere segretamente gestito dall’estero, e di disarmare Pechino, togliendo qualsiasi arma che possa impedire quella che è – a tutti gli effetti – una ricolonizzazione “soft” di Hong Kong, e un altro tentativo di dividere e destabilizzare la Cina nel suo complesso.

tratto da: (clicca qui)

Pubblicazione

 

di: Marcello FOA

Questo è un esempio di come certe informazioni non circolino sui media occidentali. Un amico che pesca molto bene online mi ha inviato la segnalazione di alcuni articoli che recavano un titolo forte: “Il vicepresidente americano Joe Biden ammette di aver obbligato i Paesi europei ad adottare le sanzioni contro la Russia”.
Come mio dovere, verifico le fonti. E scopro che a dare questa notizia sono Russia Today e altre agenzie di stampa russe. Da esperto di spin mi sorge il dubbio che si tratti di una strumentalizzazione da parte di Mosca. E verifico ulteriormente. In pochi minuti.
Sì, Biden ha tenuto un lungo discorso sulla politica estera all’università di Harvard, discorso a cui i media americani hanno dato ampio spazio ma per evidenziare una battuta, anzi una gaffe su quanto sia frustrante fare il vicepresidente, espressa con un linguaggio molto colorito. Negli articoli, però, nessun riferimento alla frase sull’Europa.
Allora indago ulteriormente, vado sul sito della Casa Bianca dove è pubblicata la trascrizione integrale del discorso di Biden. E, come potete verificare voi stessi, la frase riportata dai media russi è corretta e l’indifferenza con cui è stata accolta dai media occidentali, ma anche europei significativa. Praticamente nessun giornalista ha saputo valutare la portata delle dichiarazioni di Biden. Il che è grave professionalmente, ma non sorprendente: a dare il tono sono state le agenzie di stampa e le tv all news che si sono soffermate sull’aspetto più leggero e sensazionale ovvero la gaffe di Biden; tutto il resto è passato in secondo piano. Anche sulla stampa più autorevole. Perché Biden poteva reggere un titolo, non due. E quelle dichiarazioni formulate nell’ambito di un lungo discorso in cui Biden ha toccato molti aspetti. Gli spin doctor della Casa Bianca si sono ben guardati dall’evidenziarle e sono scivolate via assieme ad altre.
Nessuna manipolazione, nessuna censura: se conosci le logiche e le debolezze dei media puoi orientarli a piacimento, Negli Stati Uniti, ma anche in Europa.
In realtà le dichiarazioni di Biden sono davvero sensazionali,una gaffe in termini diplomatici:
“Abbiamo dato a Putin una scelta semplice: rispetta la sovranità ucraina o avrai di fronte gravi conseguenze. E questo ci ha indotto a mobilitare i maggiori Paesi più sviluppati al mondo affinché imponessero un costo reale alla Russia. “E’ vero che non volevano farlo. E’ stata la leadership americana e il presidente americano ad insistere, tante di quelle volte da dover mettere in imbarazzo l’Europa per reagire e decidere per le sanzioni economiche, nonostante i costi”.
L’ammissione è fortissima: è stata l’America a costringere l’Europa a punire Putin, contro la sua volontà.
Poi un’altra strabiliante ammissione, sull’Isis, che l’America combatte con toni accorati salvo poi ammettere che il pericolo per gli stessi americani non è così rilevante:
“Non stiamo affrontando un pericolo esistenziale per il nostro stile di vita o la nostra sicurezza. Hai due volte più possibilità di essere colpito da un fulmine per strada che di essere vittima di un evento terroristico negli Stati Uniti”.
Dunque l’Isis non è una minaccia seria, così come non lo è più il terrorismo negli Stati Uniti.
Quando qualcuno dice la verità – e chi più di un vicepresidente americano? – il mondo appare molto diverso rispetto alla propaganda ufficiale. In Ucraina e sul terrorismo.
Ma se i media non ne parlano, la propaganda diventa, anzi resta apparente verità. E la vera verità limitata ai pochi che la sanno davvero cogliere e trasmettere.

tratto da: (clicca qui)

Pubblicazione1

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è la dichiarazione fatta davanti all’Assemblea Generale dell’ONU dalla Presidentessa. Ha inoltre messo l’accento sui fondi “avvoltoi” e accusato di atti di ostruzionismo contro “quelli che hanno fiducia nell’Argentina”
“I terroristi non sono soltanto quelli che piazzano bombe” ha dichiarato oggi pomeriggio davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il presidente Cristina Fernandez de Kirchner “ma esistono anche “terroristi economici” che sconvolgono l’economia dei paesi, causando fame, miseria e povertà”.
Ha aggiunto inoltre che “in tempi di avvoltoi e falchi, come questi che viviamo, abbiamo bisogno di più colombe di pace e di rispetto per la legge.”
La Kirchner ha utilizzato il concetto di “terroristi economici” facendo riferimento ai “fondi avvoltoi” e puntando il dito anche verso chi minaccia, molesta, calunnia e mette in giro infami dicerie “per un tornaconto personale” e ostacola “quelli che hanno realmente fiducia nell’Argentina.”

Il discorso del presidente si è concentrato sul tema della ristrutturazione del debito sovrano, che, come ha ricordato, era stato uno dei temi principali nei suoi discorsi precedenti, così come negli interventi del passato che l’ex presidente Nestor Kirchner, aveva fatto dallo stesso leggio.

Durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente ha anche toccato il tema delle Isole Falkland o Isole Malvine, della reiterata richiesta di aiuto alla Repubblica dell’Iran sotto inchiesta dell’Amia, dei conflitti internazionali esistenti, della situazione in Palestina e della necessità di riformare alcune agenzie multilaterali come l’FMI o il Consiglio di Sicurezza.

Per tutti gli argomenti toccati durante il suo discorso, la prima cosa che ha fatto notare il presidente è che l’Argentina può essere considerata un “triplo leading case” (triplo test case) dove poter affrontare particolari situazioni economiche e finanziarie (fondi speculativi avvoltoio); dove poter affrontare il contenimento dell’azione terroristica e della sicurezza (l’Argentina ha subito due attacchi) e in termini di forza e di integrazione territoriale (l’Affaire Malvinas.)
In seguito ha dedicato diversi minuti per il discorso cardine della necessità di stabilire un quadro giuridico globale per disciplinare le questioni relative al debito sovrano e al contenimento delle azioni dei fondi speculativi. Ha chiesto all’Assemblea di prendere una posizione chiara vista anche la votazione di due settimane fa (con 124 voti a favore).
“Accolgo con favore che questa assemblea ha preso il toro per le corna “ha detto, riferendosi al voto delle Nazioni Unite che approvava la proposta dell’Argentina presentata dal Gruppo dei 77 + Cina, per un quadro normativo internazionale per la ristrutturazione del debito sovrano.
Ma non sono tutte rose e fiori. Il presidente ha espresso la sua speranza che “tra quest’anno e il prossimo anno prima della prossima assemblea generale del 2015,” l’ONU stabilirà nuovi standard per gli strumenti di trattative per il pagamento del debito sovrano.

 Questo strumento, ha spiegato, servirà a “qualsiasi altro paese che sta passando quello che sta passando l’Argentina, un paese con la capacità di pagare e che pagherà” ad un giudice locale, come Thomas Griesa, il dovuto.
Questo punto è stato il più applaudito della giornata.
Il capo di Stato ha ritenuto che la misura votata due settimane fa è stato un passo importante per “costruire un esercizio democratico di multilateralismo attivo e costruttivo” in contrasto con altri casi in cui il multilateralismo è stato influenzato da vecchi meccanismi, colpevoli i 5 membri permanenti con diritto di veto delle decisioni della maggioranza all’interno del Consiglio Sicurezza.
“Molti dei problemi che riscontriamo quando parliamo di guerra o di pace, sono dati dall’assenza di un multilateralismo efficace e democratico”.
“Dobbiamo salvare la sovranità di questa assemblea delle Nazioni Unite, dove ogni paese vale un voto e dove si esercita la vera democrazia globale. Quando questo si realizzerà alla lettera, non dico che tutto si risolverà, ma credo che si possano trovare soluzioni soddisfacenti “per la maggior parte dei problemi nel mondo.
In un’altra parte del suo discorso, il presidente, che è arrivato a New York accompagnato, tra gli altri dalle famiglie delle vittime dei bombardamenti AMIA, si è concentrato sullo studio di attacchi terroristici e sulle implicazioni della firma del memorandum di cooperazione con la Repubblica islamica dell’Iran, al fine di ottenere dichiarazioni degli iraniani accusati dalla giustizia Argentina.

 Ricordando gli sforzi dell’ex presidente Kirchner ha fatto riferimento alle critiche che ha ricevuto per la firma del protocollo d’intesa con l’Iran e ha dichiarato: “Questa settimana abbiamo appreso che in un emblematico hotel di New York il Waldorf Astoria il Capo del Dipartimento di Stato ha incontrato il suo omologo iraniano. Chiediamo a chi ha accusato l’Iran di terrorismo l’anno scorso, cosa dirà ora”.

 “Cosa diranno di coloro che oggi compongono l’ISIS (lo Stato islamico) che erano i Freedom Fighters (combattenti per la libertà) nella precedente guerra contro il regime di Assad in Siria. Questo è un problema: le grandi potenze cambiano troppo facilmente il concetto di amico e nemico, terroristi e non terroristi, e dobbiamo chiarire che non possiamo continuare a usare le posizioni politiche o geopolitiche internazionali per risolvere questioni di potere “.
È stato dopo questo passaggio del suo discorso che il capo di Stato ha invocato le parole di Papa Francesco per la pace nel mondo, per poi invitare l’Assemblea delle Nazioni Unite a “riconoscere definitivamente lo stato della Palestina come membro a tutti gli effetti di questa assemblea ” questo” servirà a risolvere i nodi gordiani “che hanno generato la crisi in Medio Oriente.
In questo contesto ha anche ricordato che l’Argentina sta sostenendo da più di cento anni una battaglia per la sovranità delle isole Falkland e chiede alle Nazioni Unite che il Regno Unito discuta apertamente con l’Argentina questo problema “, e non c’è nessun membro del Consiglio di Sicurezza che si sia preoccupato per questo.”
“Fino a quando ciò accadrà, che il valore del voto dei cinque membri permanenti è più forte” rispetto ad altri membri delle Nazioni Unite, “non si risolverà niente e ogni anno faremo gli stessi discorsi.”
“Esorto questa assemblea a riprendere i poteri delegati al Consiglio” per garantire che sia effettivamente un organo sovrano in cui “ogni paese valga un voto” pari agli altri.
“È importante riflettere profondamente su questi temi ed avere la certezza che l’Assemblea delle Nazioni Unite riprenderà la sua leadership, il suo mandato, di controllore verso le inosservanze dei diritti internazionali di molti paesi.
Così facendo certamente avremo contribuito alla costruzione della pace, alla lotta contro il terrorismo e lasceremo ai nostri figli un mondo migliore. “

Il discorso della presidente Cristina Kirchner Fernández è stato introdotto dall’ambasciatore dell’Argentina presso le Nazioni Unite, Maria Cristina Perceval, vice presidente dell’Assemblea che ha presieduto la sessione quando l’Argentina ha preso la parola.
Il discorso è stato seguito dalla tribuna da una delegazione che comprendeva, tra gli altri, i funzionari nazionali, legislatori, rappresentanti dei giovani; mentre i banchi dell’Argentina erano occupati dal Segretario della Giustizia e Tecnica Carlos Zannini, i parlamentari nazionali Andrew “Cuervo” Larroque e Eduardo “Wado” Peter, il ministro degli Esteri Hector Timerman, il Segretario Comunicazione Pubblica Alfredo Scoccimarro e il capo della Scholas Occurrentes, José María del Corral.

Al termine del suo discorso la presidente si è diretta al Consiglio di Sicurezza dove era presente il presidente degli USA, Barack Obama, che aveva iniziato il consiglio mentre la presidente dell’Argentina stava parlando all’Assemblea Generale.

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