di Paolo MALEDDU

Questo articolo, segnalatomi da un Marco Saba sempre attento a monitorare tutto ciò che succede nel sistema monetario internazionale, è appena apparso sul numero di Settembre-Ottobre della rivista Foreign Affairs. E’ una autentica bomba a tempo: perciò ho voluto immediatamente tradurlo e metterlo in circolazione nel web. Foreign Affairs è la rivista del Council of Foreign Relations, probabilmente il think-tank internazionale più prestigioso tra quelli visibili, una associazione indipendente (dicono loro) che fa parte della cupola del Governo Mondiale (diciamo in tanti). Pertanto, l’articolo che segue, firmato da  Mark Blyth e Eric Lonergan, provenendo dal Cfr, assume una rilevanza fuori dall’ordinario. E’ il vertice del Potere mondiale che suggerisce di consegnare direttamente ai consumatori il denaro contante: non potrà non avere ripercussioni importanti in un futuro molto prossimo. E’ un segnale importante, visto la provenienza. E’ un documento da esaminare per bene per poter cogliere ed interpretare i numerosi segnali che contiene. Ci sono suggerimenti e commenti che somigliano molto a veri e propri ordini o avvertimenti per i governanti. Nonostante la ben giustificata diffidenza che nutriamo nei confronti della classe dominante dei banchieri, numerosi messaggi e la frase che nel finale dice Il tempo è giunto per tale tipo di innovazione” , ci incoraggiano a essere ottimisti. Sarà l’inizio di una svolta tanto attesa? Speriamo bene …

 

Stampare Meno ma Trasferire di Più               

Perché le Banche Centrali dovrebbero Dare Denaro Direttamente alla Gente 

Nei decenni che seguirono la Seconda Guerra Mondiale, l’economia del Giappone crebbe così velocemente e così a lungo che gli esperti descrissero il fenomeno come assolutamente miracoloso. Durante l’ultimo grande boom del Paese, tra il 1986 e il 1991, la sua economia è cresciuta di quasi un trilione di dollari. Ma poi, in una storia con chiare similitudini  con quella odierna, la bolla speculativa del Giappone scoppiò, e i suoi mercati azionari andarono giù in picchiata. Il debito pubblico si gonfiò a dismisura, e la crescita annua scese a meno dell’uno per cento. Nel 1998 l’economia si stava contraendo.

In quel Dicembre, un professore di economia di Princeton dichiarò che i banchieri centrali avrebbero ancora potuto porre rimedio. Il Giappone stava essenzialmente soffrendo per una insufficienza di domanda: i tassi di interesse erano già bassi, ma i consumatori non stavano comprando, le aziende non prendevano prestiti, e gli investitori non stavano rischiando. Era una previsione che si realizzava da sé: il pessimismo economico stava impedendo la ripresa.   Bernanke disse che la Bank of Japan doveva essere più aggressiva e suggerì di prendere in considerazione un approccio non convenzionale: dare contante direttamente alle famiglie giapponesi. I consumatori avrebbero potuto spendere la manna caduta dal cielo per uscire dalla recessione, alimentando la domanda e facendo salire i prezzi.

Come lo stesso Bernanke chiarì, il concetto non era nuovo: negli anni ’30, l’economista inglese John Maynard Keynes propose di seppellire bottiglie di banconote in vecchie miniere di carbone; una volta riportate alla luce (come l’oro), il contante avrebbe creato nuova ricchezza e stimolato la spesa. Anche l’economista conservatore Milton Friedman vide l’attrattiva del trasferimento diretto del denaro, che paragonò ad un lancio di denaro dall’elicottero. Il Giappone comunque non tento queste soluzioni, e l’economia del Paese non si è mai ripresa completamente. Tra il 1993 e il 2003, la crescita annuale media del Giappone era meno dell’uno per cento.

Oggi la maggior parte degli economisti sono d’accordo che, come il Giappone nella seconda parte degli anni ’90, l’economia globale sta soffrendo a causa di una spesa insufficiente, un problema che deriva da un più grave difetto di governance. Le Banche Centrali, inclusa la U.S. Federal Reserve, hanno intrapreso azioni aggressive, abbassando consistentemente i tassi d’interesse in misura tale che oggi si aggirano intorno allo zero. Hanno anche pompato un valore di trilioni di dollari di denaro fresco dentro il sistema finanziario. Ciononostante tali politiche hanno solo alimentato un dannoso ciclo di boom e crisi, annullando gli incentivi e distorcendo i prezzi degli assets, e ora la crescita economica ristagna mentre peggiora la disuguaglianza. E’ giunto il tempo, quindi, per i responsabili politici americani, così come le loro controparti in altri paesi sviluppati, di prendere in considerazione una qualche versione dei lanci di denaro dall’elicottero di Friedman. A breve termine, questi trasferimenti di contante potrebbero far ripartire di scatto l’economia. Sul lungo periodo, potrebbero ridurre la dipendenza dal sistema bancario per la crescita e invertire il trend della disuguaglianza. I trasferimenti non provocherebbero dannosa inflazione, e pochi mettono in dubbio che funzionerebbero. L’unica domanda è perché nessun governo li abbia provati.

Invece di trascinare verso il basso la parte alta, i governi dovrebbero spingere verso l’alto la parte inferiore.

DENARO FACILE

In teoria, i governi possono incrementare la spesa in due modi: attraverso politiche fiscali (come abbassando le tasse o aumentando la spesa del governo) o attraverso politiche monetarie ( come riducendo i tassi d’interesse o aumentando l’offerta di denaro). Ma negli ultimi decenni, i governi si sono affidati quasi esclusivamente alla seconda opzione. Il cambio è avvenuto per svariate ragioni. Soprattutto negli Stati Uniti, le divisioni sulla politica fiscale sono cresciute troppo  per poter essere ricucite, in quanto destra e sinistra hanno dato inizio a dure lotte per scegliere tra l’incremento della spesa del governo o il taglio delle tasse. Generalmente, sgravi fiscali e incentivi di stimolo tendono ad avere più grossi ostacoli politici che i cambiamenti di politica monetaria. Presidenti e primi ministri hanno bisogno dell’approvazione delle loro assemblee legislative per passare un budget; ciò richiede tempo, e le agevolazioni fiscali e gli investimenti pubblici spesso beneficiano potentati privati piuttosto che l’economia nel suo insieme. Molte banche centrali, al contrario, sono politicamente indipendenti e possono tagliare i tassi d’interesse con un unica teleconferenza. Inoltre, semplicemente non c’è un reale consenso sul come usare le tasse o la spesa per stimolare in maniera efficiente l’economia.

La crescita continua dagli ultimi anni ’80 ai primi anni di questo secolo sembravano giustificare questa enfasi sulla politica monetaria. L’approccio presentava gravi inconvenienti, tuttavia. a differenza della politica fiscale, che agisce direttamente sulla spesa, la politica monetaria opera in maniera indiretta. I bassi tassi d’interesse riducono i costi dei prestiti e portano su i costi di azioni, obbligazioni e delle case. Ma stimolare in questo modo l’economia è caro e non efficiente, e può creare pericolose bolle – per esempio nel mercato immobiliare – e incoraggiare aziende e famiglie ad avventurarsi in pericolosi indebitamenti.

Ciò è precisamente cosa accadde durante la presidenza della Fed di Alan Greenspan dal 1997 al 2006: Washington fece troppo affidamento sulla politica monetaria per incrementare la spesa. I commentatori spesso biasimano Greenspan di aver preparato il terreno per la crisi finanziaria del 2008, tenendo gli interessi troppo bassi nei primi anni di questo secolo. Ma l’impostazione di Greenspan era solo una reazione alla mancanza di volontà del Congresso di usare i propri strumenti fiscali. Inoltre, Greenspan era in completa buona fede nel suo agire. Nella testimonianza al Congresso nel 2002, spiegò come la politica della Fed influenzasse l’americano medio: “Particolarmente importanti nel sostenere la spesa sono i tassi molto bassi di interesse sui mutui, che incoraggiano le famiglie ad acquistare case, rifinanziare il debito e abbassare gli oneri del servizio del debito, ed estrarre valore dalle case per finanziare la spesa. I tassi d’interesse fissi rimangono ad un livello storicamente basso e dovrebbe quindi alimentare una  richiesta abbastanza forte di abitazioni e, per mezzo dell’estrazione di valore, sostenere anche la spesa dei consumatori”.

Naturalmente, il modello di Greenspan si schiantò e si bruciò in maniera spettacolare quando il mercato immobiliare delle case implose nel 2008. Ancora niente è in realtà cambiato da allora. Gli Stati Uniti hanno a malapena rimesso insieme il loro sistema finanziario e riesumato le stesse politiche che crearono 30 anni di bolle finanziarie. Considerate ciò che Bernanke, che venne fuori dall’accademia per servire come successore di Greenspan, fece con la sua politica di “quantitative easing” , col quale la Fed incrementò la disponibilità di denaro acquistando miliardi di dollari di titoli garantiti da ipoteca e titoli di Stato. Bernake puntò ad incrementare i prezzi di azioni e obbligazioni nello stesso modo con cui Greenspan aveva tirato su i prezzi delle case. I loro obiettivi erano sostanzialmente gli stessi: incrementare la spesa al consumo.

Gli effetti complessivi delle politiche di Bernanke sono stati simili a quelli di Greenspan. I più alti prezzi degli assets hanno incoraggiato una modesta ripresa della spesa, ma con gravi rischi per il sistema finanziario e ad un enorme costo per i contribuenti. Ciò nonostante altri governi hanno continuato a seguire il cammino di Bernanke. La Banca Centrale del Giappone, per esempio, ha tentato di usare la propria politica di quantitative easing per sollevare il mercato azionario. Sino ad ora, comunque, gli sforzi di Tokyo non sono riusciti a contrastare il sottoconsumo cronico del Paese. Nell’eurozona, la Banca Centrale Europea ha tentato di incrementare gli incentivi di spesa rendendo negativi i tassi d’interesse, addebitando lo 0,1 per cento alle banche commerciali per il deposito di contante. Ma non si nota che questa politica abbia incrementato la spesa.

La Cina sta già lottando per far fronte alle conseguenze di politiche simili, adottate sulla scia della crisi finanziaria del 2008. Per tenere a galla l’economia nazionale, Pechino tagliò decisamente i tassi d’interesse e diede alle banche il permesso di rilasciare un numero senza precedenti di prestiti. Il risultato è stato un drammatico incremento nei prezzi dei beni e sostanziale nuovo indebitamento da parte di individui e società finanziarie, che portò a una pericolosa instabilità. I responsabili politici cinesi stanno ora tentando di sostenere la spesa complessiva riducendo il debito e rendendo i prezzi più stabili. Allo stesso modo di altri governi, a Pechino mancano le idee sul da farsi. Non vuole continuare ad allentare la politica monetaria. Ma non ha ancora trovato un’altra strada per andare avanti.

La più ampia economia globale può essere già entrata, nel frattempo, in una bolla obbligazionaria e potrebbe presto assistere ad una bolla azionaria. Il mercato immobiliare delle case nel mondo, da Tel Aviv a Toronto, è surriscaldato. Nel settore privato, molti non vogliono contrarre nuovi prestiti; pensano che il loro livello di debiti sia già troppo alto. Queste sono notizie estremamente negative per i banchieri centrali: quando famiglie e investitori rifiutano di aumentare rapidamente i prestiti, la politica monetaria non può fare molto per incrementare la loro spesa.  Negli ultimi 15 anni le maggiori banche centrali del mondo hanno ampliato i loro bilanci di circa 6 trilioni, principalmente attraverso quantitative easing e altre così chiamate operazioni di liquidità. Ciò nonostante, nella gran parte del mondo sviluppato, l’inflazione si è appena mossa.

In qualche misura, l’inflazione bassa riflette una intensa competitività in una economia sempre più globalizzata. Ma succede anche quando la popolazione e gli investitori esitano troppo a spendere il loro denaro, il che tiene alta la disoccupazione e bassa la crescita dei salari. Nell’eurozona l’inflazione è pericolosamente scesa vicino allo zero. E alcuni paesi come Portogallo e Spagna, potrebbero già trovarsi in deflazione. Nella migliore delle ipotesi, le politiche attuali non stanno funzionando; nella peggiore, conducono a crescente instabilità e stagnazione prolungata.

FAI CHE PIOVA

I Governi devono far meglio. Piuttosto che tentare di stimolare la spesa del settore privato attraverso l’acquisto di assets o cambi nei tassi d’interesse, le banche centrali, come la Fed, dovrebbero consegnare direttamente il contante ai consumatori. Praticamente, questa politica potrebbe dare alle banche centrali la possibilità di consegnare alle famiglie dei contribuenti dei loro paesi un certo ammontare di denaro. Il governo potrebbe equamente distribuire contante a tutti i nuclei familiari o, ancora meglio, destinarlo all’ottanta per cento inferiore delle famiglie in termini di reddito. Puntare a coloro che guadagnano meno avrebbe due benefici principali. Da un lato, le famiglie a più basso reddito sono più soggette a consumare, tanto da incrementare maggiormente la spesa. Da un altro, la scelta politica porrebbe un freno alla crescente disuguaglianza.

Un tale approccio rappresenterebbe una significativa innovazione nella politica monetaria dall’istituzione della banca centrale, senza essere comunque un radicale abbandono dello status quo. La maggior parte dei cittadini già confidano nell’abilità delle loro banche centrali di manipolare i tassi d’interesse. E i cambi dei tassi sono tanto ridistributivi come i trasferimenti di contante. Quando i tassi d’interesse calano, per esempio, coloro che prendono in prestito a tasso variabile terminano beneficiandone, mentre coloro che risparmiano – e quindi dipendono più dal reddito da interessi – perdono.

La maggior parte degli economisti concordano che trasferimenti di contante dalla banca centrale stimolerebbe la domanda. Ma i responsabili politici tuttavia continuano a resistere all’idea. In un discorso del 2012, Mervyn King, il governatore della Banca d’Inghilterra, dichiarò che i trasferimenti tecnicamente equivalgono a una politica fiscale, che cade al di fuori dell’ambito del banchiere centrale, una opinione a cui ha fatto eco nel passato Marzo la sua controparte giapponese, Haruhiko Kuroda. Tali argomenti, comunque, sono puramente semantici.  Distinzioni tra politiche monetarie e fiscali sono una funzione che i governi chiedono alle loro banche centrali di svolgere. In altre parole, i trasferimenti di contante diventerebbero uno strumento di politica monetaria non appena le banche iniziassero ad usarli.

Altri critici ammoniscono che questi lanci dall’elicottero potrebbero causare inflazione. I trasferimenti, comunque, sarebbero uno strumento flessibile. I banchieri centrali potrebbero lanciarli quando ritengono più opportuno e aumentare i tassi d’interesse per compensare effetti inflazionari, quantunque non ci dovrebbe essere bisogno: in anni recenti i bassi tassi d’interesse si sono dimostrati notevolmente resilienti, persino dopo ripetuti quantitative easing.  Tre trends spiegano perché. Primo, l’innovazione tecnologica ha portato giù i prezzi al consumo e la globalizzazione ha impedito l’aumento negli stipendi. In secondo luogo, le ricorrenti crisi (panics) finanziarie degli ultimi decenni hanno spinto molte economie di più bassi redditi ad incrementare il risparmio – in forma di riserve di valuta – come forma di assicurazione. Ciò significa che hanno speso molto meno di quanto potrebbero, affamando le loro economie di investimenti in aree come infrastrutture e difesa, che avrebbero fornito occupazione e fatto crescere i prezzi. Infine, in tutto il mondo industrializzato, le aumentate aspettative di vita hanno spinto privati cittadini a focalizzarsi sul risparmio a più lungo termine (pensa al Giappone).  In conseguenza di ciò, adulti di mezza età e gli anziani hanno iniziato a spendere meno su beni e servizi.  Queste radici strutturali della bassa inflazione odierna continueranno a rinforzarsi nei prossimi anni, come la competizione globale si intensifica, persistono i timori di crisi finanziarie, e la popolazione in Europa e negli Stati Uniti continua ad invecchiare. Se non altro, i responsabili politici dovrebbero preoccuparsi di più della deflazione, che sta già creando problemi nell’eurozona.

Non c’è necessità, quindi, che le banche centrali abbandonino la loro tradizionale attenzione a mantenere alta la domanda e il controllo dell’inflazione. I trasferimenti di contante offrono più opportunità di raggiungere quegli obiettivi di quanto lo facciano i cambi dei tassi d’interesse e i quantitative easing, ad un costo molto inferiore. Dal momento che sono più efficienti, i lanci dall’elicottero richiederebbero alle banche meno stampa di denaro.  Depositando i fondi direttamente in milioni di conti correnti – stimolando immediatamente la spesa – i banchieri centrali non avrebbero necessità di quantità di denaro equivalente al 20 per cento del Prodotto Interno Lordo.

L’impatto complessivo dei trasferimenti dipenderebbe dal cosiddetto moltiplicatore fiscale, che misura di quanto il Pil crescerebbe per ogni 100 dollari trasferiti.  Negli Stati Uniti, gli sgravi fiscali previsti dal Economic Stimulus Act del 2008, che ammontava più o meno all’uno per cento del Prodotto Interno Lordo (GPD), può fungere da utile guida: si stima che abbiano un moltiplicatore di circa 1.3. Ciò significa che una iniezione di contante equivalente al due per cento del Pil, accrescerebbe probabilmente l’economia di un 2.6 per cento. Trasferimenti di quella portata – meno del cinque per cento del Pil – sarebbero probabilmente sufficienti a generare una crescita economica.

Usando i trasferimenti di contante, le banche centrali potrebbero incrementare la spesa senza correre il rischio di tenere i tassi d’interesse bassi.  Ma i trasferimenti indirizzerebbero solo in maniera marginale la disuguaglianza del reddito, un’altra grave minaccia per la crescita economica nel lungo termine. Negli ultimi tre decenni, i salari del 40 per cento inferiore dei percettori nei paesi industrializzati non sono cresciuti, mentre i percettori al top hanno visto incrementare vertiginosamente i loro redditi. La Banca d’Inghilterra ritiene che il cinque per cento più ricco delle famiglie britanniche possieda ora il 40 per cento della ricchezza totale del Regno Unito – un fenomeno adesso comune nel mondo industrializzato.

Per ridurre il divario tra ricchi e poveri, l’economista francese Thomas Piketty e altri hanno proposto una tassa globale sulla ricchezza. Ma una tale politica non sarebbe efficiente. Per il semplice motivo che i ricchi userebbero probabilmente la loro influenza politica e le risorse finanziarie per opporsi alla tassa ed evitare di pagarla. Circa 29 trilioni di assets offshore riposano al di fuori della portata dei ministeri del tesoro statali, e la nuova tassa aumenterebbe quella quantità. In aggiunta, la maggior parte delle persone che dovrebbero pagare – il dieci per cento più alto di percettori – non sono tanto ricchi. Di solito, la maggior parte delle famiglie nel segmento di più alto reddito sono della classe medio-alta, non super-ricchi. Caricare  ulteriormente questo gruppo sociale avrebbe alti costi politici e, come i recenti problemi di budget della Francia dimostrano, renderebbe scarsi benefici finanziari. In conclusione, le tasse sul capitale scoraggerebbe investimenti privati e innovazione.

Ci sarebbe un’altra strada: invece di tentare di portare giù il vertice, i governi potrebbero potenziare la parte inferiore. Le banche centrali potrebbero emettere debito e utilizzare il ricavato investendolo in un indice azionario globale, un pacchetto di investimenti differenziati con un valore che cresce e cade con il mercato, che potrebbero tenere in fondi sovrani. La Banca d’Inghilterra, la Banca Centrale Europea, e la Federal Reserve già posseggono beni patrimoniali in eccesso del 20 per cento del Prodotto Interno Lordo dei loro paesi, perciò non c’è motivo per cui non possano investire quegli assets in azioni globali a beneficio dei loro cittadini. Dopo circa 15 anni, i fondi potrebbero distribuire le loro partecipazioni azionarie all’ottanta per cento inferiore per reddito dei contribuenti. I pagamenti si potrebbero effettuare su conti correnti individuali non tassabili, e il governo potrebbe porre piccoli vincoli su come il capitale potrebbe essere usato.

Per esempio, ai beneficiari si potrebbe richiedere di mantenere i fondi come risparmi o finanziare la loro educazione, saldare debiti, iniziare un business, o investire in una casa. Tali restrizioni spingerebbe i riceventi a pensare ai trasferimenti di denaro come un investimento per il futuro, piuttosto che a una vincita alla lotteria. L’obiettivo, per di più, sarebbe quello di incrementare la ricchezza nella parte bassa della distribuzione del reddito sul lungo periodo, che contribuirebbe molto a diminuire l’ineguaglianza.

La cosa migliore è che il sistema si auto-finanzierebbe. La maggior parte dei governi possono ora emettere titoli di debito a un tasso di interesse reale vicino allo zero. Se accumulassero capitale in quel modo o liquidassero i beni che attualmente possiedono, potrebbero godere di un rendimento reale del cinque per cento – una stima prudente, dati i rendimenti storici e le valutazioni correnti. Grazie agli effetti dell’interesse composto, i profitti da questi fondi potrebbero ammontare circa a un 100 per cento di plusvalenza dopo appena 15 anni. Ammettiamo che un governo emetta titoli di debito equivalente al 20 per cento del Pil ad un interesse reale uguale a zero, e quindi investa il capitale in un indice azionario globale. Dopo 15 anni potrebbe ripagare il debito generato e anche trasferire il capitale in eccesso alle famiglie. Questo non è alchimia. E’ una politica che metterebbe il cosiddetto premio per il rischio azionario – il rendimento in eccesso che gli investitori ricevono in cambio per mettere a rischio il loro capitale –  a lavorare per tutti.

PIU’ DENARO, MENO PROBLEMI

Per come stanno attualmente le cose, le politiche monetarie prevalenti sono andate avanti quasi completamente senza essere contrastate, se si eccettuano le proposte di economisti keynesiani come Lawrence Summers e Paul Krugman, che hanno sollecitato per spese finanziate dal governo per infrastrutture e ricerca. Tali investimenti, secondo il ragionamento, creerebbero posti di lavoro facendo gli Stati Uniti più competitivi. Ed ora sembra il momento più propizio per mettere insieme fondi per pagare tali lavori: i governi possono prendere in prestito per dieci anni a tassi reali di interessi vicini allo zero.

Il problema di questi obiettivi è che la spesa in infrastrutture ci impiega troppo tempo per riavviare una economia in difficoltà. Nel Regno Unito, per esempio, i responsabili politici ci hanno impiegato dieci anni per arrivare a un accordo per costruire un progetto di ferrovia ad alta velocità noto come HS2 e un tempo altrettanto lungo per mettersi d’accordo su un progetto di aggiungere una terza pista all’aeroporto di Heathrow a Londra. Tali grandi investimenti a lungo termine sono necessari. Ma non dovrebbero essere fatti con fretta. Chiedete appunto agli abitanti di Berlino del nuovo, non necessario aeroporto che il governo tedesco sta costruendo per oltre 5 miliardi di dollari, attualmente con cinque anni di ritardo sui programmi. I governi continuano quindi ad investire in infrastrutture e ricerca, ma quando si trovano ad affrontare una domanda insufficiente, dovrebbero affrontare il problema della spesa velocemente e in modo diretto.

Se il trasferimento di contante rappresenta qualcosa di tanto sicuro, perché nessuno lo ha provato? La risposta, in parte, si riduce ad un avvenimento nella storia: le banche centrali non sono state progettate per gestire la spesa. Le prime banche centrali, molte delle quali sono state fondate alla fine del diciannovesimo secolo, furono progettate per portare avanti poche funzioni basiche: emettere valuta, approvvigionare di liquidità il mercato dei titoli di Stato e mitigare il panico bancario (le crisi del sistema, N.d.T.).  Erano soprattutto impegnate nelle cosiddette operazioni a mercato aperto – essenzialmente, l’acquisto e la vendita dei titoli di Stato – che procuravano liquidità alle banche e determinavano il tasso di interesse nei mercati monetari. Il quantitative easing, l’ultima variante della funzione di acquisto di titoli, si dimostrò capace di stabilizzare i mercati monetari nel 2009, ma ad un costo troppo elevato, considerando la piccola crescita raggiunta.

Un secondo fattore che spiega il persistere della vecchia maniera di fare business coinvolge il bilancio delle banche centrali. La contabilizzazione convenzionale tratta il denaro – banconote e riserve – come un passivo. Così se una di queste banche dovesse emettere trasferimenti di contante in eccesso rispetto al suo attivo, potrebbe tecnicamente avere un patrimonio netto negativo. Ma non ha senso preoccuparsi della solvenza delle banche centrali: dopo tutto, possono stampare altro denaro.

Le più forti fonti di resistenza ai trasferimenti di contante sono politiche e ideologiche. Negli Stati Uniti, per esempio, la Fed è estremamente contraria a cambiamenti legislativi riguardanti la politica monetaria per timore di azioni del congresso tese a limitare la propria libertà d’azione in una futura crisi (come ad esempio impedendogli di salvare banche straniere). Inoltre, molti americani conservatori ritengono i trasferimenti di cash essere elemosine socialiste. In Europa, nella quale uno potrebbe credere di trovare suolo più  fertile per tali trasferimenti, la paura tedesca dell’inflazione che condusse la Banca Centrale Europea ad alzare i tassi nel 2011, nel mezzo della più grande recessione dagli anni ’30, suggerisce che una resistenza ideologica si possa trovare anche là.

Coloro ai quali non piace l’idea di premi in denaro, comunque, dovrebbero immaginare quelle povere famiglie ricevere una imprevista eredità o sgravio fiscale.  Una eredità è un trasferimento di ricchezza non guadagnato dal destinatario, e tempistica e quantità sfuggono al controllo del beneficiario. Sebbene il regalo possa venire da un membro della famiglia, in termini finanziari, è uguale a un trasferimento di denaro diretto dal governo. Le persone povere, naturalmente, raramente hanno parenti ricchi e così, raramente ricevono eredità – ma secondo il piano qui proposto, la riceverebbero, ogni volta che il loro Paese fosse a rischio di entrare in recessione.

A meno che uno non sottoscriva che le recessioni siano terapeutiche o meritate, non c’è nessun motivo per il quale il governo non debba tentare di porre loro fine se ne ha la possibilità, e i trasferimenti di denaro contante sono un metodo unicamente efficace di farlo. Per un motivo, incrementerebbero immediatamente la spesa, e le banche centrali potrebbero attivarli istantaneamente, a differenza della spesa in infrastrutture o di cambiamenti nelle disposizioni fiscali, che solitamente richiedono leggi. E in contrasto con tagli ai tassi di interesse, i trasferimenti di denaro contante influenzerebbe la domanda direttamente, senza gli effetti indesiderati di condizionare i mercati finanziari e i prezzi dei beni. Aiuterebbero pure a correggere l’ineguaglianza – senza spellare i ricchi.

A parte l’ideologia, le maggiori barriere all’implementazione di questa politica sono sormontabili. Il tempo è giunto per questo tipo di innovazioni. Le banche centrali stanno ora tentando di guidare le economie del ventunesimo secolo con set di strumenti politici inventati oltre un secolo fa. Facendo troppo affidamento su quei sistemi, hanno terminato coll’abbracciare politiche con perverse conseguenze e povere ricompense finali. Tutto ciò che serve per cambiare rotta è coraggio, cervello, e una leadership per tentare qualcosa di nuovo.

tratto da: (clicca qui)

2014.09.11 – Barack Osama e i ragazzi dell’Isis, reclutati dagli Usa

Posted by Presidenza on 11 Settembre 2014
Posted in articoli 

U.S.A., lo Stato terrorista per eccellenza che la propaganda occidentale dipinge come paladino della democrazia…..

 

La drammatica e apparentemente inarrestabile ascesa dell’Isis ha riportato l’attenzione mediatica sul martoriato Iraq, caduto nel dimenticatoio dopo il ritiro delle truppe americane. I mezzi di informazione sono prodighi di informazioni nel descrivere le atrocità del Califfato, ma reticenti nel raccontare chi siano i suoi membri e quale sia la sua origine. Lo Stato Islamico di Iraq e Siria (questo il nome completo) non è una forza apparsa improvvisamente dal nulla, ma il figlio diretto delle politiche dell’imperialismo americano in Medio Oriente che ha le sue radici nel conflitto siriano e nel caos dell’Iraq post-Saddam, ricorda Riccardo Maggioni, secondo cui per capire meglio qual è il ruolo dell’Isis occorre fare un salto indietro di almeno trent’anni, dal momento che l’islamismo politico «è l’alleato oggettivo dell’imperialismo americano nel Medio Oriente» a partire dai lontani anni ‘80, quand’era il pretesto perfetto per consentire agli Usa di intervenire per aiutare i “buoni” e punire i “cattivi”.

Osama Bin Laden

Negli anni ’80, durante la guerra fredda, l’Islam conservatore era l’alleato degli Usa nel contenere la diffusione del comunismo e dell’influenza dell’Urss nel mondo arabo, scrive Maggioni in un post ripreso da “Informare per Resistere”. Sotto la presidenza Reagan, gli Usa «armarono e addestrarono i Talebani in Afghanistan» per rovesciare la repubblica popolare afghana e contrastare il successivo intervento sovietico. «Al-Qaeda nasce qui, con i soldi e il supporto americano, tanto che lo stesso Bin Laden (ricordiamolo: proveniente da una famiglia di affaristi sauditi in stretti rapporti con gli Usa) combatteva in Afghanistan e veniva intervistato da quotidiani occidentali come “The Indipendent” i quali lo definivano “freedom fighter”». I Talebani, aggiunge Maggioni, «vennero addirittura glorificati in film come “Rambo 3”», mentre «vari leader islamisti afghani furono ricevuti alla Casa Bianca da Reagan, che li definì “leader con gli stessi valori dei Padri Fondatori”».

La medesima strategia è proseguita negli anni novanta con Clinton, «che poté intervenire in Jugoslavia al fianco dei narcotrafficanti dell’Uck in Kosovo spacciati come difensori del proprio popolo da non meglio precisati genocidi». Con Bush la strategia cambia: complice l’11 Settembre, gli amici di ieri diventano i nemici di oggi. Scatta così una campagna propagandistica mondiale, secondo cui l’Islam ha dichiarato guerra alla civiltà occidentale e ci sono arabi dietro ogni angolo pronti a farsi esplodere. «Con questa scusa parte la cosiddetta “guerra al terrore”, grazie alla quale vengono eliminati gli ex-alleati Talebani ora sfuggiti al controllo e si invade l’Iraq». Una guerra «totalmente priva di senso anche per la logica di Bush», in teoria, considerato che il governo di Saddam Hussein «apparteneva alla corrente del baathismo laico e di tutto poteva essere tacciato tranne che di islamismo».

Con Obama la strategia cambia ancora: non esiste più la minaccia islamica, ma gli Stati Uniti devono intervenire per difendere i giovani della “primavera araba” in lotta contro i “dittatori”, «termine indicante tutti i capi di Stato non graditi all’America». E Bin Laden, «tenuto in vita come spauracchio durante l’epoca Bush», viene «fatto fuori in un lampo, ovviamente prima che possa parlare dei suoi passati legami con gli Usa». Gli islamisti di oggi sono nuovamente alleati dell’America. E tutti i peggiori integralisti, dal Fronte Al-Nusra siriano ai Fratelli Musulmani, vengono trasformati dai media in giovani nonviolenti, in lotta contro la dittatura. «Con questa scusa, Obama arma delle milizie islamiste in Libia e interviene in loro supporto per eliminare Gheddafi: ora la Libia è un inferno a cielo aperto in preda a gang islamiche, mentre gli americani ne saccheggiano il petrolio».

Abu Bakr Al-Baghdadi

Il copione viene replicato in Siria, dove gli Usa appoggiano «animali assetati di sangue come Al-Nusra e il famigerato Isis», presentati però sempre come «studenti che manifestano per i diritti umani». Fallito l’assalto al regime di Assad, però, i “bravi ragazzi” tornano utili ugualmente, sotto forma di “cattivi ragazzi”. Vengono infatti presentati come terroristi: la vecchia propaganda sulla “minaccia islamista” viene riciclata da Obama per giustificare l’inizio di operazioni militari in Iraq. «La situazione fa quasi sorridere – sottolinea Maggioni – considerando che l’Isis sostanzialmente sono i ribelli siriani presentati come sinceri democratici e a fianco dei quali meno di un anno fa lo stesso Obama voleva intervenire militarmente. Le stesse persone, al variare degli interessi in gioco, passano da combattenti per la libertà a sanguinari terroristi, a seconda che si trovino ad ovest o ad est del confine tra Siria e Iraq».

L’Isis? E’ un gruppo integralista sunnita, che si propone l’obiettivo di creare uno Stato islamico, il Califfato, che comprenda i territori di Siria e Iran per portare avanti la jihad contro lo sciitismo. Il terreno fertile per la sua espansione è stato creato dall’intervento militare americano in Iraq del 2003, continua Maggioni: il rovesciamento di Saddam ha causato la caduta di uno dei pochi Stati laici della regione e fatto saltare il delicato equilibrio interno tra la maggioranza sciita e la minoranza sunnita. Nel caos e nell’anarchia seguenti, l’islamismo politico è potuto tornare a operare alla luce del sole, con spazi di manovra di cui prima era privo. «I gruppi islamisti sono riusciti in breve tempo a raccogliere un ampio consenso all’interno delle minoranze etniche sunnite», in un Iraq a maggioranza sciita: «Il che ha portato, dalla caduta di Saddam in poi, all’affermazione di governi guidati da forze politiche sciite, quale quello del presidente Al-Maliki».

Nouri Al-Maliki

A partire dal 2011, questo quadro si è incrociato con lo scenario della guerra civile siriana, con in primo piano le infami milizie dell’Isis, un “mostro” «che cresce e si sviluppa grazie al supporto economico, diplomatico e militare di Washington», espandendosi a macchia d’olio in Iraq, «dove si guadagna un consistente supporto tra la popolazione sunnita e inizia una guerriglia contro il governo del presidente Al-Maliki». L’Isis, insiste Maggioni, è funzionale agli interessi americani anche in Iraq: dopo la caduta del sunnita Saddam, il paese si è avvicinato ai correligionari dell’Iran e di conseguenza anche alla Siria, alleato storico di Teheran, «creando negli Usa il timore di perdere la propria influenza sul paese». Basta osservare una cartina geografica per capire che si verrebbe a creare in questo modo un asse sciita filo-iraniano che si estenderebbe con continuità territoriale nel cuore del Medio Oriente, da Teheran fino agli Hezbollah libanesi alle porte di Israele. «Questo scenario è ovviamente inaccettabile per la Casa Bianca».

Avendo come obiettivo della sua “guerra santa” l’Iran e gli sciiti, l’Isis fa dunque il gioco degli Usa. E Washington, prosegue Maggioni, vorrebbe rendere controllabile l’Iraq balcanizzandolo in tre aree (sunnita, sciita e curda), come apertamente auspicato dal vicepresidente americano Joe Biden. «Per questo l’Isis è stato lasciato agire fino a mettere alle strette il governo di Al-Maliki». Con la scusa dell’avanzata del Califfato, gli americani hanno potuto rientrare militarmente in Iraq, rimettendo in equilibrio il governo di Baghdad e lo “Stato Islamico”. «Un intervento volutamente tardivo, che se ne ha fermato l’avanzata ha permesso al Califfato di consolidare le posizioni già conquistate». Poi, approfittando del drammatico genocidio delle minoranze da parte del Califfato, gli Usa hanno cominciato a rifornire di armi i curdi Peshmerga, alleati degli americani durante l’invasione del 2003 e animati da intenti secessionisti. «La scelta di bypassare il governo iracheno e fornire armi direttamente ai curdi non è casuale, ma ha lo scopo di creare nella regione una forza armata filoamericana e separatista nei confronti di Baghdad, indebolendo ancora di più la posizione del governo centrale iracheno».

“Obama Bin Laden”

Il risultato di tutto ciò, conclude Maggioni, è un Iraq sostanzialmente diviso in tre parti: una frazione sciita, debole e alla mercé degli aiuti militari americani, una regione curda che vada a costituire una sorta di “gendarme” americano locale, e poi il Califfato islamico, «formalmente avversato da Washington ma in realtà tollerato», dal momento che «continua la sua guerra regionale contro due Stati sgraditi agli Usa», cioè Siria e Iran, «facendo il lavoro sporco al posto degli americani». I “bravi ragazzi” dell’Isis potranno funzionare da alibi per consentire agli Usa di intervenire militarmente anche in Siria, dove un anno fa furono fermati dall’opposizione russo-cinese. Intanto, per bocca del proprio leader, il califfo Al-Baghdadi, l’Isis ha già indicato la Cina come “Stato nemico dell’Islam”, promettendo in un prossimo futuro di fornire aiuto ai gruppi islamisti Uighuri dello Xinjiang. «Casualmente – chiosa Maggioni – il principale avversario geopolitico degli Usa rientra tra gli obiettivi degli islamisti», che tra parentesi «durante tutto il periodo dei bombardamenti a Gaza non hanno detto una sola parola contro Israele». Miracoli della geopolitica, sotto il regno di “Barack Osama”.

tratto da: (clicca qui)

2014.09.10 – Avvertimento al mondo. La follia degli USA e della NATO

Posted by Presidenza on 10 Settembre 2014
Posted in articoli 

 

DI PAUL CRAIG ROBERTS

counterpunch.org

Herbert E. Meyer, un pazzo che per un periodo aveva  occupato il ruolo di assistente speciale del direttore della CIA durante l’amministrazione Reagan, ha scritto un articolo invitando all’assassinio del presidente russo Vladimir Putin,. Se dobbiamo “farlo uscire dal Cremlino con i piedi in avanti e un foro di proiettile nella nuca, non avremmo problemi”.

Come il folle Meyer spiega, il delirio che Washington ha diffuso nel mondo non ha limiti. Jose’ Manuel Barroso, messo alla presidenza della Commissione Europea come burattino degli USA, ha dissimulato la sua recente telefonata confidenziale con il presidente Putin dicendo ai media che Putin aveva lanciato la sua minaccia: “Se volessi, potrei prendermi Kiev in due settimane”.

Chiaramente, Putin non ha minacciato nessuno. Una minaccia non sarebbe coerente con l’intero approccio attendista di Putin alla minaccia strategica che Washington e i suoi burattini della NATO hanno mosso alla Russia in Ucraina. Il rappresentante permanente della Russia all’UE, Vladimir Chizhov, ha detto che se la menzogna di Barroso non verrà ritrattata, la Russia divulgherà la registrazione dell’intera conversazione.

Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la disparità tra le forze russe ed ucraine sa più che bene che alla Russia servirebbero 14 ore e non 14 giorni per prendersi l’Ucraina. Basta ricordarsi cosa successe all’armata georgiana addestrata ed armata da USA e Israele quando Washington aveva piazzato i suoi bambolotti georgiani nell’Ossezia del sud. Le forze georgiane sono collassate sotto il contrattacco russo in 5 ore.

La bugia che la marionetta di Washington Barroso ha raccontato non è degna di una persona rispettabile. Ma dove in Europa c’è qualcuno di rispettabile al potere? Da nessuna parte. Le poche persone serie sono del tutto fuori dai centri di potere. Consideriamo il Segretario Generale della NATO, Anders Rasmussen. Era il Primo Ministro della Danimarca che ha capito che avrebbe potuto salire oltre diventando una marionetta degli USA. Come Primo Ministro aveva fortemente supportato l’invasione illegale dell’Iraq, dichiarando “sappiamo che Saddam Hussein possiede armi di distruzione di massa”. Ovviamente lo stolto non aveva idea di quello che stava dicendo e cosa poteva importare se l’Iraq avesse quelle armi o meno. Molte nazioni possiedono armamenti di quel tipo.

Secondo la regola che chi serve Washington fa carriera, Rasmussen ne ha fatta.

Il problema del mettere in certe posizioni dei mentecatti è che essi rischierebbero il mondo per la loro carriera. Ora Rasmussen ha messo a rischio la sopravvivenza di tutta l’Europa Occidentale ed Orientale. Rasmussen ha annunciato la creazione di una forza speciale di attacco capace di operazioni lampo in Russia. Ciò che il burattino di Washington chiama “il piano di azione immediata” è giustificato come una risposta “all’atteggiamento aggressivo della Russia in Ucraina”.
La “forza d’attacco fulminea” di Rasmussen verrà spazzata via così come ogni capitale europea. Che tipo di idiota provoca in questo modo una superpotenza nucleare?

Rasmussen parla dell’ “atteggiamento aggressivo della Russia” ma non ne ha prova. La Russia se ne è stata in disparte mentre il governo marionetta di Kiev ha accerchiato e bombardato insediamenti civili, ospedali, scuole e lanciato una serie costante di bugie contro la Russia. La Russia ha respinto le richieste delle province ora indipendenti del sud e dell’est Ucraina, in passato territori russi, di venire nuovamente annesse. Come i lettori sanno, giudico la decisione di Putin un errore, ma gli eventi potrebbero dire che mi sbagliavo e per me va bene. Per ora, il fatto è che ogni atto di aggressione è una conseguenza del supporto di USA e UE ai nazisti di Kiev. Sono le milizie naziste ucraine ad attaccare i civili nei territori che appartenevano alla Russia. Molti militari ucraini hanno disertato a favore delle repubbliche indipendenti.

Sì, nazisti. L’Ucraina dell’ovest è la dimora delle divisioni ucraine delle SS che combatterono al fianco di Hitler. Oggi le milizie organizzate dal Right Sector e altri partiti politici di destra indossano la divisa delle divisioni ucraine delle SS. Queste sono le persone che Washington e l’UE sostengono. Se i nazisti ucraini potessero vincere contro la Russia, e non possono, si rivolterebbero all’occidente, esattamente come l’ISIS, creato da Washington, e che Washington ha sguinzagliato contro Siria e Libia. Ora l’ISIS sta ricreando un medio oriente unito e Washington non sembra in grado di reagire.

William Binney, un ex ufficiale dell’NSA ha scritto alla cancelliera tedesca Angela Merkel avvertendola di difendersi dalle menzogne di Obama al prossimo summit della NATO in Galles. Gli ufficiali dell’intelligence statunitense avvertono la Merkel di ricordarsi delle “armi di distruzione di massa” irachene e di non farsi ingannare nuovamente, entrando stavolta in conflitto con la Russia.

La domanda è: chi rappresenta la Merkel? Washington o la Germania? Fino ad ora ha rappresentato Washington, non gli interessi dell’economia tedesca, non il popolo tedesco, non la Germania come nazione. Qui si può vedere una protesta a Dresda in cui una folla ostacola un discorso della Merkel gridandole “kriegstreiber” (guerrafondaia), “bugiarda” e “nessuna guerra contro la Russia”.

Il mio professore di dibattito all’università, che è diventato un alto ufficiale del Pentagono con il compito di terminare la guerra in Vietnam, in risposta alla mia domanda su come Washington faccia sempre fare all’Europa ciò che vuole ha detto “soldi, diamo loro soldi”. “Aiuti stranieri?” ho chiesto. “No, diamo ai politici europei un sacco di soldi. Loro sono in vendita. Noi li compriamo. Loro ci rendono conto”. Forse ciò spiega i 50 milioni di dollari guadagnati da Blair in un anno con il suo ufficio.

I media occidentali, la più grande casa chiusa del mondo, agognano la guerra. Il consiglio editoriale del Washington post, un giornale-trofeo nelle mani del proprietario miliardario di Amazon.com’, ha pubblicato un editoriale il 31 di Agosto che sbrodolava tutte le bugie di Washington (e del Post) su Putin.

Il proprietario di Amazon dovrebbe sapere come commercializzare prodotti su Internet, ma non ha speranza se si tratta di dirigere un giornale. I suoi editori al Post hanno reso il suo trofeo uno zimbello mondiale.

Qui ci sono le accuse senza senso mosse dagli editori che il miliardario ha messo a capo del suo quotidiano:
Putin, amaramente risentito per la perdita di potere dal collasso del blocco sovietico, ha “resuscitato la tirannia” della Grande Menzogna per ricostituire l’impero Russo. “Milizie ucraine sovvenzionate dai russi” sono responsabili dell’  abbattimento del volo malese a Luglio”. I “media controllati dal governo russo” hanno mentito e mistificato alla popolazione russa i responsabili dell’accaduto.

“In assenza di report liberi ed indipendenti, pochi Russi realizzano che soldati ed armamenti russi sono in azione in Ucraina dell’est, anche se (come in Crimea) mostrano uniformi e veicoli riportanti segni identificativi e targhe. Senza media liberi, i Russi sono abbandonati a difendersi da soli contro una tempesta di informazioni mendaci”.
“La Grande Bugia di Putin mostra come sia importante sostenere la stampa libera dove ne esiste una e sbocchi come Radio Free Europe che portano la verità a chi ne ha bisogno.”

Come ex editore del Wall Street Journal, posso dire con assoluta certezza che una propaganda di questo tipo, spacciata per editoriale sarebbe conseguita nell’immediato licenziamento di tutte le persone coinvolte. Nei miei giorni nello staff del Congresso, il Washington Post veniva considerato una risorsa della CIA. Ora è decaduto ben sotto quello status.
Ho visto molta propaganda nei media nella mia vita, ma questo editoriale è la ciliegina sulla torta. Mostra come o gli editorialisti siano degli ignoranti oppure completamente corrotti e come diano per scontato che i loro lettori siano completamente ignoranti. Se unità militari russe fossero in azione nell’Ucraina dell’est, la situazione sarebbe esattamente come Alexander Zakharchenko e Dmitry Orlov dicono. L’Ucraina non esisterebbe più. L’Ucraina sarebbe ancora una parte della Russia, come secoli prima che Washington sfruttasse il crollo dell’Unione Sovietica per separarla.

La domanda è: quando durerà la pazienza russa di fronte alle continue bugie e provocazioni dell’occidente? Non importa quanto la Russia si contenga, è accusata del peggio. Dunque, potrebbe anche reagire al peggio.

A che punto il governo russo deciderà che le menzogne di Washington, con quelle dei suoi bambolotti europei e dei media occidentali, rendono inutili gli sforzi della Russia di risolvere la situazione con la diplomazia e un comportamento non aggressivo? Dato che la Russia è continuamente falsamente accusata di invadere l’Ucraina, quando il governo russo deciderà che visto che la propaganda occidentale ha stabilito che la Russia ha invaso l’Ucraina, ha imposto sanzioni e installato nuove basi militari ai confini russi per la presunta invasione, potrebbe proseguire e sbarazzarsi del problema che Washington gli sta creando e invadere davvero?

Non c’è nulla che la NATO possa fare se la Russia decide che un’Ucraina nelle mani di Washington è una minaccia strategica troppo grande per i propri interessi e la reincorporasse dove già si era trovata per secoli. Qualsiasi forza d’intervento della NATO inizierebbe una guerra che non potrebbe vincere. La popolazione tedesca, memore delle conseguenze della guerra contro la Russia, ribalterebbe il governo burattino di Washington. La NATO e la UE crollerebbero se la Germania si staccasse dall’assurdo costrutto asservito agli interessi di Washington a spese dell’Europa.

Una volta che ciò accada, il mondo avrebbe pace. Ma non fino a quel momento.

Per coloro ai quali interessa capire come funziona il mondo della menzogna, il governo-burattino di Washington a Kiev attribuisce la sconfitta delle proprie forze militari nella repubblica di Donetsk alla presenza di militari russi nelle forze nemiche. Questa è la propaganda sfoggiata dagli Ucraini dell’ovest e dalle puttane della stampa occidentale [“presstitute” gioco di parole tra press-stampa e prostitute-prostituta NdT], un manipolo di prostitute che ripetono a pappagallo la propaganda senza alcun tipo di indagine. Kiev non può ricevere sovvenzioni dal FMI con cui pagare i suoi debiti ai creditori occidentali finchè l’Ucraina è in guerra. Quindi l’Ucraina dice all’FMI l’opposto: la Russia non ha attaccato l’Ucraina.

I media occidentali non si interessano ai fatti. Bastano le bugie. Solo le bugie.

Il Washington Post, il New York Times, la CNN, Fox “news”, Die Welt, la stampa francese, quella inglese, pregano in coro: “per favore Washington, dacci altre bugie sensazionali da sbandierare. La nostra circolazione ne ha bisogno. Chissenefrega della guerra e della razza umana, se in cambio possiamo avere stabilità finanziaria.”

Justin Raimondo avverte che Washington sta piantando i semi per una Terza Guerra Mondiale.

Paul Craig Roberts è un ex assistente segretario del Tesoro USA e Editore Associato del Wall Street Journal. How the economy was lost è ora disponibile da CounterPunch in formato elettronico. Il suo ultimo libro è How America was lost.

Fonte: www.counterpunch.org

Link

5/7.09.2014

tratto da: (clicca qui)

lunedì 8 settembre 2014

CAGLIARI – “A Teulada sbarca il Reggimento difesa Nucleare Biologica e Chimica (NBC) ‘Cremona’. L’accampamento e’ sorto da pochissimo nell’area interdetta, tra Cala Zafferano e Punta Tonnara. Tutto in silenzio e in segreto. Nell’area starebbero operando anche imponenti mezzi meccanici”. La denuncia e’ del deputato sardo di Unidos Mauro Pili che denuncia l’assenza di trasparenza, parla di “arroganza di Stato” e annuncia una sua visita domani nella base di Teulada “per accertare tutto quello che sta avvenendo”.

“L’accampamento del Reggimento Nucleare Biologico e Chimico”, spiega l’ex presidente della Regione, “sarebbe avvenuto qualche giorno fa ma solo stamane e’ stato avvistato da mare. Il nucleo speciale e’ giunto direttamente da Civitavecchia. Da fonti riservate sembrerebbe che il reggimento stazionera’ nell’area due mesi. Il tutto doveva rimanere segreto e nascosto”.

“Per quale motivo si sta operando in quell’area? Non era stata sequestrata? La magistratura ha dato il via libera? Tutti interrogativi”, afferma Pili, “senza alcuna risposta. E’ evidente che il fare furtivo della ministero della Difesa conferma che su quell’area sia avvenuto di tutto. Si tentera’ ora di nascondere il reggimento nucleare ma le conferme saranno piu’ evidenti delle smentite d’ufficio. Gli uomini del reggimento ‘Cremona’ starebbero operando con dotazioni antinucleari considerato che in quell’area e’ stata rinvenuta secondo le dichiarazioni del capo di stato maggiore della Difesa la presenza di Torio, sostanza altamente radioattiva. Su quell’area interdetta lo stesso capo di stato maggiore aveva dichiarato che esisteva un sequestro della magistratura e che si era in attesa del nullaosta per intervenire sulle bonifiche. Due sono in casi: o la magistratura ha dissequestrato l’area oppure si sta procedendo in forma secretata anche per la magistratura”.

tratto da: (clicca qui)

I limiti dei “tifosi” del partito del “no-euro” che non comprendono l’essenza del problema: il concetto di “moneta-debito” 

di Don Piero 

 

 Limiti del partito del “no-euro” che non comprendono cos’è il “debito” 

Catanzaro – A quanti amano sfornare quelle ansiose e “salvifiche” speranze basate sull’uscita dall’euro e che poi non sanno cogliere il senso della parola “debito”, diciamo che occorre comprenderne e assaporarne il disgusto nella malvagia essenza della moneta debito, prima di avventurarsi negli inutili meandri del tifo più sfrenato, ma mai compreso davvero a fondo. Cosa spinge una piccola parte di umanità a servirsi della maggior parte delle persone che popolano questo pianeta? L’egoismo, la sete di potere, l’odio più intenso e numerosi altri bisogni tendenti alla sottomissione di altri uomini, per un fine oscuro che riguarda l’animo interiore di questi personaggi. Spesso molte di codeste “vittime” del sistema, risultano in effetti avvolte esse stesse in una spirale di pensiero negativo e quindi – loro malgrado – carnefici in quanto promotori (volenti o nolenti) di leggi e iniziative tendenti all’assoggettamento culturale e fisico della povera gente.

 Discernimento tra bene e male

Cosa occorre per distinguere il bene dal male? Necessita conoscenza in campo monetario, quella semplice consapevolezza che serve per poter vivere serenamente. Come la conoscenza delle fonti d’acqua, piuttosto del saper cucinare i cibi e, in breve, la cognizione degli strumenti adoperati quotidianamente ci porta ad assumere una tendenza di vita volta alla sopravvivenza e alla conservazione della specie umana. Quali sono questi strumenti? Sicuramente tutti gli strumenti, anche i più banali, che permettono di cibarsi e di bere e che quindi aiutano a utilizzare con più comodità le risorse vitali per l’esistenza.

 Non possiamo non conoscere cos’è e come funziona la moneta

Il mondo moderno obbliga le comunità all’utilizzo del denaro per poter garantire lo svolgimento esistenziale. Per questo, uno strumento usato quotidianamente come il denaro, obbliga necessariamente noi utilizzatori alla sua conoscenza, alla conoscenza della sua composizione, alla sua essenza e alla sua naturale funzione. Se il sistema dissuade l’uomo dalla comprensione del denaro è perché l’essere umano avrebbe tutti i vantaggi nell’apprenderne la sua importanza. Dopo queste brevi riflessioni, vorremmo che tutti i cittadini, soprattutto i più ingenui e distratti dalla quotidianità, si ponessero delle semplici domande e riflettessero sulle cose ovvie.

La Follia degli stati: indebitare i popoli per “simboli a costo nullo”

Perché lo Stato Italiano (ma vale per tutti i paesi del mondo – vedi qui Speciale – L’Inganno monetario dietro le grandi manovre di Bruxelles e Francoforte) deve indebitarsi per avere in cambio dei semplici (per usare un termine caro al Professor Giacinto Auriti) simboli di costo nullo (vedi qui L’essenza della truffa monetaria da Signoraggio – Il Denaro non ha Costi di Produzione), che noi stessi cittadini, per convenzione, trasformiamo in denaro? Di fronte a questa domanda vi è un’unica risposta: lo Stato Italiano non dovrebbe indebitarsi per dei simboli monetari, li dovrebbe semplicemente fabbricare e non delegare le banche private a farlo. Il perché avviene tutto questo è semplice da capire se si è compreso il significato di “moneta-debito”.

 Capire la moneta – Il contributo del grande Prof. Giacinto Auriti

Il grande Professor Giacinto Auriti ha dedicato gran parte della sua vita agli studi monetari, basandosi sull’esperienza di Ezra Pound e completandone i suoi concetti (Consigliamo il libro: IL PAESE DELL’UTOPIA “La risposta alle 5 domande di Ezra Pound”). Il suo scopo è stato quello di avvertire gli italiani e le popolazioni mondiali della grave minaccia che stava avanzando con l’avvento non solo dell’euro, ma della moneta-debito in assoluto (anche la lira – pre-euro – emessa con le attuali regole rientrerebbe in tal funesta categoria). Tutto quello che aveva profetizzato scientificamente Auriti, si è già realizzato!

 Oltre l’euro.. e il fumo degli pseudo-economisti a buon mercato… 

Nonostante ciò ancora la gente non vuole rendersene conto, forse per pigrizia mentale, ma sicuramente perché guidata dai mezzi d’informazione, sin dalla nascita, verso una rotta che segnerà la fine della sua esistenza. Per quelle persone quindi che sanno di star male socialmente ed economicamente, ma non sanno (o non vogliono) spiegare i reali motivi di questo malessere, consigliamo di non salire sui carri di sedicenti economisti, che sbraitano solo contro l’euro ma poi non dicono nulla sul “signoraggio” (vedi qui L’essenza della truffa monetaria da Signoraggio – Il Denaro non ha Costi di Produzione) e non dicono che l’euro, così come tutte le monete-debito esistenti nel mondo, sono strumenti per schiavizzare l’umanità e depredarla di tutti i beni creati da essa stessa (vedi qui Premesso che l’Euro è una Moneta di Distruzione di Massa… c’è di più).

 Il discernimento tra bene e male

Per apprezzare il bene bisogna saper conoscere il male, ed il male della società oggi si chiama “debito” parola odiosa, ma reale perché imposta con l’inganno più perverso. L’umanità dev’essere liberata presto da questa ossessione, ha tutti i mezzi per farlo se da subito ricerca il bene attraverso la preghiera e attraverso la conoscenza di persone (profeti dei tempi moderni) che hanno lottato per la sua diffusione.

 Il mondo è vivo e la gente ha sete di giustizia!!

Il mondo è vivo, la gente ha sete di valori e di giustizia sociale, non possiamo più tollerare di essere presi in giro da un pugno di esseri umani senza scrupoli, dobbiamo raggiungere la piena consapevolezza per un risveglio delle coscienze, aprendoci a Dio e ponendoci nelle sue braccia, sempre attenti e mai sottomessi alle ingiustizie create dai falsi miti.

Don Piero  (Copyright © 2014 Qui Europa)

tratto da: (clicca qui)

Egregio Signor Presidente Putin,

a nome di moltissime persone qui in Olanda, La preghiamo di accogliere le nostre scuse per il nostro governo e i nostri media. I fatti relativi al MH17 sono stati deformati per diffamare Lei e il Suo Paese.

Siamo spettatori impotenti nel vedere come le Nazioni Occidentali, condotte dagli USA, accusano la Russia di crimini che loro stessi commettono piu’ che chiunque altro.

Respingiamo i doppi standard usati per la Russia e per  l’Occidente. Nelle nostre società, viene richiesta sufficiente evidenza per  una condanna. Il modo in cui Lei e il Suo Paese siete stati accusati  per “crimini”, senza prove , è deprecabile e spietato.

Ci avete salvato da un conflitto con la Siria che sarebbe cresciuto fino a divenire una Guerra Mondiale. Per l’omicidio di massa di civili siriani innocenti, gasati  dai terroristi di  ‘Al-‐Qaeda’, addestrati ed armati dagli USA e pagati  dalla Arabia Saudita, è stato imputato Assad. Nel fare questo, l’Occidente ha creduto che la opinione pubblica si sarebbe rivoltata contro Assad, preparando la strada per un attacco alla Siria.

Non molto tempo dopo questo fatto, le forze occidentali hanno fatto crescere, addestrato ed armato una ‘opposizione’ in Ucraina, per preparare un colpo di stato contro il governo legittimo di Kiev. Coloro che hanno operato il  putsch sono stati immediatamente riconosciuti dai governi occidentali. Costoro hanno ricevuto stipendi dalle nostre tasse per sostenere il nuovo governo.

La gente della Crimea non si è dimostrata d’accordo con questo e lo ha mostrato in manifestazioni pacifiche. Cecchini anonimi e violenza operata dalle truppe ucraine hanno trasformato queste manifestazioni in richieste di indipendenza da Kiev. Se Lei o meno sostiene questi movimenti separatisti è insignificante, considerato il palese imperialismo dell’Occidente.

La Russia è erroneamente accusata, senza prove né investigazione,  di aver fornito sistemi di armi che presumibilmente hanno abbattuto l’MH17. Per questa ragione i governi occidentali affermano di avere il diritto di fare pressione economica sulla Russia.

Noi, cittadini risvegliati d’Occidente, che vediamo le menzogne e le macchinazioni dei nostri Governi, desideriamo offrirle le nostre scuse per ciò che è stato fatto in suo nome.

È sfortunatamente vero che i nostri media hanno perso tutta la loro indipendenza e sono solo dei portavoce dei Poteri in Essere. A causa di questo, la gente d’Occidente tende ad avere una visione distorta della realtà e non è in grado di far render conto i propri politici.

Le nostre speranze sono rivolte alla sua saggezza. Vogliamo la Pace. Vediamo che i Governi d’Occidente non servono i loro popoli ma lavorano verso il Nuovo Ordine Mondiale. La distruzione delle nazioni sovrane e l’uccisione di milioni di innocenti, a costoro paiono un prezzo che vale la pena pagare, per raggiungere il loro obbiettivo.

Noi, popolo d’Olanda, vogliamo Pace e Giustizia e anche per e con la Russia. Speriamo di aver chiarito che il governo olandese parla solo per se stesso. Preghiamo che i nostri sforzi siano di aiuto a sfumare le tensioni crescenti tra le nostre Nazioni.

Cordialmente,

Professore Cees Hamelink

traduzione di Cristina Bassi [revisione redazionale di nexusedizioni.it]

fonte in lingua inglese: macedoniaonline.eu

fonte in lingua originale: ommekeer-nederland.nl

fonte della traduzione italiana: thelivingspirits.net


Cees Jan (Cees) Hamelink (nato a Rotterdam il 14 settembre 1940) è professore emerito di Comunicazione Internazionale presso l’Università di Amsterdam e professore emerito di Media. È professore ordinario di gestione delle informazioni e della conoscenza presso l’università di Aruba e docente sui rapporti tra media, religione e cultura presso la Libera Università di Amsterdam.

Foto nell’articolo: Cees Hamelink (fonte)

tratto da: (clicca qui)