Mi sembra la dimostrazione che l’indipendenza non si può sperare di ottenerla seguendo l’iter elettorale; è necessario crearla di fatto rendendoci, prima di tutto, indipendenti sul piano economico e giuridico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La questione indipendentista catalana ha implicazioni sempre più internazionali, un intrigo che coinvolge vertici politici europei e organi giurisdizionali sovranazionali.

La Corte europea dei Diritti dell’Uomochiamata ad esprimersi sui rapporti tra il Tribunale costituzionale di Madrid e il parlamento catalano, ha respinto all’unanimità la domanda di tutela proposta da Carles Puigdemont, ex presidente della Generalitat da un anno e mezzo lontano dal suolo iberico per sfuggire a un ordine di arresto per ribellione e sedizione, da Carme Forcadell, ex presidente del parlamento catalano in carcerazione preventiva, e altri deputati regionali.

I leader della causa separatista ritenevano che l’Alta Corte di Madrid annullando – in accoglimento di un ricorso dei socialisti catalani – la seduta parlamentare del 9 ottobre 2017, convocata per la formale dichiarazione di nascita della Repubblica catalana, avesse violato i diritti politici riconosciuti dalla Convenzione universale dei diritti dell’uomo. I giudici di Strasburgo hanno invece ritenuto necessaria quella decisione di sospensione dell’adunanza parlamentare perché maturata in un contesto politico e sociale denso di tensione nel quale era da considerare prevalente l’interesse alla protezione dell’ordine pubblico. La Corte europea ha poi posto l’accento sul ruolo cardine del Tribunale costituzionale, organo che con varie sentenze si era già pronunciato sulla illegittimità del referendum sull’indipendenza, unilateralmente convocato dai partiti separatisti, e quindi sulla necessità di dare una attuazione effettiva alle decisioni dell’Alto organo interno.

Un duro colpo per la propaganda indipendentista la quale non ha mai smesso di sottolineare come in ambito europeo si sarebbe affermata quella giustizia negata in Spagna da organi centralisti e, a loro dire, faziosi.

Non è questo l’unico intreccio lungo l’asse Madrid-Barcellona-Bruxelles.

I principali leader del separatismo catalano, Carles Puigdemont e Oriol Junqueras (dal 2 novembre 2017 in carcerazione preventiva per ribellione e sedizione), sono stati eletti deputati del Parlamento europeo appena rinnovato. Tuttavia l’incertezza politica e istituzionale che imperversa in Spagna si riverbera anche sull’iter burocratico per l’assunzione della carica di parlamentare europeo, tentennamenti conditi da elementi per certi versi paradossali. La procedura infatti si completa con un atto imprescindibile: il giuramento sulla Costituzione (lo impone l’articolo 224 della legge elettorale), quindi Puigdemont, prima che a Bruxelles, dovrebbe recarsi a Madrid per l’adempimento della formalità. Ma qui sorge l’intoppo: una volta poggiato piede a Madrid l’ex president verrebbe immediatamente arrestato. Una strettoia politica, con le istituzioni comunitarie che attendono le proclamazioni validate dagli uffici di Madrid, la polizia spagnola pronta a dare esecuzione ad un ordine di arresto e il leader Puigdemont in un limbo, bloccato da una formalità che non può essere delegata. I suoi legali intanto denunciano come proprio quei passaggi burocratici imposti dalla Spagna siano contrari alle norme europee, tant’è che essi non sono richiesti negli altri paesi Ue.

Un vicolo cieco nel quale si sono insinuati i partiti unionisti (Populares, PSOE e Ciudadanos) i quali hanno chiesto al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani di sospendere la proclamazione degli eurodeputati spagnoli in attesa del completamento delle formalità da parte della Giunta elettorale di Madrid.

Non è l’unica questione aperta, in queste ore si dibatte anche sul destino politico di Junqueras, il leader di ‘Esquerra Republicana’ (ERC) non ha problemi a prestare giuramento, tuttavia una volta avvenuta la proclamazione ci si chiede se potrà godere dell’immunità e quindi partecipare alle sedute parlamentari. Molte fonti sostengono che Junqueras sarà sospeso, misura già adottata nei suoi confronti per lo scanno conseguito al parlamento nazionale.

Tasselli di un puzzle inestricabile, con la questione catalana che è la grande sfida per il leader socialista Pedro Sánchez. Ora lo è anche per l’Europa.

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